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Lunedì, dopo la mia solita imprecazione mattutina, mi alzai riluttante dal letto, trascinandomi nella doccia. Avevo passato tutta la Domenica a cominciare a ritirare le mie cose nelle valigie. La mamma avrebbe messo la casa in vendita. Dopo essermi vestita e pettinata scesi al piano di sotto per fare colazione. Ben era seduto intento a versare una marea di cereali nella tazza piena di latte. «Buongiorno, Ti» disse con la bocca piena. La solita finezza tipica di Ben. A volte pensavo di aver preso da lui molti miei comportamenti.
Ricambiai il saluto e versai il mio caffè nella tazza, poi arrivò anche Nash che ci salutò e come me bevve tutto d'un fiato il suo caffè.
«Allora...» cominciò a dire Ben, lanciandomi un'occhiata «cos'è questa nuova passione per i piercing?»
Mi voltai, fingendo un sorriso «Tu i cazzi tuoi mai...»
Nash rise, mentre Ben mi fece la linguaccia e lo stesso feci io, ma la mia lingua era più bella con la mia pallina brillante che luccicava.
Nash si avvicinò per osservare meglio la mia lingua, poi sorrise e lo stesso fece Ben.
Avvicinò il dito per toccare il piercing ma io gli schiaffeggiai via la mano.
«Ha fatto male?» chiese ridendo.
Annuii recuperando lo zaino e uscendo di casa seguita dai miei fratelli.
«La mamma dormiva ancora?» chiesi affrettando il passo per arrivare in tempo alla fermata del bus.
I ragazzi annuirono.
«Come lo diremo ai nostri amici?» aggiunsi esasperata spostando il mio sguardo su Ben e Nash. Loro alzarono le spalle, poi Ben sorrise diabolicamente e mi guardò. Sapevo che stava per sparare una delle sue solite frecciatine. Resistetti alla tentazione di non accendere una sigaretta, ma lo feci solo per il bene del piercing alla lingua, che avevo da poco tempo. Non volevo si infettasse.
«Beh, non è che tu abbia poi così tanti amici, Ti» scherzò Ben.
Lo fulminai con lo sguardo, mentre Nash gli tirò uno scappellotto sulla testa.
Ben alzò le mani, in segno di difesa. Volevo rispondergli a tono, però alla fine aveva ragione. Io qui avevo solo Beth...Ma era meglio una sola vera amica, piuttosto che un branco di deficienti quali erano gli amici di Ben.
«Oh, ma certo. Perché ovviamente i tuoi amici sì che valgono...» lo punzecchiai, facendomi scivolare addosso la battuta di prima.
Una volta arrivati a scuola le nostre strade si divisero. Nash e Ben si diressero verso i loro amici e io proseguii verso il giardino che circondava la scuola, diretta verso il campo di football, dove ero sicura di trovare Bethany intenta a provarci con qualche donnaiolo da una botta e via.
E infatti la trovai a parlare - se così si può dire, perché Dio solo sa cosa si stavano dicendo quei due - con Jasper, uno degli attaccanti della squadra di football.
Ammetto che era abbastanza carino, e come ogni ragazzo di questa scuola faceva la radiografia ad ogni ragazza che gli si presentava davanti, e tante volte non si limitava a fare solo la radiografia, non so se mi spiego.
Ad ogni modo mi avvicinai ai due, che si voltarono verso di me quando mi videro. Beth mi salutò con un bacio sulla guancia e Jasper fece la sua famosa radiografia, e a quanto pare ne rimase soddisfatto. Ero tentata di sferrargli un pugno e spaccargli quel naso perfetto, ma mi trattenni.
Non mi degnai neanche di salutarlo.
Mi voltai verso Beth. «Devo parlarti»
Oh, cazzo, cosa le avrei detto? "Hei Beth, sai, tra due giorni partirò per Los Angeles" oppure "Ci vedremo poco, ma resteremo amiche, promesso".
Che poi sanno tutti che quelle promesse vanno a farsi fottere nel giro di qualche mese. Ci si allontanava e stop. Non avevi più l'amica che avevi prima.
Lei si voltò verso di me, curiosa e con sguardo interrogativo.
«Proprio ora?» mi chiese come per chiedermi di andarmene e tornare dopo. Eh no, per una volta avrei interrotto il suo flirt.
«Sì, ora» dissi solamente guardandola negli occhi. Lei sbuffò, poi si rivolse a Jasper che ci osservava senza dire nulla e disse: «Continueremo dopo» gli fece un sorriso che fece intendere abbastanza e si allontanò facendo segno di seguirla. Feci per andare ma venni bloccata dalla voce di Jasper: «Si dicono grandi cose su di te, Tiffany, e devo dire che su molte cose» diede uno sguardo al mio corpo, soffermandosi sul petto e poi sulle gambe. «hanno proprio ragione» disse terminando la frase con un sorrisino malizioso stampato su quella faccia da schiaffi.
Mi voltai, indecisa se ridergli in faccia, o accarezzarlo delicatamente col mio gancio destro.
Decisi per la prima, solo per far contenta la mamma. Sì, avevo già preso a botte un ragazzo. Anche diverse ragazze a dire il vero.
Mi sbrigai a scaricare Jasper, visto che era una perdita di tempo: «Sai, tante volte è meglio sembrare stupidi stando zitti piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio»
Lui rimase interdetto per un attimo, poi cercò le parole per rispondere, ma io lo precedetti.
«Ed è proprio per questo che non starai mai con me.»
Girai i tacchi e raggiunsi Beth che mi aspettava poco più avanti.
«Che ti ha detto? » chiese ridendo.
«Se andrai a letto con lui sappi che ti darò della stupida per il resto della mia vita di comune mortale» annunciai evitando la domanda e ricambiando il sorriso, ma sperando sul serio che Beth ci ripensasse.
Rise di gusto e io, anche se avrei voluto ridere con lei, non ci riuscii. Mi sarebbe mancata da morire. Non c'era altra persone che mi capiva come lei. Lei sembrò non notarlo e ci sedemmo sugli spalti del campo di football. Sentimmo la campanella dell'inizio delle lezioni suonare, ma con un solo sguardo decidemmo che avremo saltato la prima ora per parlare.
«Su, dimmi tutto.»
La osservai per qualche secondo , poi spostai il mio sguardo sul campo.
Dei ragazzi stavano correndo per il campo, passandosi la palla, altri parlavano con l'allenatore, in preparazione della partita che si sarebbe tenuta tra qualche sera.
Sospirai pensando che non avrei più visto la mia scuola, e malgrado fosse per me pari all'inferno alla fine mi ci ero abituata.
Senza distogliere lo sguardo dal campo parlai, senza giri di parole. «Mia mamma ha trovato un lavoro migliore a Los Angeles, ieri sera ce ne ha parlato. L'hanno chiamata dall'ospedale che c'è lì; il lavoro è migliore, mia madre non dovrebbe sgobbare fino alle tre di mattina per farci vivere bene...ha deciso di accettare».
Spostai lo sguardo su di lei e vidi il sorriso che aveva prima spegnersi lentamente e mi osservava con gli occhi lucidi. Finii la frase: «Ci trasferiamo, Beth».
Cercò di capire se si trattasse di uno scherzo, ma quando capì che non stavo mentendo il suo sguardo si fece ancora più triste di quanto lo fosse già. Se avesse pianto lei, lo avrei fatto anche io Non dovevo piangere, dannazione. Mi morsi il labbro per la frustrazione.
La abbracciai forte, e una lacrima mi rigò la guancia. Lei mi stinse a sé, sapendo che non lo avrebbe fatto più molto spesso. La sentii singhiozzare, e affondare il viso nella mia spalla.
«Non puoi rimanere?» singhiozzò.
Scossi la testa «Sono minorenne, sono sotto la tutela di mia madre...e Nash e Ben non si possono permettere di vivere da soli pur essendo maggiorenni, visto che non hanno un lavoro»
Lei pianse ancora più forte, le accarezzai i capelli biondi, fino ad arrivare alle punte tinte di rosa. Amavo i suoi capelli. Mi ricordo che durante l'estate di due anni prima avevo provato a tingerli di biondo, come i suoi. Il risultato fu terribile e nel giro di qualche giorno li ritinsi del mio colore. Sorrisi a quel pensiero. Lei si allontanò leggermente da me per guardarmi, e accennò ad un sorriso.
«Giuro che ci vedremo, verrò a trovarti spesso.»
Io sorrisi, pur sapendo che non sarebbe stato comunque come prima tra noi due, ma non lo dissi.
Le avrei comunque voluto bene, anche se non l'avrei più vista.
Ci abbracciammo. Uno dei nostri pochi abbracci, uno dei nostri ultimi, ma uno dei più significativi.

***
Ero nella mia camera con Beth, che mi aiutava a sistemare le ultime cose nella valigia. Era Mercoledì mattina, e io, la mamma, Ben e Nash saremo partiti nel primo pomeriggio.
Beth aveva chiesto ai suoi genitori il permesso per saltare scuola e stare con me, per aiutarmi e salutarmi come si deve.
«Questo è molto sexy» disse sollevando dal mio cassetto un vestitino in pizzo nero.
Sorrisi annuendo. Me lo aveva regalato lei qualche anno fa, per Natale.
Parlammo del più e del meno, mentre riordinavamo i miei pantaloni nella valigia e le mie scarpe in una sacchetta a parte. Avremmo preso l'aereo e la mamma aveva venduto la macchina, e con i soldi ricavati dalla vendita ne avrebbe presa un'altra. Possibilmente meno scassata della precedente.
«Il lato positivo è che a Los Angeles non fa mai troppo freddo, sai. La temperatura è sempre abbastanza calda, perciò mostrerai il tuo bel culetto molto più spesso, e non ti coprirai con i maglioncini neri che indossi di solito» disse Beth, ad un certo punto per rompere il ghiaccio, mentre scendevamo le scale per portare le valigie fino al taxi che ci aspettava fuori casa.
Avevo preso tutte le mie cose e ricontrollato mille volte se mancava qualcosa, ma fortunatamente avevo tutto. Caricai le valigie e le borse in macchina, evitando l'aiuto che il taxista mi stava offrendo e facendo da sola. Anche Ben e Nash caricarono la macchina con le loro valigie. Indossavano entrambi una maglietta a maniche lunghe e una felpa e dei jeans. Io invece avevo un paio di jeans strappati, le mie scarpe borchiate e una maglietta attillata ovviamente nera a maniche lunghe, e sopra un giubbotto di pelle.
Io e Beth restammo abbracciate per un po' e lei mi promise che non ci avrebbe più provato con Jasper e ne fui sollevata. Intanto era arrivata anche mia madre con le sue cose e dopo aver caricato tutto, il taxista chiuse il bagagliaio, segno che era ora di partire. La mia amica salutò mia mamma e i miei fratelli. Cercai di non piangere. Beth mi strinse a sé e sussurrò: «E ora con chi ruberò al centro commerciale?».
Io risi e ricambiai l'abbraccio. «Puoi sempre chiedere a Jasper»
Lei finse un conato di vomito e ridemmo insieme. Poi aggiunse: «Ti chiamerò tutte le sere, e aspettami per quest'estate». Le diedi un bacio sulla guancia.
«Mi mancherai» mi allontanai di qualche passo e prima di salire in macchina mi voltai e dissi: «Non fare stupidaggini». Neanche fossi mia madre. Le feci l'occhiolino e salii in macchina mentre gli occhi mi si appannavano. Mi affacciai fuori dal finestrino del taxi, che si stava mettendo in moto. Beth piangeva già, e mi contagiò. Salutai con la mano e lei fece lo stesso, mentre il taxi si allontanava.
L'ultima cosa che vidi fu un punto indistinto, che salutava davanti casa mia. Poi rinfilai la testa dentro la macchina e chiusi il finestrino, ripensando a tutto ciò che avevo fatto con Beth.

Fall (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora