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Dove diamine si è cacciato? Non l'ho mai perso d'occhio...forse una volta. Ma se non avessi guardato indietro un'anziana sarebbe caduta e mi sarei sentita in colpa grazie alla poca umiltà rimasta, quindi mi sono dovuta fermare ad aiutarla. Quando sono ripartita non lo vedevo più. Il paesino dove si trova il manicomio non è molto grande, ospita giusto quarantamila abitanti. Vicino a noi si affianca una grande città, che ho desiderato da sempre visitarla, visto che è la capitale: Vancouver. Accanto a quest'ultima ci sono distese di alberi, i quali sognavo, insieme al suo odore selvatico che mi sono immaginata. Una sola volta ho avuto l'onore di inoltrarmici: una passeggiata in mezzo al bosco, un picnic nel prato e la sorpresa di aver visto due scoiattoli giocare in un albero.
Il Woods Country è un po' distante da quell'immenso porto e arrivarci camminando non è una scelta molto saggia. Spero che non abbia pensato veramente di andarci a piedi.
Ora che faccio?
Sono sola, sì, ho dei vestiti, ma non ho né cibo né soldi per comprarmelo. Non so neanche se ho dei parenti qui nelle vicinanze. Se devo essere sincera, non sono sicura neanche se siano qui, in Canada.

- Scusi, mi può indicare dove si trova il...il supermercato, per favore? - domando, fermando un uomo con la figlia. Il signore mi guarda in modo un po' disgustato e credo che sia per colpa del mio aspetto. La bambina sembra curiosa, ma la sua manina non molla quella enorme del padre. Io sorrido comunque, provando a sembrare più gentile possibile.

- Ehm, è un po' lontano da qui. Praticamente è dall'altra parte del paese - mi risponde finalmente.

Il mio sorriso pian piano si ritrae, dispiaciuta. Cerco di guardare in giro, pensando ad una soluzione.

- Oh. Ehm...okay, grazie mille, davvero. - li ringrazio, riprendendo il sorriso e poi ci dividiamo.

Non c'è tipo una drogheria da queste parti? O una tabaccheria? Ricomincio il mio cammino, tentando di trovare un negozio che vende presumibilmente del cibo. Le persone che incombono queste strade sono diverse da come me le aspettavo. Gli adulti sono sempre gli stessi, con i loro sguardi attenti, il telefono vicino all'orecchio e mano nella mano con i loro figli. I nonni che camminano alla ricerca di sigaretti o pipe e pezzi di stoffa, sempre sorridendo, conversando con i loro coetanei. I bambini sono la ciliegina sulla torta, dando un po' di luce a questo buco disperso, che corrono urlando o leccando velocissimi il loro gelato.
Non so cosa veramente mi aspettavo, credevo forse che in otto anni avrebbero creato dei treni ultra veloci o delle macchine che fluttuano ovunque o dei camerieri robot. Siamo pur sempre in un'epoca dove la tecnologia può fare qualsiasi cosa. E anche dove la mia immaginazione non ha barriere, e non è un bene, non per me almeno.

*

Sto per accasciarmi a terra, dico sul serio. Le mie gambe non reggono più.
Per avere un po' di forza devo mangiare ma, in tre ore di cammino, non ho trovato niente. Né ristoranti né negozi, niente di niente. E io sto morendo di fame e sete, soprattutto. Di Thomas neanche l'ombra e ho continuato a cercarlo tra i visi dei passanti, ma lui non c'era, come se si fosse volatilizzato. Da sola non penso di riuscirci. Dovevo andare nello studio del capo del Disease a rubare dei soldi, almeno il minimo per prendere una caramella. Ma se poi tornavano e mi riprendevano? No, grazie, non ci tenevo.
Abbasso la testa, osservando il cemento, resistendo alla tentazione di fermarmi. Scalcio non so quanti sassolini per distrarmi un po'.
Ma il suono di una campanella e di uno schiamazzi di voci che durano pochi secondi mi fermano.
Alzo lo sguardo e quando lo vedo, i miei occhi si illuminano.
Un negozio.
Un cavolo di negozio!
Come una bambina che ha appena visto un lecca-lecca, mi catapulto al suo interno. È un mini supermercato, decisamente. Ci sono un sacco di cose che mangerei all'istante, ma in questo momento mi serve energia. Quindi, devo cercare il cioccolato...o qualcosa di dolce. Vado nella corsia delle "schifezze" e una miriade di dolciumi mi appaiono davanti: muffin, biscotti, Ringo, Mikado e tanti altri.
Ma c'è un problema: non posso pagarlo e di conseguenza non li posso prendere. Sbuffo rumorosamente, spostando il peso del corpo in una gamba e pensando a come dovrei fare.
Li potrei rubare...
Ma se mi beccano? No, no, non mi beccheranno. Devo cercare di non farmi scoprire. Mi guardo intorno e, non vedendo nessuno, prendo la prima cosa che mi capita davanti agli occhi, ovvero i Mikado. Mi manca l'acqua, ho bisogno di bere. Mi metto davanti al suo bancone, dandogli la schiena, e prendo con le mani la bottiglietta. Passo indifferente davanti alla cassa, soddisfatta anche di aver agito nel corridoio senza telecamere. Lì vicino, però, ci sono molti dolci. Molti Kinder.
No, Crys, ti...ti...
Oh non mi frega un emerito cazzo!
Mi avvicino e velocissima prendo un pugno di Kinder. Chiudo gli occhi e prego in tutte le lingue del mondo. Passo in mezzo al metal detector e nessun rumore esce.
Sono la ragazza più felice del mondo in questo momento!
L'adrenalina e la felicità che scorrono nelle mie vene mi danno la forza di correre, sempre dritto, il più lontano possibile. Prendo un barretta e me la mangio, mentre le altre cose le metto nello zaino. Non le devo assolutamente sprecare.

Thomas dove sarà andato?
Non si è preso neanche la briga di controllarsi dietro. Oh bè, lui non è stupido come me, non ha commesso l'errore che ho commesso invece io nella mia prima fuga.
Poteva però...aspettarmi?
Dal suo andamento sicuro penso proprio che sappia dove voleva andare. Al contrario suo, io non so proprio dove mettere piede.

- Ehi. Mi dispiace disturbarla, ma mi potrebbe tenere questa bestiolina? Sa, devo entrare e lì i cani non sono i benvenuti - mi richiama un anziano. Mi giro di scatto, osservandolo. Ha la pelle molto rugosa e abbronzata, al contrario di Lucas.
Oh, Lucas. Sarà sopravvissuto?

- Ehm...o-Okay. Certo. - rispondo, alzandomi dal marciapiede. Prendo il guinzaglio rosso e lo arrotolo intorno alla mano, il tutto sotto lo sguardo attento e indagatore del meticcio sotto di me.

- Oh, grazie cara. - ed entra.

Il cane sotto di me è un po' grassottello, il pelo è color caramello e ha delle zampe corte. È buffo.
Dopo una decina di minuti, il padrone ritorna con una busta di plastica in mano.

- Grazie mille ancora, mi dispiace di averti disturbato -

- Ma di niente. E tranquillo, non stavo facendo nulla quindi non mi ha per niente disturbata - parlo, sorridendogli. Mi sorride anche lui e poi se ne va, seguito dai piccoli e frettolosi passi del suo bizzarro amico.

Sospirando, oramai di nuovo sola, cammino verso una meta sconosciuta. Potrei trovarmi un lavoro, ormai sono libera. Poi, dopo aver messo da parte un po' di dollari, potrei andare alla ricerca dell'assassino della mia famiglia.

- Levati dalle palle! Non ho rubato assolutamente niente, potete guardare! - urla una voce maschile infuriata. - Stupidi poliziotti di merda...- continua.

Mi avvicino alle voci. Si sono raggruppate alcune persone intorno a ai diretti interessati.
Non riesco a credere ai miei occhi.
È Thomas! Sorrido, anche se lui è in una situazione alquanto critica. Lui se mi vedrebbe non mi sorriderebbe. Che stupida che sono, ingenua.

- Ti conviene stare zitto, ragazzo, se non vuoi le manette ai polsi. Allora, dacci quello che hai rubato - ordina.

Devo fare qualcosa, lui mi serve.

- Aspettate! - urlo, avanzando verso di loro. Thomas si gira verso di me e io gli sorrido, ma lui non ricambia, anzi. - È mio fratello. -

- Bè, suo fratello ha rubato qui dentro - mi spiega, puntando il dito sul negozio alle sue spalle.

- Thomas...dammi lo zaino, ora - gli parlo, assumendo un tono più accusatorio possibile, allungando la mano. Se gli sguardi potessero uccidere sarei già stesa a terra, priva di sensi. Continuo a fissarlo, finché non mi porge lo zainetto, arreso.

- Cosa ha preso? -

- Un pacco di biscotti e due barrette di cioccolato - risponde. In meno di un minuto, li trovo tutti e tre, li prendo e glieli porgo. L'agente li prende e li ridà alla cassiera, il quale regala uno sguardo furioso al ragazzo.

- Scusate mio fratello. Non era sua intenzione...credo - parlo, sperando che mi credano. Adesso che ci penso, chi crederebbe a questa bugia? Io sono rossa, lui ha i capelli neri, io sono bianca cadaverica, lui è molto più scuro. Siamo l'oro e l'argento. Thomas sposta gli occhi su di me, ricominciando a fissarmi.

- Portalo via da qui. -

Lo ringrazio, per poi afferrare il ragazzo e camminare lontano dal negozio. Quando siamo abbastanza distanti, mi supera, iniziando a lasciare un po' troppi metri.
Io non voglio rimanere di nuovo sola. Si è cambiato: ora indossa dei jeans semplici neri, una maglietta del medesimo colore e delle semplici Adidas. Anche io mi sono cambiata, prima di entrare nel mini supermercato e fare le mie compere o avrei spaventato qualcuno. Lo rincorro, raggiungendolo.

- Un grazie me lo potrei meritare, non credi? - domando, mettendomi al suo fianco. Dove vorrà andare?

- Tu non meriti proprio niente, mostro. - risponde, ringhiando rabbiosamente.

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