CAPITOLO 9

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Vincent era lì e mi stava cercando. Quelle iridi nocciola erano saldamente puntate su di me, se quello sguardo poteva uccidere vi assicuro che l'avrebbe fatto.  Ogni suo movimento faceva trasparire quanto fosse incaz*zato.

«Prendetela e se trovo anche solo un capello fuori posto, vi taglio le mani.», ordinò ai suoi uomini che si era probabilmente portato dietro.

Quest'uscita ci sarebbe costata caro.

In pochi secondi mi ritrovai circondata da una decina di suoi uomini, mentre tutti terrorizzati continuavano a rimanere a terra.
«La prego di seguirci.», annunciò uno di loro porgendomi la mano per aiutarmi. L'afferrai senza esitare, ormai il danno era fatto. Bisognava solo affrontare le conseguenze.

Salimmo al piano superiore, dove era scoppiato il  il casino poco prima

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Salimmo al piano superiore, dove era scoppiato il  il casino poco prima. Appena finì le scale, lo vidi in piedi con la mandibola serrata e le braccia incrociate al petto. Ogni passo che facevo verso di lui, percepivo intensamente la sua ira aumentare. Quando fui a pochi passi di distanza mi fermai, sostenendo lo sguardo per dimostrargli che in realtà l'unico che aveva torto in quell'enorme fardello era solo lui. Già, se non mi avesse rinchiusa come un trofeo in quella fottuta casa, tutto questo non sarebbe successo.

«Dimmi, Myra... Cosa dovrei fare con te?», chiese con tono irritato. «Non capisco di cosa tu stia parlando! Ti ringrazio per l'aiuto, se è questo che vuoi sentirti dire. Ma niente di più, Angelis.», replicai velocemente senza darmi tempo di riflettere alle mie stesse parole. Riusciva a far uscire un lato di me del tutto sconosciuto. Tutto l'autocontrollo che avevo acquisito negli anni del club era sparito appena aveva varcato la soglia di quella stanza il primo giorno.

A quelle parole sul suo viso apparve un sorriso tutt'altro che divertito.

«Vedi il tuo problema è che ora pensi di essere speciale solo perché ti ho salvata da quel club. Ma te l'ho già detto, l'ho fatto solo perché mi servi... Credo di averti dato un'idea sbagliata di me; quindi, è ora di sistemare le cose.», quelle parole scandite una ad una erano riuscite a farmi gelare il sangue nelle vene.
Per quanto fosse bello, allo stesso tempo si stava dimostrando per l'uomo che era.

Manipolatore, figlio di put*ana dal cuore di ghiaccio.

«Nick, portatela al vertice. Ci vediamo lì.», ordinò al suo tirapiedi che prima mi aveva aiutata a rialzarmi. L'altro prontamente fece un cenno di assenso, posizionandosi al mio fianco. 
«Adesso, mi deleghi ai tuoi burattini come se fossi un oggetto? Ma come ti permetti!», gli urlai contro, perché si era girato per andarsene non curandosi minimamente delle mie parole.
La sua risposta?
Fulminarmi con lo sguardo, mentre si accendeva una sigaretta. Prontamente il tipo al mio fianco, mi segnalò di seguirlo.
«Senti, almeno sai dirmi dov'è Duncan e se sta bene? Non l'ho più visto.»
«Signorina, la prego di seguirmi.», stentavo a credere alle loro risposte robotiche. Erano addestrati a parlare il meno possibile?

DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora