13.

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I capelli sono tutti scompigliati, bagnati di sudore. Alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sono un buco nero. Non l'ho mai notato, prima d'ora. È quello, che cattura la mia attenzione. Il buio delle sue iridi. Non ci sono emozioni, solo il vuoto. Lui è il vuoto. E fa paura, più paura di quanta ne facesse prima. Il suo sguardo è malato, non prova senso di colpa, più che altro sembra eccitato all'idea di avere del sangue d'altri nelle sue mani. E, come se non bastasse, c'è l'arma appoggiata ad un suo palmo. Ha usato quel coltellino per sgozzare a tutti la gola. Ad uno, gli ha perfino cavato gli occhi, i quali ora giacciono a pochi centimetri dalla vittima, perforati. Non ho neanche la forza di avvicinarmi o di parlargli, di dirgli di stare tranquillo, di non preoccuparsi, di scappare. Non è...paura, ma sbigottimento. Thomas continua a guardarmi in un modo strano, come se al mio posto ci fosse un buco oscuro. Il rumore argentino della lama caduta a terra rimbomba per le pareti della casa, risvegliandolo. Intravedo le sue mani tremare. Questa volta il coraggio ha la meglio. Le mie gambe mangiano la distanza tra noi e mi ritrovo di fronte a lui. Ora sembra sbalordito. In fin dei conti, qualcosa in comune ce l'abbiamo: uccidiamo, siamo anche noi una specie di "assassini".
Anche i miei genitori lo erano?
Non lo so.
I suoi?
Non so neanche questo.
Daisy aveva ragione, riguardo a lui. Cerco di prendergli le mani ma lui le allontana, mettendole lungo i fianchi.

- Non ho paura di te - parlo, convinta.

È vero, almeno non ora. So cosa significa vedere le persone allontanarsi da te per un semplice motivo: che ti temono, hanno paura di cosa puoi fargli anche se non hai intenzione di non fare niente. Io l'ho provata questa sensazione, l'ho vista proprio con i miei occhi. E fa male, tanto. Non voglio che lo provi anche lui, per tanto con me, con l'unica persona che conosceva sua sorella e che lo ha seguito fin qui.

- Dovresti. Solo i pazzi non hanno paura di me. - risponde.

- Sicuramente non sono sana, questo è ovvio. E poi...tra mostri non si deve aver paura, o sbaglio? - continuo, fissandolo nella domanda.

Ho usato la sua stessa arma e penso di aver fatto almeno un po' centro.
Sorrido soddisfatta.

- Non dartela vinta per quello che hai detto... creatura simile a me - risponde.

I miei occhi si illuminano. Non mi ha chiamata mostro! Forse quando uccide diventa più gentile, chi lo sa. Il sorriso ora arriva fin sotto gli occhi, mostrando anche i denti bianchi. Lui mi ritiene una sua simile. Anche se sembra strano, per me è un onore. Sembriamo due razze di animali più che umani.
Guardo le sue braccia e noto due grandi aloni rossi. No, non è sudore. Ha delle ferite gravi. Senza preavviso, mi avvicino a lui e gli alzo le maniche, mettendo in mostra i due grandi graffi.

- O mio Dio, ti hanno conciato per bene. Vieni, ti devo medicare. - gli ordino, ma quando lo trascino con me si impunta.

- Non ho bisogno di cure, tanto meno da un'altra persone altrettanto ferita. Dovresti pensare a te e non ha me -.

- Le mie non sono gravi quanto le tue. E poi, siamo in mezzo a questo casino insieme, ci dobbiamo aiutare a vicenda. E visto che te non ti preoccupi delle ferite e quant'altro, lo farò io. Quindi zitto e muovi il tuo culo qui. - gli rispondo a tono.

Io la penso in questo modo e spero che anche lui la pensi così. Sbuffando sonoramente cammina verso di me, mentre io vado alla ricerca del bagno.

- È in fondo alla sala, a destra - dice, dietro di me.

Giro un po' la testa per fargli una faccia confusa e quando giro a destra trovo quello che stavo cercando. Come faceva a saperlo? Apro vari sportelli e fortunatamente trovo alcune gazze, un disinfettante e qualche crema. Sono sparsi, come se prima di noi qualcun altro le abbia usate.
Altri fuggitivi?
Mi ricredo quando guardo più attentamente e vedo che sul ripiano c'è molta polvere. Anche lo specchio non è messo molto bene, ugualmente il lavandino, che ha la fontanella e le manovelle arrugginite. Prendo quello che mi serve e vado da lui, seduto sul bordo della vasca. Bagno del cotone con il disinfettante e lo appoggio sulla lesione, il tutto sotto il suo sguardo attento. I suoi occhi percorrono ogni mia azione, ogni mio movimento, sembra persino di vedere anche i brividi che lui stesso mi provoca. Stanca di stare in piedi, mi siedo accanto a lui.

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