• DUNCAN (PARTE 2)
Per essere una mocciosa, aveva sferrato un colpo degno di nota. L'impatto fu talmente brusco da lasciarmi inerme, soprattutto cogliendo delle strane sfumature pervadere quelle iridi celesti. Nessuna donna si era mai permessa di sfiorarmi, se non per darmi piacere e soddisfarmi nei modi più oscuri.
Pareva che quella pazza di Myra avesse dato inizio ad una rivoluzione all'interno dell'organizzazione, perché molte puttane sembravano aver sorpassato il limite definitivamente. Era forse diventata una moda?
Mi lasciai sfuggire un sorriso tagliente, mentre elaboravo quell'ira che stava dominando il mio essere. Sussultò realizzando il peso della cazzata che aveva commesso. Se prima le restava una minima possibilità di cavarsela implorando perdono, dopo questo si era scavata la fossa da sola.
«Duncan, io...», sussurrò scoppiando a piangere drammaticamente. Le sue suppliche si fecero assordanti, tanto da lasciarmi inerme mentre tentavo di riprendere il controllo del mio corpo. Un brivido strisciò come un fulmine per l'intera colonna vertebrale ed un secondo dopo tutto si trasformò nel mio incubo peggiore. Non vedevo più niente, non sentivo più niente, non avevo più forze e come un peso morto finì a terra mentre tutto quel buio veniva spazzato via da un dolore lancinante. Le ultime parole che riuscì ad elaborare furono:
"Vi prego, aiutatelo!"
La testa era così pesante da non trovare le forze di aprire gli occhi. Continuai a sforzarmi per un tempo indefinito, fino a quando non intravidi un soffitto bianco come il gesso. Realizzai che le labbra serrate erano avvolte da getto d'aria gelido, roteai gli occhi più volte per studiare la situazione attorno a me, tuttavia restava tutto talmente sfocato.
Com'era potuto succedere tutto così velocemente?
Un attimo prima sei alla vetta massima della tua vita ed un secondo dopo, disteso come un cadavere sopra un fottuto letto d'ospedale in attesa della tua ora. Logorato da pensieri così tetri da spaventare lo stesso diavolo in persona, inaspettatamente di punto in bianco due splendidi occhi celesti si misero sulla traiettoria tra me e quel soffitto.
Era rimasta lì con me.
«Sei sveglio...», proferì con tono sollevato.
Quel contatto visivo sembrava parlare da sè e come se avesse captato ogni singolo pensiero, abbassò la mascherina dell'ossigeno ed inspirai a fondo autonomamente con grande sollievo. Scattò in piedi immediatamente, come una che si era ricordata di qualcosa all'improvviso.«Chiamo subito il dottore!», sbraitò istericamente ma appena cercò di allontanarsi la mia mano istintivamente avvolse il suo braccio con quel briciolo di forze raccimolate.
«Aspetta!», le ordinai flebilmente richiamando la sua attenzione, oltre che un velo di terrore.
«Potevi lasciarmi lì e andartene. Perché non l'hai fatto?», continuai mentre quegli occhi penetranti studiavano curiosi ogni singolo movimento delle mie labbra.
«Per lo stesso motivo, per cui non ho ancora una pistola puntata alla nuca.», il modo in cui corrugava la fronte mentre pronunciava quelle parole, trapelava i suoi tentativi di mostrarsi sicura.
«Per ora, ragazzina... Questo è solo un piccolo contrattempo.»
«Non credo. Ora chiamo il dottore!», farfugliò velocemente divincolandosi da quella presa, prima di sparire da quella stanza. Sentì passi furtivi avvicinarsi in sincrono e non mi stupì nel ritrovarmi di fronte poco dopo, un paio di infermieri accompagnati dalla Dottoressa. Cercai di mettermi seduto ed assumere una postura rigida, tuttavia non successe un emerito cazzo.
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DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄
RomanceLui non è il solito mafioso e lei non è la solita vittima pronta a cadere tra le sue braccia. «𝐎𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐢 𝐦𝐢𝐚, 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐚𝐢 𝐦𝐚𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚𝐫𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐦𝐞. 𝐂𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚' 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐚, 𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞...»...