La mia ex migliore amica

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Nonostante quanto lei fosse pericolosa, Sam era riuscito a convincere i membri del team a non trattar Chelsey come una minaccia: le avevano dato una camera come le altre, senza nessun tipo di videocamera, microspia, né sbarre o altri mezzi di contenimento.

Sam era cosciente del cambiamento che poteva recare in Alison Chelsey Hall la sua sola presenza, rendendola innocua. L'indeboliva.

Così, dopo aver consumato la sua rabbia, Sam bussò alla porta della stanza della ragazza.
«Avanti» si sentì pronunciare dall'interno. Lui aprì la porta chiusa, entrò nella stanza e la richiuse alle sue spalle una volta entrato.

«Alison Chelsey Hall» Sam la chiamò interamente.
«Sam Wilson, — la mora era stesa sul letto, indossava un vestito largo bianco che le procurato nelle prime ore di accoglienza. — Perché sei qui?» continuò, deglutendo a causa della paura che si faceva strada a farsi sentire nella sua pancia, nel suo intestino.

«Sai com'è, pensavo di averti persa per sempre. Me ne sono fatto una ragione e quando finalmente riesco a vivere la mia vita, ti ritrovo nella navicella spaziale parcheggiata nel giardino di "casa mia", catturata come prigioniera dai miei stessi colleghi. Cioè, cazzo, ti sarei stara fatta catturare da un procione. Piuttosto forte, ma pur sempre un dannato procione!»

Le scappò una risatina. Non era il momento adatto per ridere, lo sapeva benissimo, ma cosa poteva farci? All'interno di quella breve risata si poteva sentire tutto il nevoso che stava conservando in lei. «Se devo essere sincera, mi ha catturato l'albero. Quello che parla solo il Groot
Lui la guardò stranito. «Cos'è il Groot? E soprattutto, perché lo conosci? Capisci il Groot?»

«No, cioè, poco e niente.»

Sam sospirò. «Come ci sei finita su quel pianeta?»
Lei si rialzò mettendosi a sedere. Il suo sguardo era rivolto verso il basso, fissava il pavimento come se stesse cercando di ricordare qualcosa, ma puntualmente le sfuggiva il ricordo. Perché troppo lontano da raggiungere, troppo doloroso per prenderne coscienza.

«Ti sei arruolato. Te ne sei andato ed io non avevo più motivo per stare bene, non trovavo un senso a quel che facevo e alle mie giornate. Vivevo soffocata dalla monotonia e dal dolore. Conoscevi i miei problemi con me stessa, — Chelsey abbozzò un sorriso falso e forzato, fatto giusto per sentirsi più sollevata e non sprofondare nell'abisso di ricordi dolorosi. — Avrò fatto chissà quante risse. Ed una volta l'ho prese, o meglio: più di una volta. Però me lo ricordo, me lo ricordo benissimo quel giorno: le presi per l'ennesima volta e sono caduta a terra priva di sensi. Mi distrussero quella volta, e non solo perché fossi scarsa. Mi svegliai in una navicella spaziale con degli scienziati, mi hanno messo qualche tecnologia in testa, poi mi hanno lasciata andare come i cuccioli di animale quando sono pronti per affrontare il mondo. A quanto pare, io non lo ero.»

Sam sobbalzò. «T..Tecnologia? Tecnologia in testa? Di cosa stai parlando, Alison?» la guardò preoccupato. Lei sentiva lo sguardo dell'altro sulla sua persona, percepiva i suoi occhi pieni di paura e preoccupazione, ma non si girò mai a guardarlo.

«Ah, boh, — iniziò come se fosse una domanda qualunque a cui non sapeva dare risposta, l'inizio di una frase di un tipico adolescente svogliato. Ma lei non era un'adolescente da un po'. — Qualcosa di potenziato. Telecinesi. Posso controllare anche semplicemente col pensiero qualsiasi cosa: se volessi farti sedere accanto a me, mi basta anche solo pensarlo fortemente e tu sarai trascinato di fianco a me. È figo, guarda» guardò insistentemente la televisione posta sulla parete di fronte al letto. Questa si accese e il telecomando di essa iniziò a fluttuare fino ad arrivare sulle gambe della ragazza.

Sam aprì la bocca per la sorpresa. Doveva ammettere che non era solo sorpreso, ma ancor di più preoccupato e spaventato, anche affascinato.
«Non so se mi fa figo o mi preoccupa. Anzi, non so se sia più preoccupante ciò che sei capace di fare o le tue risposte da adolescente nervosa» commentò schiettamente. Era consapevole che doveva comunicarlo nell'immediato agli altri Avengers per evitare brutte sorprese nel loro futuro.

«Hai visto che figata?» sorrise lei a trentadue denti, guardando il vecchio amico.
«Tu, però, hai intenzione di andartene di qui?» gli chiese Sam mettendo da parte i suoi pensieri. Lei m scosse la testa, in segno di negazione.

«Sam, ho trovato te, sei il mio migliore amico. Non voglio perderti di nuovo, non potrei accettarlo o perdonarlo a me stessa.»

«È bello rivederti, Alison. Sei tanto cambiata» le disse guardandola negli occhi.

Finalmente si era girata.

«Il cambiamento è necessario, è sinonimo di crescita. Anche tu sei cresciuto, Falcon» gli disse abbozzando un sorrisetto malinconico.

Effettivamente, l'ultima volta che Sam l'aveva vista lei era in un periodo difficile della sua vita, a stento si sentiva bene con lui. Il suo cuore si sarebbe riempito di gioia in altre circostanze, ma in quel momento traboccava di preoccupazione.
Sapeva a cosa andassero in contro al minimo passo falso di lei.

«Sam, non chiamarmi Alison. Chiamami come vuoi: Al, Chelsey, ma non Alison» gli chiese prendendo un grande sospiro.

«Non odiavi il nome Chelsey?»

«Sì, lo facevo, ma Alison non esiste più. Io sono Chelsey.»

LA EX MIGLIORE AMICA DI SAMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora