CAPITOLO 26

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ℳ𝓎𝓇𝒶

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Il mio ultimo ricordo erano due iridi gelide come un iceberg che mi seguivano con lo sguardo, mentre sorretta dalle sue mani possenti, accompagnavano ogni movimento del mio corpo che si abbandonava privo di forze. Avrei voluto combattere ed affrontare le cose in diverso modo, ma per l'ennesima volta quel bastardo mi aveva privato dalla possibilità di scegliere. Quando finalmente riuscì a riaprire gli occhi ancora impastati dall'effetto causato dal cloroformio, realizzai di essere stesa su di un letto a castello trasandato.

«Giuro, che ti ammazzerò...», grugnì a denti stretti mentre cercavo di riprendere il controllo del mio stesso corpo. La testa martellava mentre sussurri assordanti giungevano alle mie orecchie, fortunatamente una sola spinta e riuscì a mettermi seduta, controllando dove diavolo ero finita. Le mie labbra si socchiusero dallo stupore, notando una stanza enorme come una casa stracolma di letti a castello, identico a quello su cui ero seduta, con almeno un centinaio di ragazze riposte su di essi. Quel posto era completamente spoglio, quattro semplici mura bianche ed un'infinità di ospiti.

Istintivamente sfiorai ogni centimetro della mia pelle, controllando che ogni cosa fosse rimasta al proprio posto e mi calmai nel preciso istante in cui sfiorai con i polpastrelli la collana ancora appoggiata sul petto. Potevo sentire il loro sguardo scrutarmi attentamente, chi con occhi curiosi e chi con occhi costantemente terrorizzati. Un pensiero improvviso distrusse quella calma, che avevo acquisito in quella frazione di tempo e balzai immediatamente giù da quella brandina, attirando ancor più l'attenzione sulla mia figura.

«Ariel?», la chiamai con voce tremante e flebile. Mi resi ben presto conto che sembrava di cercare un angolo in un pagliaio, perché le ragazze erano veramente tante e dannatamente diverse tra di loro. Quel figlio di puttana aveva l'imbarazzo della scelta e la cosa mi turbava molto, sarei stata capace di mandare all'aria l'intero piano pur di fare fuori un uomo del genere. Tutto questo mi ricordava frammenti del mio passato, che potevano far trapelare una parte di me ancora sconosciuta allo stesso Vincent. La maggior parte di loro si nascondeva nel proprio angolo, terrificate dal destino che ci accumunava. Mentre continuavo la mia ricerca sorpassando un letto dopo l'altro, vidi un gruppetto bloccarmi la strada e sghignazzare sonoramente puntando il dito proprio nella mia direzione.

«Forse qualcuno dovrebbe spiegare alla nuova arrivata, come funzionano le cosa qui...», annunciò quella che sembrava spacciarsi per il capo branco. Palesemente una finta mora, dalla carnagione chiarissima e gli occhi azzurri, tutti tratti che caratterizzavano le ragazze nordiche oltre ad avere molte parti del corpo ritoccate con il famoso bisturi. Altre due del suo gruppetto erano una brutta copia della prima, mentre l'ultima sembrava una bellezza più tropicale, con una massa di ricci color miele.

«Sto cercando una persona, quindi vedi di non rompermi i coglioni.», risposi a tono lasciando il resto delle presenti ammutolite. Non digerivo i bulli né a scuola né da altre parti, quindi non avrei lasciato correre come molti altri. Dopo un silenzio teso, il loro capo squadra scoppiò in una risata sonora facendo tentennare ancora di più chiunque ci stesse osservando. Fecero qualche passo avvicinandosi pericolosamente a qualcuno che non erano in grado di gestire e solo allora notai che alle loro spalle avevano lasciato una ragazza a terra. Sicuramente non era chi stavo cercando, ma tossiva e tremava con lividi rossastri su tutto il corpo ancora freschi. Riportai lo sguardo su quella squallida teppista, emanando il mio totale disappunto che ero pronta a far esplodere.

DOUBLE FACE | 𝐌𝐀𝐅𝐈𝐀 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora