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Una volta soli, Alan lasciò il polso, aveva l'occasione di incazzarsi, di buttare fuori tutta la rabbia verso l'altro, ma l'unica cosa che fece, fu di guardarlo. Erano in piedi, uno davanti all'altro, mentre lo sguardo di Alan era furioso, quello di Lance mortificato. Erano passati cinque minuti, in cui nessuno dei due aveva preso l'iniziativa di iniziare il discorso. Alla fine stanco di una situazione più grande di lui, fu Lance a parlare per primo.

-Mi dispiace - furono le sue uniche parole,uscendo di fretta dalla stanza, lasciando Alan perplesso e stranito dal comportamento del ragazzo. Non contento lo seguì fin dentro alla camera di Jace, e per fortuna si era riaddormentato. L'infermiera prima di uscire disse di non fare rumore, altrimenti sarebbe stata costretta ad allontanarli dal reparto. Scusandosi Lance annui e si sedette nuovamente di fianco al figlio ignorando volutamente lo scrittore. Non aveva fatto i conti con la sua testardaggine, era lì per un motivo e sarebbe andato fino in fondo.

In quel silenzio, Alan si calmò lasciandosi trasportare dallo passare delle ore, sembrava che tutta la rabbia fosse in qualche modo diminuita. Ancora non aveva parlato con Lance, ma riuscì a capire che quello non era il momento adatto. Lance era davvero preoccupato per il figlio.

-so di aver sbagliato – mormorò improvvisamente a bassa voce, e per un momento Alan pensò di aver sentito male. – mi dispiace averti mentito, ma non potevo rinunciare all'opportunità di lavorare – non lo aveva guardato in viso neanche una volta, la voce di Lance appariva stanca e spenta. E Alan non seppe cosa dire, tutto quello che aveva pensato di dire e di fare, fu messo a tacere dalla voce di Lance. Si allontanò dal lettino del figlio, per evitare di svegliarlo. I farmaci che gli somministravano lo facevano dormire parecchio e Lance era distrutto, non riusciva a dormire ne a mangiare,ed era da solo ad affrontare tutto il calvario del figlio.

-so – riprese questa volta guardandolo in viso – di essere una nullità, di essere un fallito, un incosciente, un irresponsabile, un bugiardo – e mentre lo diceva le lacrime trattenute fino a quel momento sgorgarono dagli occhi. Alan fece per avvicinarsi ma Lance si allontanò - ho fatto solo errori nella mia vita, la mia nascita...per i miei un errore. Che vuoi che ti dica Alan? – domandò sarcasticamente allo scrittore il quale rimase in silenzio. – vuoi la verità? Perché non chiami i miei genitori? Loro potrebbero farti sapere ogni cosa di me. perché so che crederesti a due adulti responsabili, invece che a un ragazzo di diciotto anni. Hai capito bene... ne ho diciotto e non ventiquattro come te!

-vorrei sapere da te la verità, per poterti credere. Sono abituato a ragionare con la mia testa e a chiedere alla persona interessata, e non terzi. Quindi - Alan prese posto sulla poltroncina, indicando con la mano l'altra e facendo segno a Lance di sedersi. – sono tutto orecchi – esclamò con un cenno di sorriso.

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