Quella donna era la mia rovina e non me ne pentivo affatto...
Dopo un interminabile momento dove niente contava, se non soddisfare quel piacere represso da troppo tempo, si allontanò tentennante non mollando la presa dalle mie spalle. Aveva le labbra gonfie ed il viso leggermente irritato dal contatto brusco con la mia barba, ma non sembrava importarle. Portò istintivamente quelle dita ben curate sul mio, cercando di sistemare il disastro che aveva combinato con quel maledetto rossetto rosso che portava. Scrutai ogni singolo movimento, cercando di intercettare i suoi pensieri. Feci salire lentamente la mano su tutta la spina dorsale, facendola sussultare, il suo sguardo rivelava un misto di piacere e stupore dovuto alla mia sfrontatezza. L'obbligai con una spinta leggera ad avvicinarsi, sistemandosi nell'incavo del mio collo.
«So cosa stai facendo. Pensi veramente che basti una scenetta del genere per allontanarle da me? Nessuna resiste al mio fascino, piccola. Pregano per un solo sguardo da parte mia e non sarai di certo tu a farle desistere.», sussurrai flebilmente percependo il suo corpo tremare ad ogni singola parola.
«Credo sia giusto dimostrare a chi appartieni realmente. Non sei l'unico a poterti vantare delle tue proprietà, tra cui anche la sottoscritta. Vedi di comportarti bene, Vincent.», rispose con tono pungente mentre studiava le figure alle mie spalle. Mi rivolse un ultimo sguardo penetrante, prima di allontanarsi definitivamente verso l'ingresso non curandosi del fatto che aveva il vestito scomposto e alzato in modo indecente. Lasciai correre, perché nessuno si stava azzardando a guardarla, non quando ero lì in piedi come un fottuto Re che osservava il suo Santo Graal che nessun'altro poteva avere.
«Crystal!», richiamai la sua attenzione mentre il portiere le stava aprendo la porta in vetro per farla uscire. Si girò di scatto, la sua espressione faceva trasparire la curiosità dovuta a quel segnale.
«Aspettami per cena.», le comunicai mentre un sorriso innocente si dipingeva sul suo viso. Sembrava una bambina che aveva appena ottenuto il suo primo riconoscimento.
• Myra
Tornata a casa, decisi di rintanarmi nell'unico posto dove mi era concesso stare... La "mia" camera.
Mentre salivo le scale imponenti di quella fortezza, sentì una voce famigliare chiamarmi da dietro il muro, che separava il salone principale dalla cucina. Decisi di avvicinarmi alla cucina, mentre con sguardo intimidatorio le guardie agli angoli della casa, scrutavano ogni mia mossa. Appena varcai la soglia, intravidi Rosa intenta ad impiattare qualcosa che emanava un odore decisamente invitante. Mi appoggiai alla penisola in legno scuro, lasciandomi andare su uno dei tanti sgabelli, mentre lei era intenta a sistemare un miliardo di cose riposte sul piano cottura.
«Mi hai chiamata?», le chiesi non distogliendo lo sguardo dalla sua figura. Mi chiedevo come poteva una donna "normale" sentirsi a suo agio nel lavorare in un contesto del genere. Lei sapeva esattamente di cosa si occupasse il suo titolare e le persone che circondavano questa casa, ma non le importava.
«Sì, questo è stato fatto apposta per te. Mi assicurerò che tu lo finisca!», annunciò posizionandomi un piatto che conteneva un risotto ai funghi fumante. Lo fissai intensamente cercando di capire com'era possibile una cosa del genere... Quello era uno dei pochi piatti che mangiavo con gusto e nessuno ne era a conoscenza. Decisi di mangiarlo in religioso silenzio e sorvolare su come si era procurato quell'informazione, perché sicuramente era opera sua. Di Vincent. La donna continuò a sistemare la cucina, girandosi di tanto in tanto per verificare che stessi mangiando. Quando finì il mio piatto, si avvicinò soddisfatta e rivolgendomi un sorriso sincero, cosa molto rara da queste parti.
«Grazie.», dissi debolmente scendendo dallo sgabello.
«Non sei stanca di stare tutto il tempo in camera?»
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DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄
RomanceLui non è il solito mafioso e lei non è la solita vittima pronta a cadere tra le sue braccia. «𝐎𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐢 𝐦𝐢𝐚, 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐚𝐢 𝐦𝐚𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚𝐫𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐦𝐞. 𝐂𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚' 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐚, 𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞...»...