Cosa succede?

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Il giorno dopo arrivai a scuola in anticipo perché la notte non trovavo riposo, presa com'ero a ripetere nella mente gli scarsi indizi che avevo su E.

Stava diventando un'ossessione, e solitamente mi facevo interi viaggi mentali per molto meno, quindi questa storia dei bigliettini d'amore era come buttare benzina sul fuoco.

Nel mio cuore stava divampando un vero e proprio incendio e stava prendendo il controllo di tutta la mia persona e anche del mio rendimento scolastico. Certe volte mi sorgeva il dubbio di essere un po' troppo frivola, ma poi non restavo a soffermarmici troppo.

Mi avviai alla macchinetta automatica e comprai un succo di frutta alla pesca e, proprio mentre mi chinavo per raccoglierlo, sentii una voce alle mie spalle: "Ti ho detto che sono allergico alla pesca. Prendimelo alla mela"

Mi voltai con la confezione in mano e adocchiai Elia sul primo gradino della scala che portava al piano superiore, mentre mi fissava con la sua solita espressione seria che sapeva farmi sentire terribilmente imbranata.

Mi schiarii la voce, imbarazzata per il malinteso e sussurrai: "In verità, non l'ho preso per te. È per me"

Il ragazzo rimase impassibile, con lo sguardo fisso su di me poi, sempre con il suo tono calmo, disse: "Lo so, Liv. Stavo scherzando"

Si voltò e cominciò a salire le scale, ma intravidi le sue labbra di profilo, sollevarsi divertite. Mi stava prendendo in giro! Un momento...

Mi aveva chiamato Liv?!

Rimuginai tutto il giorno sull'avvenimento della prima giornata e quando il professore mi chiamò alla cattedra per interrogarmi in storia, non azzeccai neanche una data e tornai al banco con un nuovo cinque sul libretto. Questo ammiratore segreto cominciava ad essere un problema, o forse il problema ero io?

***

Uscii da scuola con un peso sul cuore e decisi che quella sera avrei passato tutto il tempo sui libri e non avrei pensato nemmeno per un secondo a E.

Intanto mi stavo recando al corso di cucina, almeno quello mi avrebbe risollevato un po' il morale, se non avessi combinato un disastro con le uova anche questa volta.

Raggiunsi la mia postazione e infilai il grembiule sopra i vestiti, studiando gli ingredienti che avevo davanti a me e i miei occhi si illuminarono quando notai delle pesche. Ma riuscii a trattenere il brontolio del mio stomaco ed evitai di mangiarle.

Edoardo arrivò in ritardo, quando la Signora Rosa aveva già cominciato a spiegare il procedimento per preparare la crostata alle pesche, ma io non ci feci troppo caso perché ero davvero concentrata sulla ricetta.

Questa volta volevo far bene e creare qualcosa di buono o almeno commestibile. Mescolai i vari ingredienti tra loro, per formare la pasta frolla e la lavorai seguendo le istruzioni della nostra insegnante, poi passai alla frutta e cominciai a tagliare le pesche, ma proprio in quel momento sentii qualcuno alle mie spalle che mi chiamava a bassa voce.

"Ehi, uovo" mormorò Edoardo, allungandosi sul suo bancone per farsi sentire maggiormente.

Non mi stava per niente bene quel soprannome e non volevo distrazioni, come la volta precedente, perciò decisi di ignorarlo e continuai con il mio lavoro, ma poco dopo lui tornò a farsi sentire.

"Angelo, angelo mio" sussurrò, trascinando l'ultima vocale per attirare la mia attenzione e facendomi tornare alla mente il suo viso a pochi centimetri dal mio e il suo fiato sul collo sei un angelo.

Per poco il coltello non andò a conficcarsi nel mio pollice, così chiusi gli occhi, feci un respiro profondo, scacciai tutta la mia immaginazione, vera o falsa che fosse e tornai alla mia frutta.

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