Il club

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"Ma allora chi cavolo è questo E.?" domandò Benedetta a mensa, il giorno dopo, aggiornata riguardo gli avvenimenti della sera precedente. Quasi tutti gli avvertimenti almeno.

"Questa storia si sta facendo intrigante" intervenne Edoardo, seduto di fronte a me con un panino tra le mani. "Non capisco perché rimane nascosto" continuò il ragazzo, addentando il cibo.

"Io non capisco perché sei al nostro tavolo" ribatté Elia, seduto di fianco a me con aria annoiata.

"Da quando è il vostro tavolo?" chiese irritato Edoardo, rifilandogli un'occhiataccia.

"Da quando ci siamo seduti" rispose banalmente Elia, ricambiando con uno sguardo infastidito.

Io me ne stavo in silenzio a rimuginare, domandandomi da quando la pausa pranzo era diventata tanto affollata.

"Ciao ragazzi" esordì Enrico, giungendo dinanzi a noi con il pranzo tra le mani. Spalancai gli occhi, chiedendomi se la sua presenza non presagisse altri stravolgimenti, dal momento che ne avevano creati abbastanza gli altri due.

"Enrico" esclamò entusiasta Edoardo, spostando la sedia di fianco a lui e invitandolo a prendere posto. Il ragazzo si accomodò con un sorriso e Benedetta si lascò sfuggire una risatina.

Perfetta.. era proprio una perfetta situazione di merda!

"Benvenuto nel club" dichiarò Elia con la sua solita espressione impassibile che non lasciava trapelare se stesse scherzando o meno.

"Quale club?" chiese ingenuamente Enrico, guardando perplesso Elia.

"Il club dei falsi E." intervenne Edoardo, rischiando di far sputare a Benedetta l'acqua che stava bevendo e lasciandomi letteralmente a bocca aperta.

Il club di cosa?!

"Quando avete inventato un nome del genere?" domandai scioccata, fissando prima Edoardo che mi rivolse un'espressione di falsa innocenza, e poi Elia che invece stava cercando di mantenere uno sguardo serio, ma glielo leggevo negli occhi che tratteneva una risata.

"Da quando siete amici voi due?" si informò Benedetta, notando una certa complicità, ma scatenando anche un certo panico.

"Non siamo amici" dissero i due all'unisono, fulminandosi reciprocamente con gli occhi.

"Anche voi sapete di E.?" provò a chiedere Enrico, mettendo in bocca un pezzo di carne.

Edoardo rise mentre Elia rispondeva: "Siamo stati tutti E. Ma nessuno di noi era quello vero"

"Ah" rispose sorpreso Enrico, assumendo poi un'espressione divertita sul volto "Quindi dobbiamo aiutare Liv a trovare il vero E.?"

Cosa?!

"No" esclamai subito, ma la mia negazione fu coperta da Edoardo che invece aveva gridato "Sì"

"Non mi serve il vostro aiuto, grazie" replicai, alzandomi e lanciando un'occhiata a Benedetta per intimarla di seguirmi.

"Sembra il contrario però" puntualizzò Elia, indicando con un cenno del capo gli altri componenti del tavolo.

"Sta per suonare la campanella" provai a cambiare argomento, cercando al contempo una scusa per defilarmi, ma Elia imitò i miei movimenti e si alzò, affiancandomi.

"Non è vero" precisò Edoardo, osservando l'orologio che aveva al polso "manca ancora un po'"

"Voglio bere un caffè" venne in mio aiuto Benedetta, cominciando ad avviarsi verso l'uscita della mensa per raggiungere i distributori automatici di bevande.

La seguii immediatamente ma Elia fece lo stesso e con mio disappunto anche Edoardo spostò la sedia e disse: "Anch'io lo voglio!"

"Vengo con voi" aggiunse Enrico e così ci ritrovammo tutti e cinque a camminare lungo il corridoio, richiamando più di uno sguardo confuso e sorpreso.

Edoardo cominciò a guardarsi intorno con attenzione e poi se ne uscì dicendo: "Conosco quasi tutti in questa scuola, se dobbiamo trovare questo E., troveremo questo E.!"

Non aveva capito che io non volevo il loro aiuto e non ero neanche più così sicura di volerlo scoprire questo E. Mi stava portando solamente guai.

"Cosa vorresti fare?" intervenne Enrico in mia difesa, notando la mia espressione preoccupata "Chiedere a tutti quelli che hanno il nome con la E. se sono ammiratori di Liv?"

Edoardo guardò Enrico come se avesse appena detto una cosa geniale e riprese a scandagliare la zona circostante, alla ricerca di un buon candidato.

Prima che potessi dire qualcosa, si incamminò verso un ragazzo che avanzava verso di noi e lo salutò dicendo: "Ciao Emanuele"

Oh accidenti, dovevo intervenire subito!

"Per caso ti piace scrivere poes..." iniziò a dire Edoardo, ma dovette interrompersi perché lo afferrai per un braccio e lo trascinai via, provocando un certo divertimento sul suo volto.

"Sei pazzo?" gli domandai arrabbiata, anche se questo era proprio un tipico comportamento da Edoardo.

"No, cercavo solo di aiutarti e..." si bloccò nuovamente nel bel mezzo della farse e i suoi occhi fissarono un punto oltre le mie spalle, così mi girai sospettosa e quello che giunse alle mie orecchie mi fece tremare.

Elia aveva bloccato uno studente più piccolo, che era visibilmente intimorito da quella vicinanza e gli stava chiedendo, con la sua solita espressione impassibile: "Come ti chiami?"

Accidenti, questo non me lo sarei mai aspettata da lui, Edoardo cominciava ad influenzarlo negativamente.

Sentii il ragazzo rispondere timoroso: "Simone"

"Per caso conosci qualcuno il cui nome inizia con la..." continuò Elia, ma lo intercettai prima che potesse dire troppo e gli bloccai la bocca con la mia mano, allungandomi su di lui per raggiungere la sua altezza.

Elia spalancò gli occhi per la sorpresa mentre io mi rivolgevo al povero ragazzo dicendo: "Non fare caso a quello che dice... vai!"

Quest'ultimo non se lo fece ripetere due volte e si dileguò lungo il corridoio. Sospirai, stanca per quella situazione e, solo allora mi resi conto che le labbra di Elia, di fatto, stavano baciando il palmo della mia mano.

Sollevai gli occhi su di lui e lo trovai che mi fissava con gli occhi stretti in due fessure, anche se sembravano trasmettere meno sicurezza del solito. Mi affrettai a liberarlo dalla mia presa, abbassando la testa, imbarazzata.

Il suono della campanella invase il corridoio, facendomi tirare un sospiro di sollievo: in classe non avrebbero potuto combinare altri guai, o almeno lo speravo.

"Dobbiamo andare a lezione" mi affrettai a dire e mi avviai verso la nostra aula, quando ad un tratto sentii la voce di Benedetta dire: "Ciao Ettore!"

Mi voltai di scatto, gli occhi spalancati, i piedi pronta a scattare per scongiurare qualsiasi possibile figuraccia, ma trovai la mia amica da sola vicino alla finestra, con una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso divertito.

"Scusa Liv, non ho potuto trattenermi" disse scherzando e provocando una risata anche negli altri ragazzi che ancora non si erano decisi a muoversi.

Rivolsi a Benedetta uno sguardo truce e poi marciai nella direzione opposta, stavolta decisa a raggiungere il mio banco, dal momento che la lezione stava per iniziare.

Era già faticoso gestire quei tre, ci mancava solo che anche la mia amica cominciasse a prendermi in giro... iniziavo a sentirmi stanca.

Arrivai presso il mio posto e subito notai un bigliettino poggiato sulla sedia. Lo aprii e feci scorrere gli occhi sulla calligrafia ormai conosciuta: "Mi farei colpire da mille palloni per te. Tuo E."

Davvero stanca. 

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