Avevo detto che sarei stata la vera Liv, avevo permesso alla mia vita di scorrere tranquillamente come la pioggia sul mio corpo e, al momento mi era sembrata una buona idea, una vera liberazione, la mia rinascita.
Invece era stata solamente la nascita di un raffreddore, seguito da tosse e febbre. Forse tornare a casa fradicia con il vento che imperversava sulla mia pelle non era stata esattamente una trovata geniale, ma nonostante tutto continuavo ad avere il sorriso sulle labbra: il mio cuore era finalmente in ordine e la mia testa vedeva tutto chiaramente.
Passai le ultime settimane in America a letto, accudita dai miei genitori che erano così tanto dispiaciuti per me, da trasferirsi nella mia stanza, nonostante l'appartamento nel quale ci trovavamo fosse davvero grande.
Mi preparano brodi e pastine, mi fecero degli impacchi freddi per la fronte e guardarono la televisione insieme a me, così realizzai che, per quanto mi avessero fatto soffrire in passato e per quanto ancora l'avrebbero fatto in futuro, amavo entrambi per momenti come questi, nei quali io ero il centro del loro mondo. Erano rari e per questo preziosi, ed era sempre meglio che non averne del tutto.
Un giorno riuscii pure a convincerli a guardare un drama insieme a me, ma non fu piacevole perché continuavano a fare domande e pretendere spiegazioni, non riuscendo a cogliere il vero spirito di queste serie televisive.
"Ma com'è pettinato questo ragazzo?" domandò mio padre, guardando il protagonista che effettivamente aveva una capigliatura un po' bizzarra.
"Ci metterà ore al mattino per preparasi" constatò mia madre, assottigliando gli occhi per studiarla meglio.
"Dovrebbe somigliare a un ananas" specificai "la protagonista infatti lo chiama testa d'ananas, non avete seguito?"
"Io non capisco perché lui la tratta così male" domandò ancora papà, sdraiato di fianco a me con le braccia conserte.
"Perché la ama" spiegai come se fosse ovvio, anche se per loro probabilmente non era affatto così.
"E allora dovrebbe dirglielo, non farle i dispetti" continuò lui, sbuffando per la frustrazione.
"Le ha pure rubato le scarpe!" si indignò mamma, accucciata contro la mia spalla, dall'altro lato.
"Forse lui è un po' infantile" ammisi, lasciandomi scappare una risata per la scena ridicola che stava passando sullo schermo.
"I giovani d'oggi si fanno troppi problemi, dovrebbe dichiararsi sinceramente" disse mamma e improvvisamente mi sentii chiamata in causa.
"Concordo con te, cara. Rischia di perderla se non si sveglia" rispose mio padre, annuendo per dare maggiore enfasi alla sua frase. Da quando erano esperti d'amore questi due?
Ma le parole che aveva pronunciato papà mi entrarono nella mente e cominciarono a tormentarmi, offuscate e distorte dalla febbre che saliva e scendeva. O almeno così credevo ma, in realtà, tornarono prepotenti e ancora più spaventose una volta guarita, il giorno della mia partenza.
Rischia di perderla...
E io forse avevo aspettato troppo? Ora che io provavo qualcosa per lui, lui provava ancora qualcosa per me? O l'avevo perso ancora prima di averlo avuto?
Mi trascinai fuori casa con la mia pesante valigia e presi un taxi perché papà era già rientrato il giorno prima e mamma era al lavoro, quindi dovevo arrangiarmi per il trasporto. Rimuginai sulle mie azioni per tutto il viaggio verso l'aeroporto, ripercorrendo tutte le tappe della nostra relazione e analizzando ogni dettaglio, ogni nostra parola, ogni gesto, ogni batticuore. Anche il solo pensare a lui mi provocava brividi lungo tutto la schiena.
STAI LEGGENDO
Tuo E.
RomanceOlivia, ragazza imbranata ma sognatrice, si è da poco trasferita in un nuovo liceo, quando comincia a ricevere anonimi biglietti d'amore, firmati Tuo E. Tre sono i possibili candidati nella testa di Liv: Elia, suo compagno di classe nonché rapprese...