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- Thomas! -, neanche mi preoccupo dell'urletto prodotto. Gli occhi fissano soltanto l'armadietto aperto. Solo quando sento la spalla del ragazzo sfiorare la mia, mi costringo a guardare l'interno.

Solo oscurità.

Un profondo buio, che pare avvicinarsi e inghiottirti.

Pareti grigie senza una fine.

Thomas smanetta in una tasca, tirando, poi, fuori una piccola torcia. La accende e un raggio di luce chiara illumina solo un'oscurità di cui non si vede la fine. Le pareti sono strette e umide. Si infrange sui nostri visi uno sbuffo di aria gelida.

- È un tunnel. - sussurra Thomas e il suo alito fa smuovere una ciocca rossa.

- Come? - il quesito mi pare lecito, ma anche un po' inutile. C'è davvero una risposta?

- Per lo stesso motivo per cui esistiamo noi? - suona più come una domanda che come risposta, ma credo sia anche abbastanza. Non c'è spiegazione scientifica, dunque. Thomas pare farsi forza con un ponderoso sospiro, quindi avanza e poggia un piede dentro l'armadietto. - Stammi vicina. -

Annuisco con troppa convinzione, tenendo ben salda la calma. Queste pareti strette, il buio, la muffa. Niente di tutto ciò mi piace. Percepisco un sentore sbagliato e ciò mi allarma come non mai. La pelle si tende al massimo e una scia di brividi dolorosi percorre tutto il corpo. Temo di poter trovare altro invece che i miei genitori.

- Non mi piace, Thomas. -, queste parole lo bloccano e i nostri sguardi si incontrano. È molto più concentrato di me, ma si vede anche il suo nervosismo.

- Non possiamo tornare indietro, ora. Abbiamo scoperto cosa apre la chiave. - prova a convincermi, ma il bisbiglio nella mia testa non si ferma. È come se avessi un sesto senso che mi tiene incollata fuori da quel tunnel. Non so neanche se riesco a passarci. - Che cosa senti? -

- Mi agita. Sento che è sbagliato. Non so come spiegartelo... Ma c'è qualcosa che mi blocca. - rispondo, sinceramente vaga. Quando mi accadono queste cose, non riesco mai a spiegarle a parole. È il corpo che mi parla. Tutto ciò che sente, odora, vede dall'esterno lo rielabora dentro e mi manda scariche negative o positive. Mi allarma o mi rilassa.

- Dall'altra parte potrebbero esserci i tuoi genitori, Crys. -

- E se non ci fossero? - sussurro, con la voce incrinata.

Questa non è agitazione.

Non è tensione o ansia.

Questa è vera e propria paura.

Mi stringe la pancia, mi circonda la gola, mi spinge il petto.

- C'è solo un modo per scoprirlo. - dice, infine. La fermezza della sua voce mi sorprende. Perché tutto questo lo sento solo io? Perché lui è così pacato? - Questo è uno dei rischi del mestiere, Crys. - fa spallucce, impugnando meglio la torcia.

- Ti odio. - sbuffo, scrollandomi le spalle. Devo inspirare più ossigeno possibile e comportarmi come Thomas.

Bisogna sperimentare le nostre ipotesi per trasformarle in tesi.

Dobbiamo attraversare il tunnel se vogliamo scoprire se oltre ci sono o no i miei genitori.

Anche se questa idea non mi garba affatto, è una cosa che si deve fare. Volente o nolente.

- Ah, sei stata tu a seguirmi fuori dal manicomio. - sghignazza il ragazzo, mettendosi già a quattro zampe. Come se fosse una sua difesa lecita.

- Vai a cagare, Thomas. - ringhio, mettendomi nella stessa posizione. Lo sento ridere prima di iniziare ad avanzare.

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