Questo cos'è?

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La settimana passò senza altri fraintendimenti e il mio cuore riuscì a rilassarsi per qualche giorno, dal momento che non ci furono eclatanti novità. Elia fu assente per due giorni, perciò mi stupii molto quando ricevetti il suo messaggio, venerdì sera, confermando le ripetizioni per il giorno dopo.

Quel sabato, era una splendida giornata di sole, perciò indossai una gonna rosa e una semplice maglietta bianca, abbinando il tutto con delle scarpe da ginnastica dello stesso colore. Legai i capelli in una coda alta, lasciando libera solo la frangetta e un paio di ciuffi ai lati del viso e mi assicurai che il naso fosse tornato alla normalità.

Quando varcai le porte della caffetteria, trovai Elia seduto al solito tavolino, con i libri già aperti davanti a lui e lo sguardo concentrato sulle pagine.

"Ciao" mormorai, raggiungendolo al tavolo e prendendo posto davanti a lui.

Elia sollevò lo sguardo su di me, ma non rispose al saluto, allungando invece una mano nella tasca del suo zaino ed estraendo nuovamente una confezione di succo alla pesca.

"Qual'è la formula chimica del Nitrito di calcio?" domandò invece, fissandomi con uno sguardo severo.

Oh cavolo, non mi aspettavo di essere interrogata a bruciapelo.

"Ehm..." balbettai, vagando con lo sguardo sulle pagine stampate davanti al ragazzo, nella speranza di trovarla.

Dopo un pesante silenzio teso, durante il quale il mio cervello si svuotò completamente, Elia sospirò e tese una mano nella mia direzione dicendo: "Dammi il tuo libro di chimica"

Frugai nel mio zaino ed estrassi il volume in questione, abbassando gli occhi sul tavolo per evitare di scontarmi ancora con i suoi pieni di rimprovero.

"Per il prossimo sabato devi studiare da questa pagina" esordì, aprendo il libro davanti a lui e facendo un segno con la matita "fino a..." si bloccò senza aver concluso la frase e aggrottò le sopracciglia perplesso.

"... e questo cos'è?" domandò, stringendo tra le mani un biglietto piegato che riconobbi all'istante.

Il respiro si bloccò nei miei polmoni e mi sporsi subito in avanti per sfilarglielo dalle dita, ma lui fu più veloce e sollevò il braccio verso l'alto, deviandolo dalla mia portata.

Incatenò i suoi occhi nei miei e aspettò paziente una mia confessione, che non tardò ad arrivare, avendo io una volontà di ferro: "È un bigliettino del mio ammiratore segreto"

Elia sollevò le sopracciglia sorpreso e notai accendersi una scintilla di curiosità nel suo sguardo. Riportò il braccio sul tavolo e aprì il foglio, leggendo ad alta voce il suo contenuto: "La tua dolcezza supera qualsiasi torta. Tuo E."

Accidenti, che imbarazzo!

"C'è davvero qualcuno che ti scrive cose del genere?" riprese a chiedere, stupito.

Annuii sempre più a disagio e non trovai il coraggio per sostenere il suo sguardo, soprattutto dopo che lui tornò a domandare: "E hai davvero pensato che fossi io?"

"Avevi quel libro di Pablo Neruda" mi giustificai, tornando a guardarlo.

"L'ho trovato abbandonato per terra, a scuola, e l'ho trovato interessante" rispose con tranquillità il ragazzo "e poi, è un poeta piuttosto famoso, tutti lo conoscono"

Io non l'avevo intuito quando era apparsa la sua poesia sul bigliettino, ma evitai di farlo sapere a Elia, mi riteneva già abbastanza ignorante.

"Mi hai vista cadere lungo il corridoio. C'eri solo te quella volta" continuai, elencando le mie scarse prove a suo carico.

"Ah" esclamò Elia, spostando gli occhi verso l'alto, in un punto indefinito della stanza, come a ricordare qualcosa di remoto "quella volta ho avuto qualche difficoltà a restare serio" ammise con un mezzo sorriso divertito.

"Non sembrava" mormorai, ma lui non mi stava prestando attenzione, riprese invece a dire: "Sono dovuto andar via per non riderti in faccia"

"Ma per favore, non ridi mai te" mi scappò dalla bocca con tono di rimprovero.

Elia riprese a fissarmi, ma stavolta aveva un'espressione così penetrante che fu complicato mantenere il battito del mio cuore regolare.

"Grazie a te sì" ammise, poi riportò la sua concentrazione sui libri e pose fine a quel momento di pausa dallo studio.

Peccato che la mia mente fosse ancora più incasinata di prima e sicuramente non sarebbe stata in grado di ragionare logicamente.

Dovevo forse essere contenta di far ridere il glaciale Elia? Non direi, dal momento che rideva di me e non con me. Ma soprattutto, che diamine voleva dire quello sguardo?

***

Nel pomeriggio ricevetti un messaggio perentorio da parte di Benedetta, che mi obbligava ad andare con lei in discoteca, quella sera stessa.

Era raro vedere la mia migliore amica agitata, perciò decisi di chiamarla per avere maggiori dettagli. Scoprii così che Riccardo, il suo vicino di casa, nonché amore di tutta una vita, sarebbe andato alla festa di un amico e l'aveva invitata a raggiungerlo.

Loro due erano amici da quando erano piccoli, ma per lui non c'era mai stato nulla di più, mentre per Benedetta era stato amore a prima vista. Ma crescendo le emozioni cambiano e io speravo che lui potesse accorgersi di quanto la mia amica fosse preziosa.

Quando si trattava di questo ragazzo, lei perdeva la sua aura sicura e finiva per comportarsi in maniera stupida. Era in momenti come questo, che io e lei diventavamo molto simili, e se mancava una figura matura tra noi due, allora le cose non potevano che finire male.

Accettai entusiasta, le dovevo una serata del genere, dopo che l'avevo ossessionata con la storia del mio ammiratore segreto per un intero mese.

Cenai con calma e poi mi preparai, indossando un vestitino leggero senza spalline, con una fantasia geometrica gialla e le mie immancabili scarpe da ginnastica bianche. Non ero mai stata brava a valorizzare la mia figura, ma la discoteca era a quindici minuti da casa mia e avevo intenzione di farla a piedi, perciò non avrei mai calzato i tacchi. Non ero neanche sicura di caminare correttamente con quei trampoli.

Mi truccai più del solito, ovvero riuscii a fare una riga decente con l'eyeliner e dipinsi le labbra con un rossetto rosato, ma optai per i capelli sciolti, nonostante il caldo, mi facevano sentire meno nuda.

A mezzanotte precisa, Benedetta suonò al mio citofono, intimandomi di uscire e la trovai sul marciapiede in tutto il suo splendore: i lunghi capelli biondi erano legati in una coda alta, ma le arrivavano comunque oltre le spalle, conferendole un'aria elegante e provocante al tempo stesso. Aveva optato per una gonna nera a vita alta, una canotta bianca di seta, infilata dentro la gonna e un paio di stivaletti con il tacco basso.

Era pronta per conquistare Riccardo e se lui avesse avuto un minimo di buon senso, sarebbe sicuramente caduto ai suoi piedi.

Ci avviammo al locale eccitate, non capitava spesso di fare serate del genere, anche perché i genitori di Benedetta non acconsentivano a lasciarla in giro fino a tardi e spesso si assicuravano che anch'io fossi a casa entro una certa ora. Erano un po' come dei genitori di riserva, ma in qualche modo si preoccupavano più dei miei veri genitori.

L'esterno della discoteca era affollato e restammo diversi minuti in coda prima di poter entrare ma quando finalmente varcai la soglia, mi ritrovai immersa in un'atmosfera festosa che metteva subito allegria.

Ci addentrammo lungo il corridoio e raggiungemmo una vasta sala, illuminata da tante luci stroboscopiche e invasa dalla musica assordante che veniva sparata dalla casse.

La pista era gremita di persone che ballava ed era difficile muoversi tra la folla per raggiungere il bancone dove servivano da bere. Eravamo ancora minorenni quindi non ci avrebbero servito nulla di alcolico, così mi accontentai di una bibita fredda, ma quando Benedetta trovò Riccardo e i suoi amici, fummo immediatamente ammesse al loro tavolo e sopra di esso c'erano bottiglie in grande quantità.

Non ero una grande bevitrice, anzi non reggevo per niente l'alcol, ma pensai che un bicchiere o due non mi avrebbero fatto chissà quale effetto.

Pensavo male, come sempre. 

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