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La casa era immersa nel silenzio, l'unico suono proveniva da un vecchio pendolo posizionato nell'ingresso della villetta. L'abitazione era su due piani, l'ingresso, dove oltre al pendolo, sulla sinistra della porta c'era una specchiera e dietro di essa un armadio usato per riporre cappotti, vicino una piccola scarpiera e vicino al pendolo si trovava un porta ombrelli in ferro battuto. A destra invece, un enorme salotto, nel mezzo un divano in pelle circondato da due poltrone, tra divano e poltrone un elegante tavolino in cristallo. Una parete teneva tutta una vetrina con vari soprammobili, tre le due finestre invece c'era una piccola libreria, infine dalla parte opposta un camino completava l'ambiente. Proseguendo dal corridoio, si arrivava alla cucina, arredata con mobili classici, semplici e completi di ogni elettrodomestico. Sullo stesso piano c'era lo studio, oltre ai due tavoli, c'erano due divani con i rispettivi tavolini, un altro camino, più piccolo di quello del soggiorno, e un'enorme libreria. Annesso allo studio un piccolo bagno. Per finire al piano terra c'era un altro bagno. Al piano superiore c'erano quattro camere da letto, ogni camera aveva un suo piccolo bagno personale, più uno sgabuzzino. L'orario segnava le 17 e Alan era fuori da circa mezz'ora. Annoiato Lance si girò tra lo studio, guardando i vari libri nella libreria, si chiese se li avesse letti tutti. Ne prese uno, era un libro di Jane Austen, orgoglio e pregiudizio, sfogliò qualche pagina, su molte c'erano delle annotazioni, ma non era la calligrafia di Alan, ormai la conosceva a memoria, a inizio libro un nome Karin. Era scritto con una grafia delicata, si chiese chi potesse essere quella Karin. Lo rimise a posto, sentendosi in colpa per curiosare tra le cose di padrone di casa. Preso da una forte curiosità, il ragazzo decise di andare al piano di sopra. Senza fare rumore, anche sei era in casa da solo, salì le scale. La prima porta che aprì era una camera da letto, probabilmente non del padrone di casa, sembrava una camera d'albergo per quanto fosse impersonale, la richiuse, e aprì la seconda porta, davanti alla prima, e anche quella non rivelava nulla. 

La terza camera risultò essere di Alan, nell'aria si sentiva il profumo che usava. L'enorme letto era in mezzo, di lato l'armadio prendeva tutta una parete, aprì le ante. I vestiti erano ordinati, si chiese se fosse lui a sistemare il tutto o questa fantomatica Karin. Si chiuse la porta alle spalle e andò all'ultima porta, la aprì lentamente, rimase a bocca aperta per ciò che vide. Una cameretta arredata per un bimbo piccolo. Il lettino con le sponde, il fasciatoio appoggiato al muro vicino al bagno. Varie mensole con giochi e una piccola libreria con tanti libri di fiabe, ne prese uno e lesse la dedica Al nostro piccolo Jimmy con amore papà e mamma. Era sorpreso, tanto da non accorgersi della porta di ingresso aprirsi e il rumore di passi che si avvicinavano.

-Cosa stai facendo? – tuonò Alan, per lo spavento Lance fece scivolare dalle mani il libro che teneva in mano. Sul viso un'espressione colpevole, fece per raccogliere il libro, ma la voce arrabbiata del padrone di casa lo bloccò

-ti ho chiesto che stavi facendo! - Lance si raddrizzò, dallo spavento non riusciva a connettere neanche una parola di scuse. La freddezza che aveva nella voce e nell'espressione del viso gli fecero paura. – Muoviti! Rispondi! – si avvicinò minaccioso prendendolo per un braccio lo trascinò al piano di sotto. Lance cercò a quel punto di scusarsi.

-Mi dispiace, non avrei dovuto curiosare. Perdonami Alan.

-Dovevi solo fare una cosa, il tuo piccolo cervello non ti ha consigliato di non curiosare nelle case degli altri?. Cosa non hai capito quando ho detto che il tuo raggio di movimento era il piano inferiore? –

-lo so , lo so ho sbagliato. Mi spiace, ma non credi di star esagerando? Non ho rubato niente. Puoi controllare se vuoi.

-Non vali niente!. Ho dato fiducia alla persona sbagliata – a quel punto gli occhi di Lance si riempirono di lacrime. Aveva sbagliato, se ne rendeva conto, ma non credeva di meritarsi tutta quella cattiveria. Di persone che gli ricordavano che non valesse niente ne aveva e aveva accettato la cosa, ma sentire di non valere niente per lui, lo faceva star male. Senza dire niente, scoppiando in lacrime scappò da quella casa, allontanandosi più in fretta possibile dalla voce accusatoria di Alan.

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