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Ormai Lance lavorava per Alan da più di un mese, il lavoro procedeva spedito, lo scrittore era quasi alla fine del libro. I due erano riusciti a trovare un equilibrio lavorativo dal momento in cui il ragazzo aveva smesso di arrivare in ritardo. Spesso quando Lance era assorto nel ricopiare i vari capitoli, Alan lo osservava. Era incuriosito dal suo assistente. Era un ragazzo di poche parole, e quel lato del carattere gli piaceva, odiava le persone troppo chiacchierone, le volte in cui avevano interagito aveva notato nel giovane un irrigidimento della postura, come se avesse timore di lui. A parte qualche piccolo disastro, come lavorava gli piaceva, preciso e molto ordinato nel catalogare i vari appunti di idee per altri scritti. Alla fine si era ritrovato soddisfatto della scelta del suo editore. Anche quel giorno avevano concluso prima della fine dell'orario e Alan decise di invitarlo a cenare con lui.

-Mi dispiace, ma devo scappare a casa – mormorò raccogliendo le sue cose nello zaino, evitando lo sguardo di Alan.

-il tuo comportamento, mi fa pensare che hai paura di me – rispose con un sopracciglio alzato avvicinandosi al giovane

-ma no....non ho paura –

-bene, allora stasera sei mio ospite – ordinò uscendo dallo studio lasciandolo solo. Lance si mise le mani nei capelli, cosa avrebbe raccontato ai genitori? Non poteva non accettare, si sarebbe insospettito, quindi chiamò a casa la madre per dirle che avrebbe ritardato, evitò di raccontare la verità, conoscendola l'avrebbe accusato di volersi divertire, quindi usò come scusa il libro. La donna disse solamente di non far tardi perché non voleva occuparsi del nipote anche per metterlo a letto. Una volta chiusa la telefonata, raggiunse Alan in cucina, nel frattempo si era cambiato e si era messo una tuta comoda, era diverso in quel momento dallo scrittore tutto d'un pezzo, chiese se poteva aiutarlo a preparare qualcosa ma il padrone di casa scosse la testa; avrebbe pensato tutto a lui.

La cena si svolse tranquillamente, almeno all'apparenza, Lance ogni risposta che dava alle domande di Alan cercava di non tradirsi, data la giovane età non si era mai interessato di argomenti importanti come politica o finanza, lui si era sempre goduto l'adolescenza fino alla nascita di Jace, al pensiero del figlio divenne triste. Doveva tornare a casa. Facendo la figura di quello strano, si alzò dal tavolo, lo ringraziò per l'ottima cena; ma disse che aveva un' impegno improvviso. Ignorò lo sguardo perplesso del suo datore di lavoro, preso lo zaino ed uscì. Sfrecciò a tutta velocità per arrivare a casa, per un attimo quella cena gli era piaciuta, aveva visto Alan sotto un altro aspetto, e gli era piaciuto quello che aveva visto. Ma poi, il pensiero di suo figlio gli aveva ricordato i suoi doveri di padre, e non poteva permettersi di perdere la testa per nessuno. Jace era ancora sveglio, non era tardi ed era contento di poterlo coccolare prima di metterlo a letto. Lo sollevò dal seggiolone e se lo portò sul divano con se. Il padre spense la televisione, ultimamente quando lui entrava in una stanza l'uomo usciva.

-Papà, aspetta – la voce triste del ragazzo lo fece fermare – possiamo, parlare? –

-e di cosa? – Peter Dobson si voltò verso il figlio – Di quanto io e tua madre soffriamo? Di quanto siamo stanchi? –

-papà, anche io soffro! Credi che mi faccia piacere questa situazione? –

-Tu sei solo un ragazzino! – alzò la voce facendo agitare il bimbo, in quel istante sopraggiunse Theresa, prese il nipote dalle braccia di Lance e se lo portò via.

-Ragazzino!? – esplose guardando il genitore – sto facendo di tutto per mio figlio, ho un lavoro, mi sto dando da fare...

-il tuo comportamento ci ha ridotto in questo stato!. Hai sempre fatto quello che ti girava per la testa Lance. Quante volte io e tua madre ti abbiamo detto di non bere, di non frequentare certa gente, eppure mai una volta ci hai dato retta. Mai! –

- oh, non dirmi che tu qualche cazzata non l'hai fatta a sedici anni – esclamò sarcastico

-Non mi sono mai ubriacato a sedici anni, ne a venti ne a quaranta, e non ho mai messo incinta nessuno. Quindi non paragonarmi a te! la tua "bravata" adolescenziale, ha portato alla nascita di un figlio, un figlio che la madre, la tua amica di scopata non ha voluto. Un figlio che ha grossi problemi di salute, e non sai neanche per quanto potrà vivere! – Le lacrime di Lance scendevano copiose sul viso. – è inutile piangere, il danno è fatto. Ma non puoi pretendere che io e tua madre ci occupiamo a tempo pieno di tuo figlio. abbiamo già dato come genitori – concluse, ma il ragazzo non aveva finito di discutere, lo richiamò.

-So che per te e mamma, io sono un fallimento, so che mi tollerate, non mi avete buttato fuori di casa perché ne andrebbe della vostra reputazione. So che vi vergognate per ogni cosa che ho fatto. Non mi avete accettato quando vi ho detto di essere gay, vi vergognate di Jace perché è malato. Ma sto facendo il possibile per migliorare. Ho accettato la responsabilità fin da quando Marnie mi ha detto di essere incinta. – tirò su con il naso e continuò – ma non mi sono mai pentito della nascita di mio figlio. è difficile, lo so anche io, ma quando vedo i suoi occhi, il suo sorriso, vengo ripagato di ogni fatica papà, e ringrazio ogni giorno per la possibilità di averlo nella mia vita. E farò di tutto per lui; tu e mamma potete odiarmi, ma io vi ringrazierò sempre perché mi state aiutando. E lo apprezzo davvero tanto. Ma non mi arrenderò e lotterò sempre per mio figlio. – uscì lasciando il genitore solo in salotto. Jace era in camera sua, la madre seduta sul letto che stava piegando i vestiti del bimbo. Dopo un'occhiata ai due lasciò la camera e a quel punto Lance scoppiò a piangere stringendo a se il figlioletto. 

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