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Quando?
Come?
Ecco le domande che mi hanno perseguitato per tutto il pomeriggio, dopo pranzo. Ovviamente devo pensare bene o sarò scoperta. Ma questa idea già mi sfiorava da anni e alcuni schemi sono ancora incollati nella mia testa. Ma non devo sottovalutarli, i "Bianchi" sono astuti.
Ora fuori è notte e tra poco dovrò andare a cenare. Ma non ho né fame né voglia di alzarmi. Sono stesa sul letto da un'ora e mezza, affogata nel buio, con il solo rumore delle macchine all'esterno e quello dei passi delle persone che vanno e vengono nel piano.

Fuori sarà uguale?
O diverso?

Certo che otto anni qui dentro ti fanno impazzire, porca miseria. Roteo gli occhi al suono della campanella della cena. Mi sistemo un po' i capelli, specchiandomi nel riflesso della finestra. I pezzi dello specchio intero lo ho nascosti in un recipiente e, quando mi capiterà, me ne libererò. Ne ho un'altro piccolo in bagno, ma non ho proprio voglia di camminare fin li. Ed è appiccicato al mio letto.
La porta si apre, mostrandomi la nuova dottoressa. Sarah. È la più odiosa.

- Muovi il tuo culetto! Dobbiamo andare - mi ordina. Aggiungerei anche la più volgare, credo.

- Ciao anche a te, stupida - balbetto. Aumento il passo e vado nella sala.

Saetto subito i miei occhi nel tavolo di Cami e, lì, la vedo. Ride. Ride alle battute di un uomo, anche lui un dottore privato. Non sente la mia mancanza, vedo. Tolgo lo sguardo da lei e mi dirigo al bancone.
Sembro un robot.
Le mie mani prendono automaticamente le stesso cose da anni, con lo stesso movimento. Senza nessun cambiamento. Bè, lo dovrò fare. Mi siedo al solito tavolo e inizio a mangiare, da sola, come sempre. Passo tutto il tempo ad osservare la gente, a studiarla. I movimenti, i modi di fare, le risate finte e quelle vere. Riesco ad identificare la gente semplicemente guardandola. Posso capire se un chiacchierone, se è intelligente, se è stupida, se è troia.
Questo, credo di non essere l'unica.
Sento dei sghignazzi.
Mi giro, anche se so da dove provengono. Il tavolo dei "bulli". Dei "popolari". Degli idioti del cazzo.
In quel gruppetto ci sono tre femmine e cinque maschi, tra cui uno che mi fissa intensamente. Odio quando qualcuno mi fissa. Mi sento aperta, come se si fosse staccato un pezzo di pelle e abbia mostrato qualcosa che era nascosto. Gli ricambio lo sguardo. L'amico vicino a lui gli bisbiglia qualcosa nell'orecchio e il ragazzo fa una smorfia. Sembra un ghigno. Il bisbiglio riguardava me, ne sono convinta. Alzo gli occhi al cielo. La campanella della fine cena suona e saetto a buttare via gli avanzi e dirigermi in camera. Cerci con lo sguardo Sarah ma non la trovo. Invece becco Cami. Cami e Rose. Cami è la dottoressa privata di Rose. Stringo i pugni, calmando il mio istinto omicida, e vado via, senza la mia, di dottoressa. Il corridoio è buio e silenzioso. Non c'è anima viva. Di solito le luci funzionano e c'è sempre un dottore che gironzola avanti e indietro.
Ma ora niente di niente.
Rallento il passo, assaggiando il silenzio e beandomi del buio. È rilassante, in un certo senso.
Il rumore di un oggetto metallico che cade attira il mio udito, bloccandomi. Proviene dal corridoio A3. Lì ci sono persone con problemi a dir poco atroci. Io sono proprio nel il corridoio A2. Come ho già detto, sono anche io un po' "brilla".
Cinque ombre. Cinque persone. Ma non sono i Bianchi, no. Sono dei ragazzi. Anche se qui dentro è severamente proibito fumare, ora c'è odore di fumo. E non solo quello.
Come fanno a non accorgersi dell'orribile odore?
Mi nascondo dietro una parete e cerco di sbirciare. Come pensavo, stanno fumando. E non credo proprio che sia solo tabacco. O Signore, non ci credo.

- Passamelo - ordina una voce maschile, dura, fredda. Non guardo perché rischio di essere scoperta e no, dopo aver sbirciato i muscoli dei ragazzi, non ci tengo. Qui non si fanno problemi a picchiarti, anche se sei una femmina. Ma la curiosità ha la meglio. Prima che mi muovessi una voce femminile mi blocca.

- Avete visto con chi è entrata oggi il cadavere? Con Sarah! È una bastarda quella lì, mi rovinava sempre ogni piano di rubare qualcosa -.

No, non è Rose. È la sua gallinella, Jennifer, anche lei una troia.

- Si. Bè, a quella svitata gli serve una come lei. Forse gli farà capire che di notte non deve sbraitare perché c'è gente che dorme. O forse la porterà di fuori a prendere un po' di sole e impararle a truccarsi un po'. - risponde Rose.

- Ma se quasi tutte le sere stai sul letto di alcune guardie per scopare! Mugoli talmente tanto che neanche li senti quegli urli - la riprende un tizio.

- Non hai tutti i torti, Jack. Quando mi capita, tiro fuori alcune informazioni dalla sua ex dottoressa. Poi avete visto come mi guardava quella sguattera? Stupida, come si permette. Stasera ho in mente di fargli uno scherzetto. La farà urlare più del dovuto e la manderanno via o gli faranno qualcosa di brutto - ghigna senza sosta. Merda, quanto mi odia. - La manderanno di sotto -. No, giù no.

- Vengo anch'io, Rose. Le faremo una sorpresa insieme - parla il ragazzo che oggi mi fissava.

Perfetto. Stasera sarò la preda di un gruppetto di svitati. Mi terrò pronta.

- Certo, mio Re. Dopo però, Thomas, ci divertiamo. Ok? - domanda la rosa.

Gli passa le sue sottili dita da strega sul suo collo, per poi scendere nel petto. Lui passa quella gigante sigaretta al suo amico, si lecca le labbra e afferra la sua vita. Mani  ferree. La presa si vede che non è forte, ma si capisce all'istante che la vuole far divertire nel suo letto, ora. Infatti, come prima cosa, si affogano di baci, con movimenti selvaggi della lingua.
Che schifo.
Gli palpa il sedere, come se fosse l'impasto di una crostata. Va bene, è troppo. Giro i tacchi e corro nella mia stanza.
Chiudo la porta a chiave.
Stasera sarà una nottataccia.

*

Sono le 23:30 e non si sono ancora fatti vivi. Sono stesa a pancia in su, sul letto, con l'udito sempre pronto. Non si se essere agitata o tranquilla perché non sento niente. Sbuffo, stufa.
Non ne posso più, basta!
Mi metto sotto le coperte e cerco di dormire.

Neanche dieci scarsi minuti di riposo che sento un tonfo. Avevo le palpebre chiuse ma i timpani erano ben accesi. Sentivo perfino i rumori degli alberi.

- Cazzo il piede! - sussurra un tizio. Penso che sia l'amico del ragazzo di Rose. Eccoli. Tra poco è mezzanotte e io non ho chiuso occhio.

- La facciamo urlare o hai un altro piano? -

- No, ho cambiato idea. Nella busta ci sono dei cuori di gallina, me li ha procurati non so come Jennifer, che spargeremo nella stanza. Alcuni li schiacceremo, altri no. Faremo sembrare la stanza il luogo dell'omicidio di molte galline - sghignazza. - La crederanno ancora più pazza e le faranno qualcosa di molto brutto -. Parlano abbastanza forte per essere uno scherzo. Dio, che idioti. Cosa faccio ora? Fingo di dormire? O mi sveglio? E se me li tirano addosso? Sono talmente andati che potrebbero seriamente farlo. Devo essere furba. Mi alzo, apro la porta e faccio finta di niente, come se non li avessi mai sentiti.
Okay. Mi alzo e respiro profondamente. Accendo la luce e subito vado ad aprire la porta. Eccoli. Sono seduti con la busta. Sono vestiti con camici neri, i loro camici. Presi alla sprovvista. Penso proprio che Rose non aveva programmato questo, neanche il ragazzo che si era fatto male al piede. L'altro non fa una piega, è fermo, normale.
Come se si aspettasse il mio arrivo.

- Che diavolo ci fate voi qui? - domando.

Bene, fingi ancora.

- Ehm...noi...uhm...volevamo dirti...dove si trova la stanza A34. Sai dov'è? - domanda Rose.

Non sa mentire. Quant'è stupida, quella stanza si trova nel suo corridoio. Non si è neanche accorta che stava balbettando. Davanti a me. Nel frattempo si sono alzati. Il suo re mi fissa, troppo. Questo qui mi fissa veramente troppo, è inquietante. Gli da una gomitata, infastidita.
Dovrei esserlo io...ho le braccia conserte e li fisso, immobile. Quell'oca non ha cervello. Basta.

- Addio -, e gli sbatto la porta in faccia. Pensavo peggio. Ritorno nel letto e, dopo aver controllato se ci sono ancora, chiudo gli occhi, accoccolandomi tra le braccia di Morfeo.

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