CAPITOLO 18

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«Ti chiarisco il concetto una volta per tutte. Non me ne frega un cazzo dell'organizzazione! Siete tutti dei pazzi squilibrati, non so neanche perché sto sopportando tutto questo. Probabilmente la ragione eri tu, ma dopo quello che ho percepito prima non ne sono più sicura. Vincent, tu mi hai respinta cazzo!», potevo sentire l'ira consumarmi perché mai mi sarei aspettata una cosa del genere da lui. Qualcosa l'aveva spezzato e non si trattava solo delle parole di Park, c'era molto di più sotto e avrei scovato la causa.

Nessuno aveva il diritto di trattarmi in quel modo, neanche uno dei più potenti mafiosi in circolazione.

«Bada a come parli! Farai come ti ho detto, ti allenerai così avrò la certezza che puoi cavartela da sola. Non posso rincorrerti tutte le volte, per riparare i danni causati dal tuo temperamento folle!», le sue mani urtarono violentemente il tavolo facendo tremare tutto ciò che ci circondava. «Non ti ho mai chiesto di farlo...», scandì quelle parole taglienti sostenendo quello sguardo furente.

Si alzò e con passo veloce salì le scale, sparendo dalla mia visuale. Poco dopo, sentì una porta chiudersi brutalmente facendomi sussultare e notai il lampadario sopra la mia testa oscillare. Quando aveva detto che avremmo passato la serata insieme, non avevo intenzione di farle prendere questa piega drastica. Avevo sperato che per una volta, ci fosse la possibilità di avere una conversazione "normale", anche se in quel contesto nulla era normale. Per l'ennesima volta era riuscito a far uscire la parte peggiore di Myra oltre che la sua. Cercavo di scavare a fondo, ma non c'era il minimo accenno di cambiamento.

Decisi di portare tutti i piatti, di cui molti ancora intatti in cucina, così il giorno dopo Rosa avrebbe dovuto solo sistemarli in frigo. Mi dispiaceva farle trovare la tavola ancora apparecchiata, inoltre dovevo tenermi impegnata per non fare altre cazzate. Senza rendermene conto erano passate un paio d'ore, l'orologio appoggiato sopra al microonde segnava mezzanotte e un quarto, ero riuscita a recuperare delle vaschette e avevo riposto tutto il cibo in frigo per non farlo andare a male, sarebbe un tale spreco. Non che al Boss viziato importi, tanto lui è cresciuto nel lusso più sfrenato.

Salita in camera andari dritta verso il comodino, in cerca dei calmanti che mi erano stati prescritti appena arrivata alla villa, ma il flacone era vuoto. Merda!
Quelle pillole erano l'unica cosa in grado di aiutarmi a dormire ed avere un attimo di pace. Sprofondai nel letto, passando nervosamente le mani tra capelli ormai diventati troppo lunghi ed ingestibili sotto ogni punto di vista. Continuai a rigirarmi nel letto per attimi interminabili, desideravo che quella notte finisse il prima possibile, per poter contattare la dottoressa e farmi prescrivere qualcosa. La verità era che Vincent dominava i miei pensieri, non volevo che quella discussione finisse in quel modo e soprattutto non volevo lasciare le cose in quello stato. Lui sarebbe di nuovo partito, non l'avrei rivisto per chissà quanto e saperlo in quello stato nei miei confronti, l'avrebbe spinto a fare qualsiasi cosa, pur di sfogare i suoi impulsi. Con qualcuna che non ero io.

Balzai fuori dal letto e senza neanche curarmi del fatto che fossi scalza, uscì dalla stanza facendo accendere le luci del corridoio grazie il sensore automatico. Intravidi con la coda dell'occhio, qualcuno nell'ombra verificare di chi si trattasse, ma non si avvicinò constatando che fosse la sottoscritta. Camminai lentamente verso la sua camera, quasi per timore di farmi sentire perché stavo ancora preparando il discorso che gli avrei fatto, nella mia mente. Stavolta non volevo dare sfogo al mio subconscio e dire per la prima volta, qualcosa di sensato che potesse aiutarmi a guadagnare un briciolo di vantaggio nei suoi confronti.

Arrivata, appoggiai con esitazione la mano destra sulla maniglia e notai che stava tremando, così appoggiai anche l'altra su quest'ultima, per recuperare un po' d'autocontrollo. Appena l'aprì con una spinta sola, notai subito il letto completamente intatto ed il mio sguardò andò immediatamente alla sua ricerca. Feci qualche passo in avanti per avere una completa visuale della stanza e finalmente lo intravidi appoggiato alla ringhiera del balcone intento a guardare il suo vasto giardino. Come suo solito, nonostante ci fossero pochi gradi di temperatura a quell'ora della notte, era uscito a torso nudo avvolto solo dai pantaloni della tuta. Continuai ad avvicinarmi furtivamente, studiando ogni singolo movimento che compieva. Le spalle erano decisamente contratte, segno che era ancora furioso ed il posacenere al suo fianco aveva diversi mozziconi al suo interno. Ormai pochi passi ci dividevano, oltre l'enorme vetrata che quella stanza vantava e appena appoggiai esitate una mano su di essa, notai il suo corpo irrigidirsi ancora di più. Aveva percepito la mia presenza, ma si prese il suo tempo per finire la sua sigaretta ed ammirare il panorama.

DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora