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Appena ho aperto gli occhi da un sonno profondo, ho percepito l'odore del cinese. Mi è talmente rimasto impresso che non me lo scorderò più. Principalmente, sento il profumo degli involtini primavera. Non avevo guardato l'orario, ieri sera, quando siamo tornati a casa. Ma quando mi sono svegliata e ho lanciato un'occhiata all'orologio, ho dedotto che sia stato tardi. Di solito dormo così a lungo per questo motivo. Sicuramente, c'è di mezzo anche la stanchezza che mi schiacciava. Una presenza di cemento che non faceva altro che mandarmi verso il basso. Non so come, sono rimasta in piedi.

Io e Thomas ci siamo svegliati contemporaneamente e quando siamo scesi di sotto c'era già Paige in cucina. Solo quando si girò verso di noi, capimmo che ieri è stata una giornata dura per tutti. Paige emana luce in tutti i pori, con i suoi occhi luccicanti, sempre brilli, mai tanto seri. Vederla in quello stato, con le palpebre grigie e socchiuse, è stato come vedere un fantasma. Ma di certo la serietà non è svanita. È come se ci stesse aspettando. Come se avesse un compito da fare, invece di tornare a dormire. Si è preparata persino una tazza piena di caffè.

Nel mentre provo a capire che cosa sta succedendo, la lucetta rossa della macchinetta si accende. Risvegliata, la premo e aspetto che la tazzina si riempia. In pensiero, mi giro verso la ragazza, concentrata a guardare fissa il gas, vagando nella foresta che è il suo cervello. Spengo tutto e tengo fra le mani la mia bevanda, aspettando con ansia le sue parole. Thomas non pare avere uno stato d'animo tanto diverso dal mio, ma a differenza mia, sa come muoversi. È normale: dopotutto, la conosce da più tempo di me.

- Ci siamo riuniti. Tutti noi ribelli, ieri, sul tardo pomeriggio. – la sua debole voce impastata dal sonno entra timida e strisciante nei nostri timpani. È come se guardassi un paziente del Disease. Questa immagine mi fa stringere lo stomaco. – È stato deciso all'improvviso, neanche eravamo tutti. Ma i Capitani erano al completo. -, le sue mani, seppur per un momento, stringono bisognose la grande tazza, mentre i suoi occhi non osano guardarci. Il gas continua a essere più interessante. Un sospiro tremolante, ansioso. – I Cacciatori si stanno muovendo. –

- Si sono sempre mossi. – prende parola Thomas, con le sopracciglia confuse.

- No, no. -, l'energia con cui scuota la testa mette in allerta. La situazione è così grave? – Stanno cacciando, Thomas. Stanno cacciando con gli Innestati. – finalmente i suoi grandi occhi verdi incrociano i nostri e le intense vene rosse che li incorniciano esaltano lo sconforto.

- Che cosa? – la sorpresa invade ogni parte di Thomas, colorando anche le sue iridi. Ma in entrambi si smuove altro. Una creatura più tetra, più potente delle altre. Un'entità che io conosco bene, con cui ho dovuto conviverci per otto lunghi anni. Una compagna di vita. Un'arma che può distruggere un popolo.

La paura.

E se hanno paura loro, la questione è più che grave. Tuttavia, hanno nominato qualcuno che non ho mai udito prima. Solo con quella parola Thomas si è agitato.

- Che cosa sono gli Innestati? – chiedo, anche se un po' titubante. Non mi sembra un argomento aperto e condiviso. Dalle loro espressioni, sembrerebbero altri nemici, forse un'altra Confraternita. Ma l'espressione rigida e oscura di Thomas, dove si inala l'essenza della creatura che è veramente, scaccia via la curiosità. Mi si mette di fronte, talmente vicino da dover piegare il collo per guardarlo bene in viso.

- Dobbiamo trovare subito i tuoi genitori, Crys. –

Un ordine.

Una decisione che non ammette discussioni.

Ciò significa che abbiamo bisogno di loro.

Neanche il tempo di dire qualcosa di chiaro a Paige, che lui mi afferra e mi trascina di sopra. A stento riesco a mantenere il suo passo lungo, ma gli sto comunque dietro. Entriamo come uragani in camera e chiude con un rumoroso tonfo la porta.

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