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POV LANCE

Non so quanto di quello raccontato fin ora avesse capito, comunque voglio finire di raccontare, per una volta nella mia vita, voglio essere sincero, con quello che racconterò adesso, probabilmente mi troverà schifoso, se mi faccio schifo da solo, figuriamoci cosa potrebbe pensare lui.

- in quei mesi in cui ho lavorato con te – continuo a parlare – mi sentivo utile, per qualcuno che non fosse mio figlio. Ogni mese fare il bonifico ai miei, con la mia paga, mi faceva sentire adulto e responsabile nonostante le bugie dette. – Prendo fiato, controllo il suo viso per cercare di interpretare le sue espressioni. E'difficile capire cosa Alan sta pensando, abbasso la testa, forse stò perdendo il mio tempo a spiegare come mi sia sentito a mentire.

-continua – dice, e la sua voce non è più alterata, anzi quasi è dolce. Ed è la prima volta da che lo conosco in cui mi parla con tranquillità

-mi rendo conto di non avere scusanti, anche per aver curiosato in casa tua – ammetto vergognandomi. Alan sospira, ho toccato il tasto dolente, il motivo per cui mi ha cacciato da casa. – ero curioso, lo ammetto. Volevo conoscere la persona che si nascondeva dietro allo scrittore. Non avrei dovuto, lo so. Quando mi hai licenziato ... lo vedo che sgrana gli occhi sorpreso per ciò che ho appena detto.

-licenziato? Esclama – ti sbagli, ero incazzato, ma non ho mai detto che ti avrei licenziato – mi dice convinto – hai deciso tu di non presentarti al lavoro.

Mi vergogno, ancora una volta ho preso decisionisbagliate per la mia vita. Scoppio a piangere. non riesco a non farlo, non miinteressa se lui mi considera infantile. Sento la sedia spostarsi e mi sentoavvolgere da un caldo abbraccio. Mi aggrappo a lui, ho bisogno che qualcuno miguidi. Da solo non riesco a crescere. Quando mi rendo conto del sentimento chesto provando in quel momento mi allontano. Mi asciugo gli occhi e soffio ilnaso, gli faccio un sorriso imbarazzato. Infine gli rivelo l'ultima parte dellamia storia, la più recente, la più schifosa, dove facevo godere deglisconosciuto per avere dei soldi. 

POV ALAN

Istintivamente lo abbraccio, ascoltare la sua storiami ha fatto male al cuore, un ragazzo cresciuto senza l'affetto dei genitori.Io per lo meno fino al matrimonio con Karin, avevo una famiglia. Certo, allafine ho chiuso i ponti con i miei dopo l'ennesima discussione. Loro eranocontrari che sposassi una ragazza comune e non una appartenente alla nostraclasse sociale. Per i mio padre contavano ancora i ranghi sociali. La famigliadi mio padre erano tutti conti, e se nel corso degli anni il titolo perdeva diimportanza, per lui no. Mia madre era stata l'eccezione, nonostante fosse unaragazza umile, ai miei nonni paterni la dolce Francine, piaceva, solo perché asua volta era stata cresciuta con l'idea della moglie sottomessa al marito. Ecosì era stato, mia madre obbediva in tutto e per tutto a mio padre. Nella miavita non l'avevo mai vista combattere per qualcosa in cui credeva. E quandoconobbi Karin e la sua famiglia capì che l'amore era un'altra cosa. Passare deltempo con loro, cambiai e in meglio, imparai a divertirmi quando uscivo con leie i suoi amici e presto diventarono anche i miei. Ero felice. Fino a quelmaledetto giorno. Mi stacco da Lance, non voglio farmi vedere debole da lui. Aparte Morgan, nessun'altro a visto il mio lato debole. Cerco di concentrarmi sudi lui. Mi scuso per avergli urlato dietro quel giorno, se gli avessi datol'opportunità di spiegarsi, non sarebbe successo niente. Tra noi cala unsilenzio, ma a differenza di prima, non è teso, senza che me ne accorgo gliparlo di me. Voglio che mi conosca, lui ha condiviso il suo dolore, e voglioricambiare. Gli parlo di mia moglie e di mio figlio. Gli racconto della miavita prima e dopo di loro. Di quanto sia cambiata. Di quanto mi manchino. Vedoi suoi occhi diventare lucidi come sento pizzicare i miei. In quel momentocapisco quanto siamo simili, io perso nel ricordo di Karin e Jimmy, lui nellapaura di perdere suo figlio. Entrambi soli ad affrontare tutto. Gli stringo lamano ignorando la scarica elettrica che avverto al contatto della sua mano. Poinon so come mi sia preso, mi sporgo verso di lui e gli sfioro le labbra. Miguarda sorpreso e impaurito, mi allontano subito, confuso per il mio gestoimpulsivo. Lo saluto senza avere il coraggio di guardarlo in faccia ed esco.Devo mettere più distanza possibile tra noi, ignoro il telefono che vibra neipantaloni. Chiunque sia lo richiamerò in un secondo momento. Quello che volevoera rintanarmi a casa, farmi una doccia fredda e dare un senso a ciò che avevofatto.

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