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- Nonnaaaaaa, nonnooooo – le urla di Jace alla vista dei coniugi Byrne fecero girare diverse persone in aeroporto, ma al bambino non interessava, voleva correre incontro alle persone che ormai considerava dei nonni. E August Byrne lo abbracciò con affetto, subito ricambiato dalla moglie. Avrebbero alloggiato a casa dei coniugi Byrne, la villetta di Alan non era stata più aperta da quando era partito; ed era rimasto tutto come l' aveva lasciata. Alan era sicuro di quello che provava per il suo ragazzo, quindi decise, durante il periodo in cui sarebbero stati a New York, di fare un cambiamento, avrebbe tolto dalla villetta la presenza di Karin e Jimmy e avrebbe usato la casa di New York per le vacanze. Con quel pensiero, una volta portati i bagagli a casa dei genitori, sistemato il piccolo Jace; decise di portare Lance a casa sua. Ed ora erano fuori alla villetta. Si sentivano emozionati, Alan si sentiva sulle montagne russe, sentiva di fare la cosa giusta, e l'istante dopo di sbagliare tutto. La parte razionale gi suggeriva che era arrivato il momento,ma più ci pensava più aveva paura. Entrarono mano nella mano, la casa immersa nel buio e nel silenzio mise addosso ai ragazzi tanta tristezza. Lance evitò di salire al piano di sopra, ricordandosi la sfuriata del ragazzo di fianco a lui. Come letto nel pensiero Alan lo strinse a se scusandosi per quella volta. Lance gli sorrise dolcemente.

-ti ringrazio per quello che stai facendo per me – disse Alan aprendo uno degli scatoloni che avevano portato. – insieme ce la farò a mettere via le cose di Karin e Jimmy.

-non sei obbligato a farlo se ancora non te la senti. Capisco che possa essere difficile.

-è giusto e forse anche arrivato il momento. Questa casa possiamo usarla per quando veniamo a trovare i miei nelle vacanze. – disse baciandolo - So che la tua vita è a Galway, e anche a me piace vivere lì. – mormorò per poi aggiungere Forse dovremmo pensare di allargare casa, non credi? –

-la mia casa alla fine è dove sei tu. – rispose – hai fatto davvero tanto in questi mesi per noi. mi rendo conto della fatica che fai per lavorare. E te ne sono grato che non mi hai mai fatto pesare nulla. Io, volendo potrei trovare lavoro in un qualunque ospedale.

-amore, io posso lavorare in ogni posto, mi basta una connessione internet abbastanza veloce.

-dove abitiamo adesso non c'è.

-Lance, ascoltami – disse Alan - ho capito cosa stai dicendo, ma non voglio stravolgere la tua vita, quella di Jace e si anche quella della belva, ma per voi sarebbe troppo un cambiamento drastico. Jace è abituato a correre fuori senza pericoli. Qui a New York non potrebbe farlo. E Flex ? non avrebbe abbastanza spazio.

-io ho bisogno di una famiglia – rispose e Alan per un attimo non capì cosa stesse dicendo – quando Jace è corso incontro ai tuoi genitori mi è salito un nodo alla gola indescrivibile, ha bisogno di loro come io ho bisogno di loro che mi facciano anche da genitori. Sento la necessità anche di essere figlio e non solo padre o compagno. Non so se mi sono spiegato.

-ti sei spiegato benissimo. Direi di parlarne tutti insieme come una famiglia e valuteremo i pro e i contro. – disse commosso al pensiero che Lance avesse preso in considerazione l'idea di un possibile trasferimento. – ora iniziamo a mettere via, altrimenti non finiremo per cena, e mia madre ci assillerà - insieme i due iniziarono dal salotto, togliendo foto, libri e oggetti appartenuti alla moglie. Lance prese una fotografia, era davvero molto bella, in quella foto era vicino ad Alan, entrambi sorridevano all'obiettivo, in un'altra erano con il piccolo Jimmy. Tolse le foto dalla cornice e non seppe spiegarsi il motivo del gesto, ma se le mise in tasca. Si fermarono per un breve spuntino per poi riprendere subito dopo. Aveva notato gli occhi lucidi di Alan ad ogni oggetto mentre lo riponeva negli scatoloni. Gli si strinse il cuore nel vederlo ancora addolorato. L'aveva amata molto e dentro di sé provò gelosia, assurda, se ne rendeva conto, ma Lance sapeva in cuor suo di non essere al primo posto nel cuore e nei pensieri del compagno. Controllato da basso, salirono al piano di sopra e prima di entrare nella cameretta di Jimmy, Alan si fermò, chiedendo di poter entrare da solo. Lance annui, era un momento delicato e vedere che non aveva bisogno di lui, gli fece male. Dopo un'ora in cui aveva aspettato, e non avendo percepito nessun rumore provenire dalla cameretta, aprì e lo trovò seduto sulla sedia a dondolo con una copertina in mano che singhiozzava

-non riesco, non ce la faccio a togliere le sue cose. Perdonami.- singhiozzò portandosi al naso la coperta con la speranza di avvertire ancora il profumo. A Lance gli si inumidirono gli occhi e si avvicinò inginocchiandosi. Gli toccò le ginocchia e fece in modo farsi vedere.

-non è necessario togliere le cose appartenute a Karin e Jimmy – gli disse convinto – voglio vederti sereno, e quando verremo a New York io posso benissimo vivere in questa casa con te e con il loro ricordo.

-sei buono, ma non è giusto nei tuoi confronti. –

-tu lo sei, - disse Lance - perché hai accettato tutto quello che era mio, mio figlio, il mio cane, il mio lavoro; tutto senza mai lamentarti. Voglio fare qualcosa per te. – poi come colpito da un'idea pazzesca disse – e se adottassimo un bambino? – A quella proposta l'espressione di Alan fu di vero stupore. E prima di sentire il rifiuto spiegò a cosa avesse pensato – sono sicuro che Karin e Jimmy non vogliano che questa casa, la vostra meravigliosa casa sia abbandonata, e so che Jimmy sarebbe stato un bambino meraviglioso e sono convinto che vorrebbe che tutte le sue cose andassero ad un altro bimbo per farlo felice. Ecco perché ho pensato impulsivamente all'adozione. – concluse e ripensando alla proposta, vedendolo pensieroso si affrettò a tornare sui suoi passi, dicendogli di dimenticarsi dell'assurdità di quell'idea. Invece vide l'espressione di gioia sul volto di Alan. Ma gli disse che non voleva adottare un bambino, voleva essere il padre naturale del futuro nascituro e gli disse che avrebbero cercato una madre surrogata. In quel momento Lance percepì una strana sensazione, ignorando l'ansia che stava provando, sorrise al compagno e tornarono a casa.

SCUSATE la lunga assenza, vedremo di portare a termine questa storia.

A dir la verità, ci spiace constatare che a nessuno è venuta la voglia di commentare o mettere la stellina. In ogni caso concluderemo la storia nei prossimi giorni. 

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