L'orgoglio di più

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La mattina seguente, ero ancora un po' gonfia, ma avevo cercato di mascherare il tutto con del trucco e mi ero accontentata del risultato. Speravo comunque di non incontrare Enrico sull'autobus, ma come sempre, le mie preghiere non furono ascoltate. Appena messo piede sul mezzo lo vidi in piedi, in tutto il suo splendore, con un sorriso gentile rivolto al mio indirizzo.

Mi avvicinai insicura e restai impalata vicino a lui, dal momento che non c'era nessuno posto libero per sedersi.

"Cos'è successo?" domandò preoccupato, facendomi capire che il mio impegno davanti allo specchio era stato inutile.

"Ho avuto un piccolo incidente" mi giustificai, distogliendo gli occhi dai suoi.

"Fa male?" continuò lui, visibilmente in apprensione per me.

Intanto l'autobus era partito e io non avevo trovato un sostegno sicuro, perciò barcollai sul posto, restando in equilibrio per miracolo.

Quando mi ristabilii, risposi alla domanda di Enrico "Poco" e intanto pensai tra me e me "l'orgoglio di più."

Enrico non si era mosso di un millimetro, ancorato com'era alla maniglia che pendeva dal soffitto. Sollevai la testa per osservare quell'appiglio e proprio in quel momento Enrico allargò il gomito verso di me dicendo: "Attaccati al mio braccio"

Rimasi pensierosa, un po' imbarazzata da quell'invito, e cominciai a balbettare: "Tranquillo non ser..."

Ma in quel momento l'autobus effettuò una brusca frenata e sentii i miei piedi perdere aderenza con il pavimento. Senza pensarci mi aggrappai al braccio di Enrico e mi strinsi a lui più del dovuto, realizzando solo in seguito quello che stavo facendo. 

Alzai gli occhi su di lui e lo trovai con lo sguardo fisso davanti a sé, come se non avesse visto la mia goffaggine, ma sulle labbra aveva un sorriso divertito. Non sarei mai riuscita a darmi un contegno davanti a lui.

Una volta arrivata a scuola, raccontai a Benedetta cos'era successo il giorno precedente, soffermandomi brevemente sull'incidente del pallone sul mio naso, ma ciò non bastò per contenere le sue risate, che stavano ignorando lo stato triste nel quale mi trovavo da quasi un quarto d'ora.

"Non ridere Benny, è stato umiliante" la pregai, abbandonando la testa sulle braccia, stese lungo il mio banco.

"Almeno ha detto di voler essere tuo amico" cercò di consolarmi lei, trattenendo una nuova ondata di risate.

"Che magra consolazione" sospirai, voltando la testa verso sinistra per osservare il cielo oltre la finestra. La mia visuale però fu invasa da qualcosa che apparve davanti ai miei occhi: succo di pesca.

Sollevai di scatto la testa e notai che Elia era in piedi, poco distante da me, con lo zaino ancora in spalla e la sua solita espressione impassibile.

"È per me?" domandai sorpresa, prendendo la confezione tra le mani e osservandola stupita.

"Io non posso berlo, ricordi?" disse il ragazzo, guardandomi con ovvietà.

"A cosa devo l'onore?" provai a scherzare, fissandolo negli occhi.

Elia spostò le sue pupille dalle mie e osservò il mio viso, poi dichiarò: "Al tuo naso"

Mi portai subito una mano davanti alla parte del corpo incriminata e avvampai. Era davvero così male il mio aspetto?

Elia sollevò leggermente le labbra all'insù e poi si avviò verso il suo posto, ponendo fine alla conversazione.

Tornai con l'attenzione sul succo e pensai che forse per qualcun altro poteva sembrare un gesto insignificante, ma per Elia era eclatante, perciò accolsi il regalo con un sorriso sulle labbra.

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