Imbranata sognatrice

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Attenzione, questa è un'opera di pura immaginazione, la mia. Pertanto qualsiasi situazione, per quanto surreale sia, è fantasiosamente possibile. Almeno nella mia testa e su queste pagine. 

Tutti i riferimenti a cose, persone, episodi o cliché, sono puramente e fortemente voluti. 

Infine, dedico l'intero libro a bignealcaramello, senza di lei mai avrei scoperto il mondo dei drama, fonte di grande ispirazione e amore incondizionato, per quanto paradossali siano certe situazioni, sono geniali. Buona lettura!

***

"Ti ammiro da lontano, hai un sorriso che amo" ripetè Benedetta ad alta voce, allargando le sue labbra in un sorriso beffardo. "Chi ti scrive una stupidata simile?" continuò poi a dire, stringendo tra le mani il bigliettino recante le parole appena lette.

Glielo strappai sbuffando, era sempre così cinica lei. Io la trovavo una cosa adorabile: ero sempre stata una sognatrice.

"Non so chi sia. L'ho trovato sul mio banco. Chiunque sia stato, si firma solo con Tuo E."

"Dammi retta Liv, dimenticatene. Sarà uno scherzo" ribatté con poco entusiasmo la mia amica, riprendendo a camminare lungo il corridoio che portava alla sala mensa.

Mi accigliai, sentendomi in qualche modo offesa. Non potevo forse avere un ammiratore?

"Cosa ci sarebbe di tanto strano?" domandai con tono risentito, incrociando le braccia al petto per sottolineare il mio rammarico.

Benedetta non mi prestò particolare attenzione, continuò ad avanzare dicendo semplicemente: "Perché sei tu!"

"E questo cosa vorrebbe dir..." non riuscii a finire la frase che uno dei miei piedi si andò a scontare con l'altro, facendomi perdere l'equilibrio. Mi ritrovai sbilanciata in avanti, con le braccia che vorticavano alla ricerca di un appiglio che non trovai. In un attimo atterrai lunga stesa sul pavimento grigio, nel mezzo del corridoio della scuola, con un tonfo secco.

La mia amica scoppiò in una fragorosa risata, senza curarsi minimamente di offrirmi il suo aiuto. "Questo intendevo!" disse invece, tra uno sghignazzo e l'altro.

Le rifilai un'occhiataccia e mi alzai con fatica, accusando un forte dolore al ginocchio, ma tutta la mia attenzione era rivolta ad assicurarmi che nessuno avesse assistito a quella figuraccia. Era ora di pranzo, tutti gli studenti erano occupati a mangiare, ero sicura di non aver dato spettacolo, ma sbagliavo.

Poco più avanti, appoggiato al muro verde c'era un ragazzo che mi stava fissando con uno sguardo fin troppo serio. Sembrava quasi scocciato per la mia caduta e non riuscivo a capirne il motivo. L'avevo forse disturbato?

Era molto alto, teneva le braccia incrociate al petto, lasciando trasparire i muscoli delle braccia dalla camicia bianca che indossava e tutta la sua figura emanava una certa sicurezza, incutendo anche un po' di paura.

Lentamente mi rialzai, aiutata finalmente da Benedetta che però continuava a sghignazzare tra sé e sé.

"Ma cosa vuole quello?" le domandai, rivolgendomi al ragazzo in questione, che non aveva ancora smesso di guardami.

Io e Benedetta eravamo amiche da sempre, le nostre famiglie si conoscevano e passavamo tutte le vacanze insieme, ma non avevamo mai frequentato la stessa scuola, fino ad ora. Per una serie di circostanze spiacevoli, mi ero dovuta trasferire sul finire del mio secondo anno di liceo, per questo non conoscevo nessuno qua e dovevo affidarmi a lei per reperire tutte le informazioni.

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