Otto e mezzo

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Il giorno dopo decisi di scrivere un messaggio sia a Edoardo che Elia per invitarli al concerto, ma pensai di non farne parola con Enrico, volevo fargli una sorpresa, e sperai che anche suo padre non dicesse nulla che potesse compromettere la mia amicizia con il ragazzo.

Quando varcai la soglia della classe, ero abbastanza allegra perché stava per cominciare l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive, ma ciò che bloccava la mia euforia era l'incontro con Elia e il voto di chimica.

Il professore aveva chiesto di andare da lui in laboratorio durante la pausa pranzo per ritirare le valutazioni e tremavo dalla testa ai piedi. Se avessi fatto prendere un'altra insufficienza a Elia, mi avrebbe sicuramente insultato e inoltre avrei dovuto fare l'esame di riparazione a settembre.

Passammo la mattinata in classe a segnare i compiti estivi che avremmo dovuto svolgere e dopo aver pranzato con tutti come sempre, cancellando dalla mia testa entrambi i baci per evitare di creare ulteriore tensione al tavolo, mi recai con Elia al laboratorio di chimica.

Proprio mentre percorrevamo il corridoio che conduceva alle scale, incrociammo un gruppo di studentesse che venivano verso di noi con passo sicuro. Da lontano non mi allarmai, ma appena furono abbastanza vicine, l'ansia prese il sopravvento sul mio stato d'animo: erano le ragazze del bagno!

Mi guardai intorno, alla ricerca di una via di fuga, ma loro si stavano avvicinando inesorabilmente e non potevo fuggire in nessuna direzione senza essere notata, così strinsi i denti, chiusi gli occhi e istintivamente afferrai un lembo della maglietta di Elia che procedeva al mio fianco, sperando di non essere vista per qualche magico motivo.

Ovviamente non fu così, sentii dei commenti acidi rivolti alla mia persona, riconobbi la voce della brunetta che diceva: "Gli sta sempre intorno" e poi quella della bionda che rispondeva: "È proprio una gatta morta"

Immaginai le loro occhiate malefiche, ma sapevo che non avrebbero fatto nulla perché c'era anche Elia e sicuramente non volevo montare scenate e rischiare di fare brutta figura davanti a lui, perciò per il momento ero salva.

Avevo paura di ipotizzare quando si sarebbe attuata la vendetta.

"Liv" la voce di Elia mi riportò alla realtà e lentamente sollevai le palpebre, rendendomi conto che eravamo fermi in mezzo al corridoio, io con una smorfia in faccia e la mano ancora ancorata saldamente ai vestiti del ragazzo.

"Scusa" mi affrettai a dire, mollando la presa e riportando il mio sguardo avanti.

"Cosa succede?" chiese Elia sospettoso, spostando la sua attenzione da me alle ragazze che ormai erano quasi oltre l'angolo opposto.

"Niente" replicai con rapidità, troppa rapidità, riprendendo a camminare.

"Non sei capace di dire le bugie" sottolineò lui, raggiungendomi e cavolo... aveva dannatamente ragione!

"È solo un malinteso" riprovai, questa volta con più sicurezza nella voce, ma appena mi tornò alla mente il ricordo del nostro bacio, questa sparì del tutto, lasciando spazio al disagio.

"Ti hanno chiamato gatta morta. È un malinteso che mi riguarda?" indagò ancora Elia, intuendo ciò che io avevo taciuto e costringendomi a restare in silenzio per mancanza di scuse adeguate.

Accidenti, era davvero bravo il ragazzo!

Aumentai il passo per sfuggire a quell'interrogatorio, ma Elia mi afferrò per un braccio, bloccando la mia marcia. Si posizionò davanti a me, senza lasciarmi e, fissandomi intensamente negli occhi, continuò: "Allora?"

"Forse" mormorai alla fine, non sapendo che altro dire e non riuscendo a sostenere quello sguardo penetrante.

Elia sospirò frustrato e si passò la mano libera nei capelli, come per schiarirsi le idee, poi riprese: "Perché non me l'hai detto?"

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