Dannata pioggia

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Durante la lezione di chimica, quel pomeriggio, continuavo a domandarmi dove avrei mai trovato il coraggio di parlargli di una cosa del genere. Però Benedetta aveva ragione, tutti gli indizi portavano a lui, doveva essere lui.

Il professore blaterava, spiegando chissà quale processo e Elia prendeva appunti diligentemente, al contrario di me che invece continuavo a lanciargli occhiate curiose, cercando di scoprire se fosse lui E, semplicemente osservandolo.

"Perché mi fissi?" chiese ad un tratto, riportandomi alla realtà e constatando che le mie occhiate non erano poi così discrete come credevo.

Mi schiarii la voce e distolsi lo sguardo, evitando di rispondere. Allora Elia spostò gli occhi dal suo quaderno per poggiarli sul mio e si rese conto che non avevo scritto neanche una riga. 

Mi affrettai a chiuderlo per non essere sgridata, ma lui fu più veloce e bloccò il mio movimento, tornando a poggiare la pagina vuota di fronte a me.

"Qual è la formula del glucosio?" mi interrogò, indicando con l'indice il foglio immacolato del mio quaderno. Presi in mano la penna e feci per scrivere qualcosa, poi mi bloccai, pensierosa.

Elia sospirò sconfitto e mormorò: "Ne stava parlando il professore in questo preciso istante. Dov'eri?"

Ferma sulla tua immagine?

Lentamente cominciai a tracciare degli scarabocchi sulla pagine a infine azzardai con Na2S, rivolgendo poi uno sguardo preoccupato a Elia, che rimase impassibile a fissare ciò che avevo scritto. Ma quando i muscoli della sua mascella si tesero, capii di aver fatto un errore.

Si voltò verso di me irritato e spiegò: "Questa è quella del Solfuro di Sodio"

Ecco dove l'avevo già sentita! Me l'aveva mostrata lui a ripetizione. Decisamente non avrei dovuto scriverla in quel momento. Era tutta colpa di E. o per meglio dire Elia.

"Questo sabato dovrai impararle tutte. La prossima settimana abbiamo una nuova verifica, per allora dovrai essere pronta" concluse il ragazzo, tornando a prestare la sua attenzione al professore e lasciandomi a crogiolare nella mia ignoranza.

Dovevo evitare assolutamente di fargli prendere un altro quattro. E dovevo evitarlo anche per il mio rendimento scolastico.

Quando la campanella suonò alla fine delle lezioni, presi lo zaino e mi attardai davanti alla macchinetta automatica, comprando un succo alla pesca per darmi un po' di energia. Benedetta era scappata a lezione di Tip Tap, perciò avrei preso l'autobus da sola, dal momento che Enrico non tornava quasi mai con me.

Mi avviai con calma verso l'uscita e solo quando attraversai le porte a vetri, mi resi conto che stava diluviando. Certe volte mi chiedevo davvero in che mondo vivessi, come avevo fatto a non notarlo?

Mi fermai sotto la tettoia, osservando il cielo scuro e la pioggia che cadeva abbondante e rabbrividii dentro il mio vestitino leggero. Il tempo poteva mai cambiare così rapidamente nel giro di una giornata? E ovviamente non avevo nulla con cui ripararmi.

Proprio mentre maledivo il cielo, Elia apparve al mio fianco e si fermò, guardandomi in maniera enigmatica e chiese: "Non hai un ombrello?"

Scossi la testa desolata, ma in fondo era contenta, potevamo aspettare insieme che smettesse di piovere e avrei potuto approfittarne per indagare ulteriormente.

"Peccato" mormorò lui, sollevando il braccio e mostrandone uno nero, che aprì sopra la sua testa. Lo fissai sbalordita, davvero voleva andarsene lasciandomi qua senza nessun aiuto?

"Lo vuoi?" domandò invece, avvicinando il manico verso di me e piegando la testa di lato, in attesa di una risposta.

Allungai una mano per prenderlo e stavo per ringraziarlo quando lui lo tirò nuovamente dalla sua parte e, con espressione seria, concluse: "La prossima volta rispondi correttamente alle domande"

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