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L'edificio ricorda molto il manicomio. Lo stesso colore, le stesse finestre, la stessa rete. La stessa aria pesante che si respira solo guardandolo. Lo stesso senso di nausea che si contorce nella gola, soffocandomi. Gli anni passati al Disease mi scorrono davanti agli occhi con una velocità assurda, facendo rizzare tutti i peli. Forse il fatto di essere una specie di alleati ha comportato anche la creazione di una struttura simile alla Confraternita. Piccole figure vestite totalmente di bianco camminano coordinati intorno alla recinzione, come lupi. Hanno armi pesanti sulle mani e le facce coperte da maschere senza espressioni. Sembrano solo sagome.

- Quella è l'entrata principale -, il dito di Ryan indica il punto in cui sono più concentrate le guardie, - e noi non entreremo da lì. – finisce, scrutando meglio il luogo.

- Ci sono le fogne. Sono abbastanza grandi da camminarci e sbucheremo nelle cucine. – propone Oliver. Io ascolto solo, immaginando quei tunnel sporchi e puzzolenti ma forse l'unica opportunità per recuperare Thomas. La consapevolezza che sia tutto a causa mia mi fa ribollire il sangue. L'immagine di lui, seduto forse in una sedia, legato, che sopporta torture di qualsiasi tipo mi crea un enorme senso di nervosismo. Iniziano a sudarmi le mani e a tremare. Uscita da quel manicomio sono riuscita ad arrivare qui grazie a lui pur essendo un ragazzo facilmente odiabile.

- Ci sono anche i tunnel di ventilazione...-

- Ora li controllano. L'anno scorso qualcuno ha provato a passare proprio lì e lo hanno scoperto. Da quel momento hanno inserito telecamere ovunque. – la interrompe Oliver. – È peggio di un nido d'aquila, questo posto. –

Un silenzio ingombrante funge già da risposta e mi rendo conto che oltre a essere straordinariamente ben difeso, questo luogo è un cimitero. Cadaveri sotto il terreno che coprono il pavimento. E forse, tra di loro, si aggiungerà anche quello di Thomas.

- L'unica via sono le fogne. Sono troppo ripugnanti anche per loro e non ci mettono piede. -, Ryan e Oliver si scambiano un'occhiata d'intesa, decidendo su cosa fare. Ma bastano pochi secondi prima di alzarci tutti e dirigerci intorno a un tombino poco più lontano da dove eravamo prima.

Sul coperchio tondo sono segnate alcune lettere che non mi impegno a leggere, troppo concentrata su ciò che accadrà. Potrò vedere il luogo in cui i miei genitori hanno lavorato per tutta la loro vita. I loro compagni. Sono mai stata lì dentro? Qualcuno mi ha mai visto? Riconoscerò qualcuno? I ragazzi riescono ad alzare il grande cerchio di metallo e ad appoggiarlo delicatamente sul terreno umido. Alcuni fili verdi sbucano dalla terra, dando un tocco di colore in questa parte della distesa arida. Mi sporgo abbastanza da vedere nient'altro che il buio e un tanfo davvero disgustoso. Lo scorrere dell'acqua non manca mai e fa da musica di sottofondo. Non oso immaginare cosa potrò incontrare lì sotto. Alzo gli occhi verso Henry che annuisce, intuendo forse i miei pensieri. Il primo a scendere è Ryan. Si siede con le gambe a penzoloni, tenendo ben salda l'arma che porta alle mani e assicurandosi che le altre non cadano. Con una semplice spinta si lancia e sento subito i suoi piedi colpire il pavimento duro. Dal suono capisco che il cemento è bagnato. Uno dopo l'altro scendiamo, muti e silenziosi. Come ombre. Come brezza gelida. Quando i miei stivali toccano il terreno, subito il mio naso ispira un odore freddo, bagnato e fastidioso. Il sentore caratteristico delle fogne non aspetta a farsi sentire. I ragazzi iniziano a incamminarsi e io li seguo, agitata. Pur essendoci l'aria fredda, le mie mani iniziano a sudare e i miei occhi guardano ovunque, si muovono come mosche, concentrandosi sulle pareti, sull'acqua sotto i miei piedi, sul buio davanti a me e sull'ignoto dietro alle mie spalle. Sento i coltelli premere sulla mia pelle a ogni passo che faccio e ogni mio pensiero va alla Confraternita, a cosa farò lì dentro. Poco dopo, le pareti cambiano. Non sono più lisce, bagnate, sporche ma sono di un grigio più chiaro, scavate in mezzo a ogni colonna. E ci sono le luci a led che illuminano un altro pezzo di corridoio prima di arrivare a una porta di acciaio in lontananza. Tuttavia, il luogo rimane umido e unto, sporco con resti di rifiuti buttati in ogni angolo, come ornamenti. Ci fermiamo e noto Ryan guardare in alto, tra gli angoli, tra le pareti.

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