Era dove?!

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Chi è E.?

La voce di mio padre riecheggiò nella mia testa diverse volte, mentre il mio cervello cercava di ricostruire qualche collegamento. Avevo forse lasciato qualche biglietto in giro per casa?

Impossibile, custodivo tutti quanti quei tesori dentro una scatola in camera mia. Nascosta nell'armadio per ogni evenienza. Non poteva averli visti.

Mio padre smise di mescolare la pasta nella pentola e si girò verso di me perplesso, notando il mio prolongato silenzio.

"Cosa... Come...?" ballettai agitata, vagando con lo sguardo per la grande stanza, assicurandomi che tutto fosse al suo posto. E poi all'improvviso eccolo lì!

Sul mobile vicino all'ingresso c'era quel dannato foglio, spiegazzato e scritto con la solita grafia ordinata. Come avevo fatto a dimenticarlo proprio lì?

Ignorando l'espressione confusa di mio padre, mi precipitai verso l'oggetto incriminato e lo afferrai all'istante, ansiosa di scoprire quale della tanti frasi era capitata sotto gli occhi di uno dei miei genitori:"Sei al centro dei miei pensieri. Giorno e notte. Tuo E."

Un momento... questa poesia era nuova!

Mi voltai di scatto verso mio padre che aveva ripreso a cucinare e gli domandai con voce stridula: "Questo dove l'hai trovato?"

Lui tornò a guardarmi con una certa confusione negli occhi e poi disse: "Tesoro, stai tranquilla, credo sia una bella cosa che qualcuno ti ammiri tanto. Comunque era nella cassetta delle lettere"

Era dove?!

"Nella cassetta delle lettere?" ripetei a voce alta, stringendo il biglietto tra le mani.

Come poteva essere nella cassetta delle lettere?

La mia menta stava lavorando ad un ritmo frenetico mentre mio padre mi osservava pensieroso, probabilmente chiedendosi se non fossi pazza.

Nella cassetta delle lettere... Enrico! Era stato Enrico! Questa era la prova che stavo aspettando!

"Ah" esclamò papà ad un tratto, sollevando le sopracciglia come se un pensiero importante l'avesse colpito "Ho invitato il tuo amico a cena"

La mia testa tornò a concentratosi totalmente sull'uomo che mi stava di fronte con aria innocente, mentre tanti campanelli d'allarme iniziavano a suonarmi nelle orecchie.

"Quale amico?" domandai con voce tremante.

"Oh" rispose lui portandosi una mano sotto al mento "non gli ho chiesto il nome"

Lo fissai sbalordita. Aveva invitato qualcuno senza neanche conoscerlo! "Come sarebbe?"

"È il tuo compagno di scuola, quello che abita qua di fronte" spiegò infine, tornando a concentrasi sui fornelli.

Non era possibile...

Il panico cominciò a diffondersi nelle mie vene: "Come hai potuto invitarlo?!"

"Ero sul pianerottolo e mi ha aiutato con la valigia..." cominciò a dire, senza dare troppa importanza alla cosa, quando invece era fondamentale.

"E quindi hai deciso di portarlo a cena a casa nostra?" continuai, pensando a quanto una banale cena in famiglia sarebbe potuta diventare un disastro.

"Sì" rispose semplicemente mio padre, scolando la pasta nel lavandino.

Rimasi sconvolta dalla semplicità con cui stava ammettendo di aver invitato il mio potenziale ammiratore segreto a passare la serata con noi. Anche se lui non sapeva ci fosse questa possibilità.

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