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Immaginavo che fosse così illuminata da luci di tutti i colori. Una delle tante città che non dorme mai. I miei occhi sono brillanti grazie a quei mille bagliori, accanto a Thomas. Siamo appena scesi e non vedo l'ora di inoltrarmi a Manhattan. Metto lo zaino sulle spalle, mentre Thomas prende il suo telefono. Non l'ho mai usato; a quel tempo, quando ero libera, passavo il mio tempo a giocare con le Barbie e disegnare, non a muovere i pollici su uno schermo piccolo o grande, come i bambini che ho visto nell'aereo e nel traghetto. Siamo vicini ad un grande ponte che brulica di macchine colorate che fanno avanti e indietro. Ci allontaniamo dalla folla che si dirama e prendiamo un taxi. Mi siedo dietro, togliendo lo zaino, mentre Thomas apre il portabagagli per mettere la valigia ed entra, mettendosi davanti. Gli dice il luogo e poi tace, con il solo rumore delle macchine che ci sfrecciano accanto e delle persone che passeggiano vicini ai bar e ristoranti. Intravedo l'orario in un grande palazzo: le dieci e mezza. Quasi subito scendiamo e il ragazzo paga al tassista, che poi riparte subito, cambiando il colore della scritta in verde. La musica inizia ad intrufolarsi nelle mie orecchie girandomi intorno per vederne la provenienza. Viene da un pub poco più in là, dove all'entrata c'è una fila di decine e decine di persone. Thomas mi passa vicino e si avvia proprio lì. Lo seguo a ruota, correndo, non domandandogli il perché. Passiamo dietro la cosa di gente, ritrovandomi davanti ad una porta verde. Il mio compagno suona il campanello.

- Apri - parla secco e si sente uno scatto della serratura. Entriamo, per poi salire  le scale sporche e con bicchieri Rossi sparsi quasi ovunque. Più che disgustata sono sorpresa dalle condizioni di un palazzo, ma non sono nessuno per comportarmi da malata di pulito, oltre a non esserlo. Il pugno di Thomas si scontra più volte con un'altra porta, che si apre, mostrando un ragazzo su per giù di quindici anni.

- Fratello! - urla abbracciandolo. Per la prima volta da quando sto con lui lo vedo sorridere veramente e ricambiare l'abbraccio. Sto sognando. Un rumore dall'interno attira la sua attenzione e il ragazzo lo fa entrare, lasciando la porta aperta e me sotto si essa.

- Sei tornato - gli parla, dandogli tre pacche sulla spalla, facendolo sorridere. Poi entra una ragazza, più grande sicuramente di me, che gli salta sulla schiena, scompigliandogli i capelli.

- Ero sicura che ce l'avresti fatta a scappare - esulta, contenta.

Per ora nessuno si è accorto della mia presenza, e ne sono grata perché non saprei come comportarmi. Ad un tratto sento nei polpacci qualcosa, è soffice, peloso e non saprei dire cosa è, finché non abbasso lo sguardo. Un cane. È semplicemente enorme e nero. Le sue cosce hanno toccato i miei polpacci, non la sua schiena o altro, la sua testa mi arriva al bacino. Mi fissa, con quegli occhi anch'essi scuri e con un pizzico di...sorpresa? Mi annusa e io mi abbasso, facendogli annusare la mano. Una cosa è certa: ho sempre amato i cani, di qualsiasi razza, compre quelli più aggressivi.
Non rappresento una minaccia per lui, così si fa coccolare dalle mie mani che lo sfregano ovunque. Poi si gira e la sua lingua mi divora la faccia, intravedendo la sua coda scodinzolare. Gli sto simpatica. Gli sorrido, pulendomi la faccia con la manica del maglione, ma non serve a molto che ricomincia a leccarmi. Mi allontano un po', pulendomi definitivamente. Adoro questo cane, è così peloso e soffice ed enorme. È bellissimo. Un Terranova, lo riconosco. Finisco di accarezzargli dietro le orecchie per poi lasciarlo andare verso l'ospite ben voluto. Mi alzo, e sistemo lo zaino, guardandoli. Mi blocco. Mi stanno fissando tutti. Che dovrei fare? Muovo ripetutamente gli occhi, il pavimento, poi loro e così via.

- E chi è questa bomba sexy? Io. Voglio. I. Tuoi. Capelli. - mi sorride la ragazza, scendendo dalla sua schiena.

- È la prima volta che vedo Black così amichevole con uno sconosciuto. Di solito ringhia come un forsennato! - esclama l'altro ragazzo.

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