Fortuna o sfortuna?

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"Scusi, Signora Rosa, cosa succede se ho messo la quantità di zucchero uguale a quella di farina?" chiese Edoardo alle mie spalle, alzando la mano per richiamare l'attenzione della nostra insegnante di cucina, nonostante non ci fosse nulla di cui andare fieri.

La donna sospirò quasi sconfitta, ma non era capace di sgridarci davvero, così disse semplicemente: "Forse è meglio se per oggi ti limiti a guardare"

Mi lasciai scappare una risatina, sentendomi un po' superiore in questa seconda lezione perché, almeno questa volta, non sarei stata la peggiore. Presi un uovo e lo ruppi sul bordo della ciotola, facendo scivolare il suo contenuto all'interno della stessa, quando la voce di Edoardo mi giunse eccessivamente vicino all'orecchio: "Attenta al guscio"

Mi voltai di scatto e mi ritrovai con il viso a pochi centimetri dal suo, la schiena leggermente incurvata verso di me e un sorriso beffardo sulle labbra. Quasi mi prese un colpo, la sua bellezza era troppa da sopportare a così poca distanza, perciò il cervello perse il controllo dei movimenti del corpo e le mie mani persero la presa sui gusci d'uovo, che urtano contro il bordo della ciotola e finirono in tanti pezzi nel composto.

Edoardo si raddrizzò, scoppiando a ridere nel contempo e attirando tutta l'attenzione su di noi, mentre la Signora Rosa esclamava dispiaciuta: "Cara, ti avevo detto di prestare attenzione!"

Io ero ancora immobile nella stessa posizione, incapace di realizzare quanto era successo, e non sapevo se il mio cuore stava battendo tanto forte per l'imbarazzo della situazione o per la vicinanza di Edoardo. Di una cosa ero certa: con tutte queste emozioni, preso mi sarebbe venuto un infarto.

***

Quella sera quando tornai a casa, mi ricordai all'ultimo che la professoressa di letteratura ci aveva dato un testo da leggere, così tirai fuori dal mio zaino il libro e lo aprii alla pagina indicata, ed eccolo lì: un nuovo bigliettino.

"Dolce richiamo, le tue labbra, tra i miei sogni. Tuo E."

Le mie labbra... improvvisamente mi tornò alla mente la macchia sulla maglietta del mio vicino di casa, ma era solo una coincidenza... o no?

Decisi di controllare l'immaginazione per una volta e accantonai quella frase per concentrarmi sul compito del giorno dopo, ma presto le mie palpebre si fecero pesanti e finii per addormentarmi sul foglio, dopo aver letto le prime due righe.

Un ottimo lavoro, come sempre!

***

La sveglia pelosa suonò fastidiosa alle sette del mattino e la percepii troppo lontana rispetto al solito. Solo allora mi ricordai di non essere mai andata a letto, ma di aver passato la notte con la testa abbandonata sulla scrivania e la schiena ricurva. Mi raddrizzai con qualche difficoltà e mi ricomposi con una doccia. Poi mi vestii e feci colazione, cercando intanto di recuperare il tempo perso su quel testo che dovevo conoscere per la prima ora di lezione.

Ovviamente non fui veloce, perciò mi ritrovai a correre lungo il marciapiede, salendo sull'autobus per miracolo. Dopo aver ripreso fiato, adocchiai Benedetta seduta nell'ultima fila e, dopo averle fatto un cenno con la testa, mi andai a sedere di fianco a lei. Solitamente la mia amica saliva qualche fermata dopo la mia, ma la sera prima aveva dormito da sua nonna, quindi aveva cambiato la sua routine ed era salita sul mezzo prima di me. 

"Buongiorno" esordì lei allegra.

"Buong..." feci per rispondere, ma il mio sguardo cadde sul ragazzo che stava salendo con tutta calma, nonostante le porte si fossero praticamente chiuse dietro di lui.

"Accidenti!" esclamai, abbassando gli occhi sulle mie mani, poggiante in grembo "Benny, non guardare!"

"Cosa?" domandò la mia amica confusa, spostando la sua attenzione da me agli altri passeggeri.

"Ti ho detto di non guardare" sussurrai, sbirciando la posizione del mio vicino di casa e sperando di non essere vista. Non ero ancora pronta ad affrontarlo dopo la mia figuraccia.

"Intendi il ragazzo che è appena salito?" continuò curiosa Benedetta seguendo la direzione del mio sguardo.

"Sì, quello di ieri. Lo stesso dell'aula di musica." spiegai, non sapendo più su cosa concentrare le mie pupille.

"L'angelo?"

"Non urlare!"

"Ho un tono normale, sei te che stai parlando sottovoce"

"Lui suona il violino, avrà un udito più sviluppato"

Benedetta mi guardò scettica e poi ribatté: "Dove le senti certe cagate?"

"Se si accorge di me e si avvicina cosa faccio?"

"Lo saluti?" azzardò la mia amica, prendendo a fissarlo con interesse, tutto il contrario di quello che le avevo chiesto di fare.

"Come posso salutarlo? Non so nemmeno il suo nome"

"Credo sia Enrico"

"Com'è che sei tanto asociale, se conosci i nomi di tutti i ragazzi della scuola?"

"Mi piace essere informata. E poi lui è famoso, ha vinto dei premi per la musica, mi pare"

"Non mi stupisce, suona divina..." mi bloccai, folgorata da una frase che avevo accantonato nella mia mente, ma che stava tornando prepotentemente al centro dei miei pensieri: Dolce richiamo, le tue labbra, tra i miei sogni. Tuo E."

Oh cavolo... E. era forse Enrico?

Fortunatamente il mio vicino di casa non fece caso a me, era troppo impegnato a leggere un libro, perciò non aveva mai alzato gli occhi dalle pagine, e io avevo cercato di restare ben nascosta, anche durante il tragitto verso la scuola.

Mi chiedevo come mai lo incontrassi sull'autobus solamente in quel momento, visto che frequentavo la scuola da un paio di settimane. Forse non l'avevo mai notato finora?

Ripensai al suo viso angelico e arrivai alla conclusione che era un'eventualità impossibile. Il mio radar dei bei ragazzi non si sarebbe mai fatto sfuggire qualcuno così attraente.

Varcai la soglia del laboratorio di chimica con questi pensieri nella testa e, quasi non mi resi conto che il professore stava chiamando il mio nome, per assegnarmi una postazione in uno dei tanto tavoli che adornavano la stanza e un relativo compagno.

Il laboratorio di chimica cominciava solamente gli ultimi mesi di ogni anno scolastico, perché la prima parte del programma era puramente teorica, solo una volta apprese tutte le nozioni fondamentali, si passava alla parte pratica, perciò era la prima lezione per me, come per tutto il resto della classe.

Saremmo stati divisi in coppie e sarebbero state casuali, decise dall'insegnante in base all'ordine alfabetico dei nostri cognomi, così già sapevo che non sarei stata tanto fortunata da ritrovarmi con Benedetta, ma provai sentimenti contrastanti quando arrivai al mio posto e sullo sgabello di fianco al mio, trovai seduto Elia.

Era fortuna o sfortuna? 

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