Presi la sveglia e la scagliai letteralmente contro la parete.
Mi premetti il cuscino sulla faccia e mi voltai dall'altra parte. Stavo per addormentami nuovamente, ma la mia pace venne interrota dalle urla della mamma.
«Ragazzi, sveglia! Primo giorno di scuola!»
Sbuffai, quindi mi alzai dal comodo letto e mi recai in bagno della mia stanza.
Guardandomi allo specchio appeso sopra al lavandino per poco non mi spaventai. Il mio viso era un po' più pallido del solito e avevo un po' di occhiaie. Sì, decisamente quel dannato viaggio mi aveva stancato.
Mi sciacquai con un po' d'acqua fresca, prendendo poi i trucchi dalla mia pochette.
Misi il correttore e stesi sul mio viso un velo di fondotinta; poi passai agli occhi, tracciando una linea sottile di eyeliner nero, infine misi il mascara.
Colorai le mie giancie con un po' di blush e le labbra con un rossetto color carne.
Soddisfatta, uscii dal bagno, spazzolandomi i capelli scompigliati dal sonno e mi infilai un paio di jeans neri - troppo attillati per i miei gusti, ma Beth aveva insistito perchè li comprassi - , una maglia nera con la scritta "FUCK OFF" (tanto per rimanere in tema), e le mie converse bianche borchiate. Mi misi persino gli orecchini. Avevo molti buchi alle orecchie, otto in uno, e cinque in un altro.
Mi infilai la mia cuffia grigia e uscii dalla mia camera dopo aver recuperato la mia giacca di pelle, la borsa e il cellulare.
La mamma era in cucina che leggeva il giornale e beveva il caffèlatte. Mangiai velocemente una mela e bevvi la mia dose mattutina di caffè, aspettando che Nash e Ben scendessero.
«Tesoro» mi chiamò mia madre, per avere la mia attenzione. Alzai lo sguardo verso di lei, così continuò: «Come la trovi la casa? E la città?»
Accennai ad un sorriso, bevendo l'ultimo sorso di caffè. «Belle»
La mamma sorrise, contenta del mio parere positivo.
«Oh...la prossima volta che fai delle cavolate del genere, informami» aggiunse indicandosi la lingua. Si riferiva al piercing ovviamente.
Avevo immaginato che a breve mi avrebbe detto qualcosa, e infatti...
«Se te lo avessi detto non me lo avresti mai fatto fare» risposi accigliata.
«Appunto» rispose lei, sorridendo, come per nascondere quel po' di rabbia che stava crescendo in lei.
«Beh lo volevo da tanto...» cominciai a dire.
Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo.«Lo so Tiffany, lo so»
«Posso tenerlo?» chiesi timidamente, sperando in un sì.
La mamma annuì, così esultante mi avvicinai a lei e la abbracciai. Per un momento breve, molto breve.
Sentii arrivare i miei fratelli, così quando arrivarono in cucina la mamma porse delle chiavi a Nash.
Realizzai subito che erano quelle della macchina nuova.
Infatti quel giorno la mamma non sarebbe andata a lavorare, e avrebbe prestato la macchina a Nash che aveva la patente. Mentre guidava verso la nuova scuola Nash mi spiegò che la mamma aveva fatto le iscrizioni il giorno stesso in cui ci aveva detto del trasferimento.
«Vedete, è questo che mi fa incazzare della mamma...fa tutto di testa sua» dissi appoggiando i piedi sul cruscotto dell'auto.
Nash mi fulminò con lo sguardo per quel gesto, così seccata abbassai i piedi.
«Chissà da chi hai preso» rispose Ben ridendo.
Gli lanciai uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo, così si limitò a ridacchiare assieme a Nash e a non dire niente.
Arrivammo a scuola dopo quindici minuti di strada, essendo bloccati nel traffico.
Nash svoltò verso un grande piazzale, che era il parcheggio. Somigliava alla mia vecchia scuola, come struttura.
Tuttavia, questa sembrava più pulita, più allegra e vivace, ma mi pentii subito di averla descritta così.
Scossi la testa pensando a quanta schifezza c'era nei bagni della mia vecchia scuola, ma mi distrassi quando sentii la portiera della macchina chiudersi. Infatti Nash e Ben erano usciti dalla vettura e io feci lo stesso.
Mi guardai attorno infilandomi il giubbotto di pelle, e notai che molti occhi erano puntati su di noi.
Classica scena da film. I nuovi arrivati si riconoscono subito.
Tirai fuori il mio solito atteggiamento da snob e altezzosa e avanzai assieme i miei fratelli.
Ormai era una routine; di mattina, dopo aver visto tutti i coglioni con cui convivevo quasi ogni giorno il mio carattere diventava il più distaccato possibile. L'unica persona con cui non succedeva era Beth. Con lei ero sempre me stessa.
Entrammo dentro la scuola, e raggiungemmo grazie alcune indicazioni la segreteria.
Era una saletta al quarto e ultimo piano, dove lungo le pareti bianche c'erano file di sedie su cui accomodarsi durante l'attesa e di fronte una vetrata che si affacciava sul cortile.
Mi buttai sopra una di esse con l'eleganza di un elefante, e mi guardai attorno, come facevo sempre.
Oltre le due file di sedie una sul lato destro e una su quello sinistro, appesi al muro c'erano una serie di premi vinti dalla scuola e un mobile con alcuni trofei.
Dietro il bancone una segretaria grassottella compilava delle scartoffie, mentre un'altra bionda e alta temperava una matita e alle loro spalle c'era una foto incorniciata che raffigurava la scuola.
Quando la segretaria bionda vide Nash che si avvicinava, sorrise e si presentò come Stephanie. Nash le disse che eravamo nuovi, così la segretaria bussò alla porta della presidenza, che si trovava poco più in là del bancone.
Sbuffai. Possibile che ci metteva così tanto? Mentre aspettavo guardai fuori dalla vetrata.
Il cortile era composto da uno spiazzo asfaltato per i parcheggi e una zona erbosa. Sul retro ci doveva essere un campo da football.
Mi sentii chiamare da Ben, che era sulla porta della presidenza che mi aspettava.
Una volta entrata vidi un uomo sulla mezza età, con i capelli grigi e un paio di occhiali dalla montatura fine osservarci sorridente dietro una scrivania di legno, come era anche il resto della mobilia.
Dopo essersi presentato andò a controllare l'iscrizione e poi dopo averci spiegato alcune regole sulla sicurezza, o sul comportamento ci invitò a ritirare l'orario delle lezioni alla segreteria, dove la segretaria avrebbe anche chiamato qualche studente per farci visitare la scuola e per "farci nuovi amici", come disse lui.
Avrei fatto da sola. Non avevo intenzione di stringere amicizie.
Avevo Beth, e se anche lei mi avesse abbandonata avrei definitivamente chiuso con tutti i tipi di relazione.
A pensare che per colpa del brutto rapporto che c'era tra i miei genitori avevo rifiutato di vivere felice mi venne il nervoso.
Ma visto che non potevo prendere a pugni la faccia di Staphanie-la-segretaria-rifatta, o perlomeno le sue tette, mi toccò reprimere la mia rabbia.
Quella mattina non avevo potuto fumare perchè ero nella macchina di mia mamma, perciò decisi di uscire qualche minuto prima della fine delle lezioni per farlo.
Mentre la segretaria ci porse i fogli con gli orari delle lezioni e le varie aule in cui recarsi, sentii la campanella suonare.
Tra qualche minuto l'inferno sarebbe cominciato.
***
La segretaria aveva chiamato un nerd con la erre moscia, presumibilmente di origine francese, che ci avrebbe fatto fare un veloce giro della scuola.
Ci guidò lungo i corridoi del terzo piano, dove si trovavano soprattutto i laboratori. Appuntai mentalmente di considerare il corso di arte, mentre camminavamo al secondo piano, e passate in rassegna varie classi, scendemmo al primo piano dove c'era anche la palestra. Sul retro della scuola, come avevo presupposto c'era anche un campo da football -affiancato dalle panchine e dagli spalti - pullulante di ragazzi sudati, con un gran fisico che si allenavano e correvano sentendo le urla dell'allenatore, che fischiava con quel dannato fischietto, assordandomi. Glielo avrei volentieri strappato dalle mani per poi demolirlo.
Stavamo facendo il giro del campo, Nash e il nerd davanti, con vicino Ben e a più di un metro da loro c'ero io, poco interessata agli stupidi discorsi che facevano. Stavo pensando che Beth avrebbe trovato interessante la visione di così tanti ragazzi in un solo posto e allo stesso momento, quando qualcosa mi colpì in testa, facendo sparare una serie di parolacce irripetibili da parte mia e qualche urlo divertito da qualcun altro.
Nash e gli altri erano andati avanti senza accorgersi di niente, parlando sicuramente di partite di football, o della squadra delle cheerleader della scuola.
Mi massaggiai la testa, ancora frastornata dal colpo e capii che quello che mi aveva accidentalmente colpito in testa era un pallone.
Il nervoso represso di prima uscì fuori.
Sentii urlare da un gruppetto di ragazzi, quelli da cui la palla era stata tirata, di rimandargliela indietro. La vidi poco più lontano da me.
Mi chinai per raccogliere il pallone, ma invece di lanciarlo al gruppo di ragazzi, lo posizionai sotto il braccio, bloccandola sul mio fianco.
Dopo alcuni secondi, i ragazzi capirono che non avevo intenzione di lanciarla fin lì, così uno si allontanò dal gruppetto per venire verso di me.
Quando si avvicinò abbastanza da potermi sentire feci per parlare, cominciando subito con un insulto, ma mi bloccai quando lo guardai.
Wow.
Era bellissimo. Aspetta. Cosa?!
Io, Tiffany Morgan, ho appena ammesso che un ragazzo è bello? No, non può essere.
Oh cazzo, invece è così.
«Allora, vuoi farci aspettare ancora tanto?»
Al suono di quella voce riemersi dalle mie riflessioni. Elaborai ciò che la voce sexy e scocciata -che apparteneva a quel ragazzo- aveva appena detto.
Ripigliati Tiffany!
Mi schiarii la voce, tornando sulla Terra.
«Razza di deficienti, cosa cazzo vi salta in mente?» sbraitai acidamente guardandolo negli occhi. E che occhi.
Aveva quel tipo di bellezza "alternativa", che può non piacere a tutti per via dei tatuaggi e dei piccoli dilatatori alle orecchie. Ma tutto ciò non guastava il suo fascino, anzi.
I suoi occhi azzurri, in cui ci si poteva perdere per davvero, mi scrutavano sconcertati per ciò che avevo appena detto, contornati dalle sopracciglia folte e perfette e dalle ciglia lunghe che rendevano enigmatico il suo sguardo.
Il tutto sommato con quelle labbra carnose e delineate.
Il tessuto della maglia della divisa della squadra di football era tesa per via dei muscoli sotto di essa.
Okay basta guardarlo, Tiffany, ritorna in te.
«A cosa stavate pensando quando avete tirato la palla?» aggiunsi quasi urlando, sentendo il nervoso di prima che affiorava di nuovo.
Lui sbuffò scocciato, avanzando di qualche passo: «Di sicuro non a te. Lo sai che nessuno si è mai rivolto a me così? Soprattutto una ragazza»
Sì, certo, infatti le ragazze ti salteranno addosso, pensavo. E non avevano tutti i torti.
No no, dov'è finita la mia coscienza?
Sorrisi amaramente, mentre lui continuava a parlare. «Comunque, sono stato io a tirare la palla, e gli altri non l'hanno presa, perciò...»
Ah, bell'amico.
«Non me ne può fregar di meno» lo interruppi.
Lui emise una specie di "Oh-oh!", ma io continuai imperterrita. «La prossima volta, però, invece di giocare a football...» lessi il cognome scritto sulla sua maglia «Gray...prova il circolo di biliardino per gli anziani». Considerando la mira che aveva poteva anche ritirarsi in casa, visto che non sarebbe neanche riuscito a fare centro nel cestino della spazzatura.
Sorrisi soddisfatta per averlo zittito, poi sollevai il braccio con cui tenevo la palla e sfoderando uno dei miei migliori lanci, la scagliai verso il gruppo da cui era arrivata.
Il ragazzo davanti a me si voltò verso il campo per vedere dove era arrivata la palla, che era stata intercettata da un ragazzo biondo e nel campo il gruppetto riprese a giocare.
«Bel tiro, dolcezza» disse e si voltò di nuovo verso di me, con un sorrisino stampato in faccia. Glielo avrei voluto togliere, quel ghigno da bastardo.
Feci per dirgli quanto fosse cretino, e di non chiamarmi "dolcezza" ma qualcuno mi circondò con il braccio le spalle e non ci fu bisogno di voltarmi per capire che Ben era arrivato in soccorso non a me, ma al ragazzo, per evitare che lo riempissi di insulti. Mi conoscevano troppo bene i miei fratelli.
«Scusala» disse Ben rivolto al ragazzo tatuato «Lei si deve sempre togliere la soddisfazione di insultare le persone. E di fargliela pagare.» disse per poi lanciarmi uno sguardo.
Il ragazzo davanti a me sorrise. Wow, di nuovo.
«Oh no, non ha detto niente di troppo cattivo...Mi ha solo fatto vergognare con quel tiro» disse con nonchalanchè, riferendosi al lancio che avevo fatto per ridare la palla a quegli incapaci.
Ben rise annuendo e poi mi guardò. Sapevo che poi mi avrebbe rimproverato. Ma continuò a parlare con finto tono dolce.
«Beh, sì lei è brava in queste cose, come nell'arte. Vero, Ti?»
Aggrottai la fronte, sbuffando e levandomi dalle spalle il braccio di Ben. Poi mi allontanai, sentendo lo sguardo di quel ragazzo su di me, mentre superavo Nash e il nerd con la erre moscia che si stavano avvicinando. Andai verso il parcheggio per allontanarmi da quel tipo e dalla vita reale.
Appena arrivai mi avvicinai alla nostra macchina, appoggiandomici e accendendo una sigaretta.
E come al solito mi persi nell'osservare gli sbuffi di fumo che andavano a formare dei piccoli vortici nell'aria.
Solo una domanda continuava a tormentarmi: che cosa mi era preso prima?
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Fall (sospesa)
RomanceDopo quella sera, quella fottuta sera in cui mio padre ci abbandonò, tutte le mie certezze sparirono, sostituite da un vuoto. Una voragine. Tutti quegli anni passati a ereggere barriere invisibili intorno a me, tutti quegli anni passati a fidarmi d...