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«Forza, prova ad accenderla» dissi a Lucas, dopo aver chiuso il cofano della Camaro nera.
Da tre giorni stavamo riparando quell'auto. Tre giorni infiniti e stancanti in cui lui mi aveva aiutato, anche se a petto nudo, e il che non aiutava, ma proprio per nulla.
Non avevamo più parlato della canna, o di quel venerdì notte.
Era come se entrambi ci stessimo sorvolando sopra, era un tacito accordo.
Lui scosse la testa poco convinto, e Ben, Nash, Beth e gli altri vedendolo entrare in macchina si avvicinarono.
Forza accenditi, accenditi.
Lucas mise le chiavi nel quadro e le girò. Dalla macchina uscì una specie di rantolo arrugginito, somigliante al colpo di tosse di un vecchietto.
Poi le girò ancora una volta.
E...si era accesa!
Gli altri esultarono e sul viso di Lucas si dipinse un' espressione a metà tra il felice e il compiaciuto.
«Sì!» urlò Rose battendomi il cinque.
Ce l'avevo fatta!
«Oh mio Dio, Tiff!» urlò Lucas, felice uscendo dall'auto.
Era la prima volta che mi chiamava così.
Uscì dall'auto e corse ad abbracciarmi, sollevandomi un poco da terra e compiendo un piccolo giro su se stesso.
Sorrisi sorpresa da quel gesto.
«Sei stata grande» aggiunse posandomi a terra.
«Anche tu...anche se hai rotto le palle rutto il tempo» confessai sorridendo.
Lui sorrise malizioso: «Oh, grazie. Anche a me è piaciuto vederti in pantaloncini corti»
Ecco che tornava lo stupido di sempre.
Presi uno straccio per pulirmi le mani sporchissime. E osservai gli altri felici che parlavano.
Ero arrivata qui col presupposto di stare sola, senza amici, senza sorrisi, senza nessuno di simile a Lucas.
Stavo cambiando molto lentamente. Dentro di me stava crescendo qualcosa, qualcosa che mi faceva provare sentimenti dopo tanto, troppo tempo. Qualcosa che stava sciogliendo il mio cuore ormai di ghiaccio. Qualcosa che mi permetteva di voler bene agli altri, di affezionarmi, di considerarmi parte di un gruppo.
Sorrisi senza accorgermene, pensado che forse questo cambiamento non era così male.
«Ragazzi pensate che si potrà viaggiare con questa?» chiese Taylor accatrezzando il tettuccio dell'auto.
Annuii e Lucas parlò al posto mio.
«Sì, si può. Dove volete andare?»
Ci guardò uno ad uno aspettando una risposta.
Dopo un attimo di silenzio Beth parlò. «Ragazzi penso di avere un'idea»

***

«Mamma ti prego, sarà bellissimo! E poi ci saranno anche Ben e Nash!» dissi pregando mia madre. I miei fratelli erano poco dietro di me, vicino a Beth, che annuivano ad ogni mia parola, e mia madre li guardava, cercando di convincersi.
Beth aveva proposto Las vegas come meta del nostro viaggio. Ci eravamo informati sugli hotel del posto e avevamo scelto il "Palms Casino Resort", un hotel e casinò bellissimo e molto popolare a Las Vegas.
Spesso organizzavano serate i cui ospiti erano cantanti famosi, o attori e così via.
C'erano feste, spazi allestiti a discoteca, casinò, piscine enormi, fontane...era tutto fantastico, e il prezzo di soggiorno ce lo potevamo permettere.
L'intento era quello di stare due o tre settimane, dal primo giorno delle vacanze di Natale fino a Capodanno.
La mamma continuava a ripetere che non era convinta.
«Mamma» dissi guardandola negli occhi «ho riparato io quella macchina, e non l'ho fatto inutilmente»
Lei capì subito, e lessi nei suoi occhi un lampo di gioia. Lei sapeva che molte mie passioni mi avevano abbandonato con papà, e sapeva anche che la meccanica era una di queste.
Fin da quando ero piccola osservavo papà riparare le auto che i clienti gli portavano, stavo con lui in officina perchè a casa non c'era nessuno e non potevo stare da sola.
Io lo osservavo e più crescevo più lo aiutavo, all'inizio passandogli chiavi inglesi, bulloni e pezzi di ricambio come se fossi un'assistente, poi aiutandolo in modo più consistente, magari riparando ammaccature, finchè un giorno mi disse di riparare da sola un vecchio pick up. E quando ci riuscii lui fu molto fiero di me.
La mamma sospirò, passandosi una mano sul volto.
«Va bene, potete andare» disse infine.
«Grazie mamma» dissi abbracciandola.
Lei sorrise: «Beth, tu hai già chiesto ai tuoi genitori?»
Lei annuì, dicendo che le avevano dato il permesso.
Ben fece vedere alla mamma il posto in cui avremmo alloggiato, ed era meravigliata.
Il prezzo per tre era alto, ma se lo poteva permettere con un po' del suo stipendio e con i nostri risparmi e i genitori di Beth avrebbero provveduto per lei.
Poche settimane e saremmo partiti.
Il mio cellulare suonò così uscii dalla cucina per raggiungere il salone, dove c'era più silenzio.
Il numero era sconosciuto ma risposi comunque: «Pronto?»
«Ciao dolcezza, come va?»
Riconobbi la voce roca e sexy di Lucas, così sorrisi senza pensarci.
No, non dovevo sorridere. Aveva usato di nuovo quello stupido nomignolo che odiavo.
Tuttavia non ci pensai.
«Come fai ad avere il mio numero?» chiesi accigliata. Io non glielo avevo di certo dato.
Sentii la sua risata e poi disse: «Rose»
Oh, ma certo ora si spiegava tutto. «Okay, che vuoi?»
«La tua gentilezza colpisce il mio cuore nel profondo...»
Sbuffai ponendo poi in modo diverso la frase: «Cosa posso fare per te?»
Subito dopo però mi accorsi che quella frase poteva avere doppi sensi, infatti Lucas non perse tempo e scoppiò a ridere.
«Avrei in mente un po' di cose, come...»
Non volevo sentire il resto della frase, così mi sbrigai ad interromperlo. «Smettila, sai cosa intendo»
Lui rise ancora poi disse: «Ti ho chiamato per sapere quando vederci per il lavoro di biologia»
«Lo vuoi davvero fare?»
Ero stupita, non pensavo che Lucas prendesse sul serio lo studio.
«Certo» rispose come se fosse ovvio «Tu no?»
«Oh, ehm...sì»
Mi accomodai sul divano poi aggiunsi: «Dimmi quando ti va»
Seguì un momento di silenzio, mentre probabilmente pensava.
«Anche ora se vuoi»
«Va bene, tra cinque minuti sono lì» dissi, alzandomi e avviandomi in camera mia per prendere i libri. Riattaccai e presi l'occorrente e il portatile, poi uscii di casa, infilandomi una felpa, visto che cominciava a rinfrescare.
Dissi a mia madre che andavo a fare la ricerca da Rose e lei mi lasciò uscire.
Suonai il campanello e Rose mi aprì, sorridente.
«Ciao» mi salutò, abbracciandomi.
Mi fece spazio per farmi entrare in casa «Come mai qui?»
«Sono venuta per fare la ricerca con Lucas» dissi mostrando i libri e il portatile e poi facendo una smorfia di disappunto che la fece ridere.
Lei annuì, salendo le scale e io la seguii «Oh, almeno tu sei con Lucas. Io mi sono ritrovata in coppia con quello stronzo di Jimmy, non sai che rottura che è...»
«Chi è Jimmy?»
Cercai di immgainarmi tutti gli alunni della classe, ma non ci riuscii, quindi non avevo la più pallida idea di chi fosse questo Jimmy.
«Oh beh, diciamo che è un ragazzo molto gasato»
«Un po' come Lucas?» chiesi guardandomi attorno.
Mi stava conducendo attraverso un corridoio simile a quello di casa mia.
Lei rise poi annuì: «Più o meno, sai è impossibile battere Lucas»
Si interruppe per bussare ad una porta, che doveva essere quella della stanza di Lucas.
«Lucas c'è Tiffany» disse alzando la voce.
Poco dopo la porta si aprì, mostrando quel ragazzo in tutta la sua bellezza.
Sembrava appena sveglio, con i capelli un po' scompigliati, la fronte aggrottata, le labbra dischiuse...okay basta.
Rose si allontanò e scese le scale. Lucas si fece da parte per farmi entrare nella sua camera.
Le pareti erano azzurre, e la camera era grande più o meno come la mia. Al centro, con la testiera accostata al muro c'era un letto matrimoniale, e vicino un comodino bianco.
Dalla parte opposta una scrivania, un'armadio e una cassettiera, affiancata da un mobile dove c'erano moltissimi CD, alcune medaglie, poster e foto incorniciate.
Mi avvicinai ai CD e feci per prenderne qualcuno, ma venni fermata dalla mano di Lucas, che si posò sulla mia per fermarmi.
«Non toccare» ordinò.
Mi voltai, trovandolo a pochi centimetri da me. Troppo vicino.
Mi allontanai lentamente, guardandomi intorno.
«É quello che dici ad ogni ragazza che entra qui dentro?» chiesi, posando il portatile e i libri sulla sua scrivania.
Scosse la testa: «Veramente non lascio entrare nessuna ragazza qui»
Mi voltai, accigliata.
Dovevo sentirmi lusingata? E allora dove si faceva tutte le ragazze che portava a casa quando i suoi non c'erano?
Oh, forse era meglio non saperlo.
«Dovrei sentirmi lusingata?» chiesi sedendomi sulla sedia girevole
Feci qualche giravolta con la sedia, mentre mi guardavo attorno, per cogliere ogni particolare.
«Beh, suppongo di sì» disse prendendo un'altra sedia e sedendosi di fianco a me.
Feci spallucce e aprii libro e portatile.
«Spero tu mi abbia invitato veramente per fare la ricerca, allora, perchè non ho intenzione di fare nient'altro» dissi osservando le pagine del libro, mentre le giravo.
Lui rise osservandomi.
«Ti piacerebbe, eh?»
Scossi la testa, sospirando: «Sogna, tesoro. Sogna.»
Lui rise ancora, poi incominciammo a lavorare.

Fall (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora