Eravamo al dolce, una torta al cioccolato probabilmente comprata in pasticceria. Divorai anche quella, placando la mia fame.
«Ragazzi, se volete andare a fare un giro potete andare» ci invitò Tobias.
«Oh si, grazie papà» disse Rose alzandosi da tavola e posando un bacio sulla guancia di suo padre.
Mi alzai anche io seguita da Beth e i miei fratelli e Lucas.
Figurati, non poteva stare seduto da bravo bimbo?
«Non tardate» ci urlò di rimando suo padre.
Uscimmo di casa dopo aver recuperato le nostre giacche.
«Tiro fuori la macchina?» chiese Lucas mostrando le chiavi del garage.
«No» risposi seccata avviandomi verso la mia macchina parcheggiata. «Andiamo con la mia» aggiunsi lanciando uno sguardo alle mie spalle per vedere se mi stessero seguendo.
Mi raggiunsero e entrammo in macchina.
«Wow» mormorò Beth. «Te l'ha regalata tuo padre vero?»
«Mi pare ovvio» rispose Ben ridacchiando.
«Secondo te se gli chiedo una bella jeep me la regala?» chiese Nash, toccando il cruscotto e osservando gli interni.
Ridacchiai, partendo e uscendo dal viale di casa mia. «Può darsi, ma prima devi venire ad abitare da lui» dissi facendogli l'occhiolino.
Fuori era abbastanza buio, così accessi i fanali. «Dove andiamo?» chiesi imboccando la strada che portava in centro.
Seguì un attimo di silenzio, poi Rose parlò.
«Potremmo andare al Rocket» disse ridendo come una matta seguita dagli altri.
Strabuzzai gli occhi, ricordando le botte che avevo dato a quel barista.
«Oh si contaci» risposi ridendo. «Stavolta tocca a qualcun altro suonargliele, chissà di chi sarà il turno»
Ben alzò la mano.
«A me, l'ultima volta mi ha fatto pagare il mio drink due dollari in più solo perché avevo i capelli più belli di lui»
Ridemmo alla sua battuta, in effetti aveva in testa una scopetta infeltrita.
«Possiamo andare a ballare» propose Nash. «Qualcosa di tranquillo però, ho ancora i postumi di una sbronza io»
Perché io no? Ero quella messa peggio forse.
«Okay capo» borbottai girando a destra.
Parcheggiai sul retro del locale, scendendo e chiudendo la macchina.
La musica si sentiva attutita. Era tutto come le altre sere, l'unica cosa diversa era che questa sera di sicuro non avrei dormito vicino a Lucas.
«Tay non viene, ha la febbre» disse Beth sbuffando, e posando il cellulare nella borsetta.
«Tranquilla, sarò io la tua ragazza stasera» risposi dandole una gomitata e prendendola sottobraccio.
«Oh quindi io rimango single» disse Rose puntandosi le mani sui fianchi.
Sbuffai, prendendo sottobraccio anche lei. «Ma no, la nostra é una relazione aperta» borbottai ovvia.
Risi seguita dalle ragazze.
«Muovetevi oche» urlò Ben più avanti di noi. «Chris é a cena con i suoi, non sa se ci raggiungerà»
Entrammo nel bellissimo locale, e pagammo l'entrata. Bene, ora mi sarei scatenata. Lanciai la borsetta a mio fratello Ben e corsi in pista tirando con me le mie amiche. Ballammo a ritmo di qualche remix, circondate da altre mille persone.
Alzai un braccio in aria, facendolo ondeggiare e buttai indietro la testa.
Adoravo ballare in discoteca la sera, mi sentivo libera. Potevo fare ciò che volevo, ballare con chi e come volevo.
Mi dimenticavo anche di Lucas, trasformando una brutta avventura in un ricordo su cui ridere, perché avrei dovuto prenderla proprio così, alla leggera. Ma non sapevo se ci sarei riuscita.***
Mi allargai sul letto, aprendo piano gli occhi, più serena del solito.
No, io ero Tiffany Morgan, non potevo svegliarmi bene la mattina.
Sospirai, riempiendo d'aria i polmoni.
La primavera stava arrivando, e il bel tempo si faceva sentire fortunatamente, forse era per quello che ero ancora tranquilla e non il solito uragano.
Tra due giorni sarebbe finito il tempo di richiamo come fotomodella.
Non mi era ancora arrivata alcuna email, e avevo controllato diverse volte la cartella di posta.
Pazienza, se non mi avessero presa mi sarei aggiustata con qualche altro lavoretto part time per potermi pagare le vacanze.
Mi alzai lentamente, poggiando i piedi nudi sul parquet di camera mia. Ero ancora a casa di mio padre, lì stavo bene, anche se forse presto sarei tornata a casa mia. Non volevo lasciare Beth e la mamma sole ad affrontare quei disastri di fratelli che mi ritrovavo.
Ben e Nash erano venuti qui la settimana prima a vedere la casa e salutare mio padre. Avevano anche conosciuto meglio Eddy.
Avevamo passato gran parte del pomeriggio insieme in piscina, poi erano tornati a casa. La settimana era passata velocemente e avevo avuto molti test. Tutti bei voti ovviamente.
Quel sabato mattina sarei dovuta andare con Rose al negozio di sua madre per aiutarla con i clienti, perciò dovevo sbrigarmi a vestirmi, anche se non ne avevo alcuna voglia. Avrei dovuto approfittarne per chiederle se poteva offrimi lavoro.
Stavo peggio di un barbone, pff.
Ma prima...
«Buongiornoo» urlai spalancando la porta della camera da letto di Eddy.
Era coperto fino alla testa dal suo piumone blu, così saltai sul letto, per poi prenderlo a cuscinate.
«Pensavo che i gay si svegliassero presto la mattina!» sbraitai mentre lui mormorava qualcosa di sicuramente non bello.
«Sveglia sveglia sveglia» canticchiai saltando sul letto.
Lui si scoprì, rivelando il suo viso assonnato e seccato e i capelli scompigliati. Mi fulminò con lo sguardo.
«Uhm, puttanella, punto uno: il perizoma mettilo quando sei con i ragazzi etero; punto due: cazzo, ho le traveggole o non stai imprecando di prima mattina?» chiese con la voce impastata sgranando gli occhi.
«Zitto scemo, convivo con questo mondo crudele finché il diavolo non mi priverà della mia vita, trascinandomi all'inferno. Personalmente festeggierò quando accadrà!» risposi crollandogli addosso.
Si portò una mano alla fronte.
Eddy di mattina era ancora più rincoglionito del normale. Dio è stato crudele, sì.
Gli ha donato un viso perfetto ma cento neuroni in meno.
Gli spettinai i capelli, facendogli la linguaccia. «Per il tuo compleanno ti regalo un piercing per la lingua con diamante vero se mi lasci dormire» disse guardandomi torvo e rigirandosi nel letto.
«Che palle che sei» gli lasciai un bacio sulla guancia e uscii dalla camera. Feci una doccia usando un bagnoschiuma profumo cioccolato, e mi lavai i capelli lunghi.
Mi asciugai e mi infilai una maglietta corta bianca e un paio di jeans strappati un po' troppo.
Ci avevo decisamente infilato troppo le mani in quei tagli.
Infilai le converse bianche e la borsa, per poi pettinarmi i capelli e passare un filo di trucco sul viso.
Una volta pronta scesi in cucina dove Maria era seduta a leggere un giornale.
Appena mi vide sgranò gli occhi e si alzò di scatto, come se fosse stata colta sul fatto, cioè non fare le faccende di casa.
Risi allegramente, e diedi un tenero bacio sulla guancia alla simpatica e buffa signora.
«Tranquilla Maria, per me potresti anche non fare nulla dal mattino alla sera»
Rise divertita. «Buongiorno signorina. Oggi è di buonumore?»
Presi un pancake dal piatto al centro del tavolo, bagnato di sciroppo d'acero. «Mm si, non so perché» risposi masticando.
Lei sospirò. «Aah, non sarà mica innamorata?»
Scoppiai a ridere. Io non mi sarei mai innamorata. «Non scherziamo»
Guardai l'ora sullo schermo del mio telefono. Presi un altro pancake, mi sarebbe toccato stare senza caffè, non avevo tempo. «Scappo, di agli altri che tornerò oggi pomeriggio»
«Certo, buona giornata cara» rispose la donna salutandomi con una mano.
Salii in macchina e seguendo le indicazioni di Rose parcheggiai in un angolo della città molto frequentato.
Sua mamma aveva il negozio da quelle parti, a quanto pare. Camminai fino al cinema che mi aveva indicato la sera prima per telefono, poi proseguii e vidi il bar. Ed ecco il negozio lì di fronte.
Batti il cinque Tiffany, il tuo senso di orientamento ha fatto centro un'altra volta.
Entrai e vidi alcune donne prendere vestiti e osservarli, altre in fondo al negozio li provavano e si osservavano i fianchi allo specchio, cercando di capire se il vestito li stava ingrandendo e altre ancora uscivano con grandi borse.
«Buh!»
Mi voltai, per niente spaventata incrociando gli occhi chiari di Rose.
«Oh andiamo, dovevi spaventarti!» disse abbattuta.
Le diedi una pacca sulla spalla. «Lo sai, non ho paura di nulla» le feci la linguaccia posandole un bacio sulla guancia.
«Mamma» chiamò lei intravedendo sua madre dietro le corsie di vestiti.
«Oh ciao ragazze!» ci salutò alzando un braccio ornato da bracciali in aria.
Sorrise avvicinandosi.
«Come state?» indossava un'adorabile vestito color lavanda. Io odiavo quel colore. Con tutto il mio cuore.
Una volta quando ero piccola una bambina mi prendeva in giro per le mie guancie che a quei tempi erano paffute. Diceva che ero cicciona, e a volte mi tirava i capelli. Indossava sempre una vistosa fascia per capelli color lavanda, e aveva i capelli sempre raccolti in trecce.
Quando era giunta l'ora della mia vendetta le avevo tagliato quella stupida treccina con le forbici, e le avevo tirato addosso la fascia ridendo. Non mi aveva mai più dato fastidio.
«Bene grazie» risposi distogliendo lo sguardo dal suo vestito.
«Sono contenta che siate qui, dovete aiutarmi. Oggi la mia collega non c'è perciò non riesco a sbrigarmela da sola. Vi spiace aiutarmi con i clienti?»
«Assolutamente no mamma» disse rose sorridente.
Si, signora mi spiace, ma devo farlo se voglio racimolare per miracolo divino qualche spicciolo. Spero che lei mi paghi perché altrimenti le farò saltare in aria il negozio.
Mi avviai con Rose verso lo sgabuzzino del negozio, dove posammo le nostre borse, poi cominciammo a lavorare.
«Signorina scusi» una voce acuta arrivò alle mie orecchie. Mi voltai e mi trovai davanti una signora sulla mezza età. «Non sa mica se c'è una taglia più piccola?» chiese mostrandomi un abitino blu.
Beh sveglia, basta guardare se c'è esposta.
Sarebbe stata dura.
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Fall (sospesa)
RomanceDopo quella sera, quella fottuta sera in cui mio padre ci abbandonò, tutte le mie certezze sparirono, sostituite da un vuoto. Una voragine. Tutti quegli anni passati a ereggere barriere invisibili intorno a me, tutti quegli anni passati a fidarmi d...