Porta i libri

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La lezione di inglese fu difficile da seguire, ma fortunatamente era una delle poche materie dove non riscontravo problemi, perché i miei genitori mi avevano aiutata fin da piccola a imparare questa lingua. Perciò mi presi la libertà di fantasticare sugli ultimi avvenimenti. 

Lo facevo anche durante le altre ore, in realtà, nonostante non fossi altrettanto brava. Ma come potevo concentrarmi quando avevo un ammiratore segreto e tre fantastici candidati? 

Fui contenta quando suonò la campanella che annunciava la pausa pranzo e, prima ancora di salutare Benedetta, che era entrata alla terza ora, la afferrai per un braccio e la trascinai lungo il corridoio, aggiornandola su quanto era successo.

"Anche ammesso che uno di loro sia davvero il tuo E." disse lei, appoggiata contro al muro esterno dell'edificio, nel cortile interno della scuola "Chi di loro ti piace?"

Solo quando la mia amica mi fece quella domanda, mi resi conto che non ci avevo mai pensato seriamente. Insomma erano tutti dei bei ragazzi, molto diversi tra di loro, tuttavia attraenti in egual modo. Non potevo scegliere!

"Mi piacciono tutti e tre" risposi semplicemente, distogliendo lo sguardo da Benedetta perché sapevo che disapprovava questo mio comportamento ingenuo.

"Non puoi innamorarti di ogni bel ragazzo. Non ti è bastato quello che è successo nella tua vecchia scuola?" tornò a dire lei, lasciandomi basita per la frase appena pronunciata.

"Quella era una questione del tutto diversa" replicai risentita, cercando di chiudere definitivamente l'argomento. Non volevo riaprire una vecchia ferita.

"Il problema è che non sai cosa vuol dire provare dei veri sentimenti per qualcuno" sentenziò duramente Benedetta e accusai il colpo come se mi avesse davvero colpito con qualcosa di affilato e non con semplici parole.

La fissai per un lungo momento, aspettando una scusa da parte sua, che però non arrivò. Come poteva credere che le mie emozioni fossero sempre superficiali?

Nessuna delle due parlò, così poco dopo le voltai le spalle e rientrai nella scuola, marciando in corridoio diretta verso il bagno con un groppo in gola e un peso sul cuore.

Mi ero arrabbiata con la mia amica, ma in fondo ero più furiosa con me stessa perché sapevo che lei aveva ragione. Non avevo idea di cosa fosse l'amore e finivo sempre per illudere me stessa, accontentandomi del semplice affetto o anche meno.

I miei sentimenti non erano mai così profondi come volevo credere. E allora cosa voleva dire amare davvero qualcuno?

Rimasi chiusa in bagno finché non mi calmai, ma non avevo nessuna voglia di andare alla mensa, così mi avviai in classe, ricordandomi che avevo una merendina nello zaino.

Una volta arrivata al mio banco, frugai nella tasca e trovai ciò che stavo cercando, ma apparve anche un bigliettino piegato, che ormai avevo imparato a riconoscere.

Mi guardai intorno, sperando di cogliere qualche movimento o qualche indizio, ma era tutto normale. Feci un profondo sospiro e aprii la carta, rivelando una nuova scritta: "La tua pelle, sotto le mie dita, morbida come una pesca. Tuo E."

Immediatamente la mia mentre ricordò tre avvenimenti: il succo alla pesca di Elia, le pesche sul pavimento del supermercato con Enrico, la crostata di pesche insieme a Edoardo.

Se le pesche erano la chiave, allora chi accidenti era questo E.?

Nonostante quello che aveva detto Benedetta, non potevo lasciar perdere. Non volevo lasciar perdere. Era la mia occasione di trovare l'amore, perciò decisi che avrei indagato maggiormente, dovevo scoprire qualcosa in più sui tre ragazzi.

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