CAPITOLO 40 (PARTE I)

641 56 28
                                    

La vita è fatta costantemente di scelte, che possono essere fatte nel modo corretto oppure  in quello sbagliato

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La vita è fatta costantemente di scelte, che possono essere fatte nel modo corretto oppure in quello sbagliato. Sta a noi prendere in mano il risultato di quest'ultime ed affrontarne le conseguenze, assumendosi le proprie responsabilità. 

Quando riaprì le palpebre mi ritrovai accasciato su quel maledetto divano, mentre dal balcone entravano i primi raggi di sole dell'alba. Ormai la resa dei conti era alle porte, non che mi spaventasse, però una sensazione pungente continuava ad esternarsi nonostante i miei sforzi nel reprimerla. A confondere ulteriormente il tutto, vi era quell'apparizione della mia defunta madre in sogno, che riportava a galla demoni letali del passato. 

Tuttavia, per affrontare la situazione al meglio e riappropriami del controllo che mi spettava fin dall'inizio, bisognava avanzare tutta la posta in gioco, perché quella partita poteva concludersi in soli due modi.

L'organizzazione ai miei piedi oppure la mia esecuzione.

Sommerso da quella combinazione d'informazioni, colsi un impercettibile tremolio del pavimento in legno antico, segnale che qualcuno era sul punto di bussare a quella porta. Chiunque fosse era talmente titubante da non avere il coraggio di battere, perché in quella stanza echeggiava solo il mio respiro pesante. Incurante di quella presenza al di fuori di quella porta, decisi di alzarmi con un singolo scatto, accorgendomi della bottiglia con il fondo ancora pieno di Rum riposta sul tavolino lì di fronte.

La recuperai immediatamente, inalando l'odore pungente per aiutarmi a ritrovare la lucidità di cui necessitavo. Senza troppi riguardi la portai successivamente alle labbra, facendo scendere il liquido intenso lungo la gola. Iniziai a camminare per quella stanza a piedi nudi con la bottiglia ancora incastrata tra le dita, studiando quelle pareti che nonostante dovessero risultarmi famigliari, non lo erano affatto. Scaffali sommersi di libri e fotografie di un ragazzo che seppur con i miei lineamenti, stentavo a ricordare.

Rammentare che per quelle foto, mia madre doveva supplicarlo disperatamente, ignara in quale posto tetro mi trovassi.

In preda ad un impeto improvviso, scaraventai la bottiglia contro un muro facendola finire in mille pezzi, mentre il suono brusco dell'impatto risuonò più e più volte. Non tardò ad arrivare un brusio dietro quella porta e poco dopo qualcuno ebbe il coraggio di bussare.

«Avanti!», sentenziai duramente.

La porta si aprì prontamente, rivelando quella figura composta e signorile che lo caratterizzava. Il suo sguardo studiò furtivamente la stanza e senza lasciar ai miei uomini il tempo di fare un singolo passo, strinse la maniglia richiudendola dietro di sé. 

«Vincent, dobbiamo parlare.», annunciò passandosi una mano nervosamente sul mento marcato da una leggera barba dorata.

«Se ti sei precipitato qui a Firenze da Londra, significa che hanno sferrato il colpo. Sbaglio?», proferì liberandomi della camicia, lasciandola cadere sul pavimento colmo di frammenti.

DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora