CAPITOLO 8

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«Ordini del Boss. Però fammi pensare... Ti andrebbe di accompagnarmi ad un incontro di lavoro?»

«Che tipo di incontro?», chiesi prontamente perché sembrava una proposta indecente da come l'aveva chiesto.
«Beh, per te sarà più divertimento. Una discoteca, devo rivedere alcuni termini con il proprietario. Però ti avverto, niente mosse stupide. Ricorda che abbiamo occhi ovunque e non vogliamo che il Boss si incazzi, vero?», alle sue parole annuì prontamente.
L'importante era uscire di lì, il resto l'avrei valutato una volta fuori.
«Perfetto, preparati si esce tra 15 minuti. E mi raccomando, non farmene pentire.»
«Tieni bene a mente, anche per il futuro che io non faccio più la put*ana. Per nessuno, neanche il tuo amico.», sottolineai qualora avesse qualche strano pensiero.
«Ricevuto!», rispose facendomi l'occhiolino prima di uscire dalla stanza.

Dopo essermi preparata il più veloce possibile, dato l'ultimatum del biondino, andai verso la porta. Un bel sospiro e girai la maniglia, che per fortuna girò aprendo così la porta. I due davanti alla porta rimasero immobili come statue, scrutandomi da cima a fondo. Regalai loro un bel dito medio, prima di scendere le scale notando quanto fosse dannatamente grossa quella cosa. Sembra una di quelle che si vedevano nelle serie tv, eppure allo stesso tempo sembrava cupa.
Tale casa, tale padrone.

«Pensavo avessi detto che non volevi più essere una put*ana...», sentì dire dall'ingresso. Finite le scale, finalmente lo vidi mentre fumava una sigaretta. Lui era vestito con i soliti completini da "businessman".

«Infatti

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«Infatti. Non ti seguo.», replicai non cogliendo il punto. «Beh, questo vestito lascia poco all'immaginazione. Non penso che il nostro caro Boss sarebbe contento di vederti così. Comunque è tardi, andiamo.», concluse non lasciandomi il tempo di replicare. Sinceramente non mi ero posta neanche il problema, avevo vissuto la mia intera esistenza a vestirmi con abiti del genere. Inoltre, non erano affari suoi.

Un autista ci accolse, aprendomi la portiera per farmi accomodare nei sedili posteriori insieme a Duncan. Era tutto così strano per me, non avevo mai vissuto cose del genere. Infatti, per l'intero tragitto rimasi appoggiata al finestrino ammirando qualsiasi via. Poter uscire di sera come una qualsiasi persona fino a qualche tempo fa sembrava un miraggio. In qualche modo, ero riuscita a guadagnarmi un pezzetto di libertà.

«Siamo arrivati, ascoltami bene. Ora scendiamo, ci accomoderemo con delle persone. Dopodiché io dovrò assentarmi un po', tu goditi il locale. Ma ti prego, non fare cazzate. Altrimenti ci condannerai a morte, entrambe. Ok?»

«Ok», lo rassicurai. Venne ad aprirmi la portiera e mi fece strada, dato che ci fecero entrare da un ingresso secondario. Entrati, rimasi folgorata dalla bellezza di quel locale. La musica assordante, le persone scatenate sulla pista e le luci al neon che illuminavano il giusto.
«Allora sai anche sorridere!», annunciò il mio accompagnatore. Già senza rendermene conto, avevo iniziato a sorridere come un'ebete. Continuammo a camminare fino a quando non ci fecero accomodare in dei tavoli che si affacciavano proprio sulla pista da ballo. «Fantastico...», commentai fissando le persone sotto di noi.

«Non sei mai stata in una discoteca?», chiese incuriosito. «No, mai.» «C'è una prima volta per tutto, come vedi.», ribatté con i soliti modi maliziosi.

«Benvenuti, signori! Duncan, finalmente ci degni della tua presenza. Mademoiselle...», annunciò un signore sulla cinquantina baciandomi la mano.

«Richard, che piacere. Lei è la mia accompagnatrice, ma ti avverto è già impegnata. Ad ogni modo, prima il dovere e poi il piacere. O sbaglio?», gli spiegò Duncan mentre si univa a noi. «Assolutamente... Però se vogliamo iniziare subito, preferirei qualcosa di più discreto.», mentre diceva quelle parole posò il suo sguardo su di me.
«Lei è fidata, non dirà niente. Fa parte della famiglia ora.»
«Capisco, ma...», non lo feci concludere che mi alzai. «Ho capito, me ne vado. Duncan quando finisci mi trovi di sotto.», sbottai.
Si alzò di scatto, avvicinandosi pericolosamente al mio viso. «Mi raccomando, Myra.», fuggì dalla sua presa e scesi al piano terra. Notai subito l'immenso piano bar e mi precipitai ad ordinare qualcosa. Dopo essermi appoggiata al bancone, un bel ragazzo moro si avvicinò rivolgendomi un sorriso smagliante. «Buonasera, cosa posso portarti?»
«Fai tu, ma qualcosa di non troppo forte.» «Ricevuto, su quale conto lo metto?», ora cosa avrei fatto? Non sapevo il nome completo di Duncan e non avevo contanti.

«Mhmm... Sinceramente, non so come si chiami. Angelis ti può aiutare?», a quelle parole sgranò gli occhi.
«Tranquilla, offre la casa.», replicò prima di sparire per preparare il mio drink. Avrei tanto voluto buttarmi in pista, ma qualcosa mi bloccava. Tutte quelle persone che si strusciavano tra di loro, mi creavano un po' di disagio. Odiavo essere toccata da estranei, per ovvi motivi.
«Ecco a lei il suo drink signorina.», annunciò una ragazza porgendomelo. Che fine aveva fatto il tipo di prima? A quanto pare il nostro caro Boss spaventava chiunque. Lo sorseggiai lentamente guardandomi intorno, ovviamente qualche sguardo dai ragazzi lì intorno non era mancato. Alzai lo sguardo verso a dove prima era seduta con Duncan, ma non c'erano. Una mano avvolse la mia vita, facendomi sussultare dallo stupore. Mi girai per vedere di chi si trattasse, ma non lo conoscevo. «Che vuoi?», chiesi sulla difensiva allontanandolo. «Io ti conosco... Non lavori in quel bordello di lusso?», il mio cuore perse un battito alla sua domanda. Era un uomo d'affari sulla quarantina, ma che non mi pare di ricordare. Anche perché i miei clienti erano molto esclusivi.
«Sì, sei tu. Ti avevo visto un paio di volte di sfuggita. Sono un amico di Grace.», continuò cercando di avvicinarmi a lui. Grace era una delle ragazze che lavorava al club.

«Ti sbagli, non sono io. Lasciami in pace!», urlai versandoli addosso ciò che restava del mio drink. Sembrava molto incaz*zato così d'istinto mi infilai in mezzo alla pista da ballo.

La prima cosa che vidi alzando lo sguardo per non farmi influenzare da tutte quelle persone intorno a me, fu la bellissima DJ che suonava la musica. Doveva essere proprio bello fare un lavoro soddisfacente e appassionante come quello. Cercai di eliminare qualsiasi pensiero negativo e farmi trasportare da musica. Chiusi gli occhi per un momento e tutto venne da sé. Avevo perso la cognizione del tempo, ma sapevo che Duncan stava facendo tardi, così decisi di riprendere fiato andando verso dei tavolini dalla parte opposta del locale. Non volevo avere brutte sorprese rincontrando quel tipo di prima.

Alzai di nuovo lo sguardo e vidi Duncan con il proprietario discutere, poi come un fulmine a ciel sereno uno sparo. Nonostante la musica si sentì, tutti si guardarono ed il panico scoppiò. Cercai di capire se Duncan stesse bene, ma la gente urlava e scappava verso l'uscita coprendomi la visuale. Il panico iniziò ad impadronirsi di me, cosa dovevo fare? Potevo scappare, quella era l'occasione perfetta. Ma dove sarei andata? Se fossi tornata di sopra e per ripicca mi avessero fatto del male? Rimasi nascosta in un angolo, con la testa tra le mani sperando che tutto si sarebbe fermato.

«DOVE CAZZO E'?», urlò imbestialita una voce che potevo riconoscere nonostante il putiferio che ci circondava. Lo cercai con lo sguardo, ma lui non c'era. Che lo stessi immaginando? Ormai la gente in pista scarseggiava, quindi decisi di andare alla ricerca del biondino. Seguendo la gente verso l'uscita vidi uno di spalle, era lui. Cercai di farmi spazio tra le persone, ma appena lo raggiunsi notai che non era Duncan. In quel momento le mie gambe mi abbandonarono e caddi a terra ormai sfinita. Le persone mi urtarono nel tentativo di uscire non curandosi del fatto che ci fosse qualcuno a terra.

Un altro sparo. «Tutti a terra!», ordinò qualcuno. Tutti si coprirono il volto terrorizzati stendendosi a terra, sollevai gli occhi al di sopra di noi, verso la vetrata perché quella voce era la sua.

Vincent era lì e mi stava cercando. Quelle iridi nocciola erano saldamente puntate su di me, se quello sguardo poteva uccidere vi assicuro che l'avrebbe fatto.  Ogni suo movimento faceva trasparire quanto fosse incazzato.

«Prendetela e se trovo anche solo un capello fuori posto, vi taglio le mani.», ordinò ai suoi uomini che si era probabilmente portato dietro.

Quest'uscita ci sarebbe costata cara.

• SPAZIO AUTRICE:
Come vi ho anticipato altro capitolo nuovo a sorpresa! Cosa ne pensate? Fatemelo sapere sono super curiosa. ❤️

DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora