Prologo

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La vita l'aveva resa matura ma estremamente sensibile. L'assenza del padre l'aveva fortificata ma in parte distrutta. Viveva, respirava, rideva, come una persona normale, ma spesso, quando era sola in casa, si sdraiava sul letto e dava vita ai suoi problemi, alle sue emozioni, alle sue paure. Quelle lacrime che le solcavano rigogliose il viso, e che avevano come testimoni solo i cuscini e le pareti. Nessuno sapeva di questo dettaglio a primo impatto inutile, eppure così fondamentale nella vita di quella diciassettenne. Non voleva che qualcuno assistesse a quelle debolezze che tanto odiava. Ormai la paura delle persone è quella di risultare deboli, venire giudicati solo per qualche lacrima. Il giudizio spaventa sempre di più, si viene schiacciati da esso, giorno dopo giorno, come una condanna. Perché fai questo, perché fai quello; perché, perché, perché. Quelle domande alle quali lei voleva urlare di smettere di intasare la sua testa. Quelle domande che la divoravano. Quelle domande che si erano talmente aggrappate a lei che quasi la manipolavano, facendole credere che in realtà andasse bene così. No, non era così. Arriviamo tutti in un punto della nostra vita, quando noi, da soli, non bastiamo più; c'è bisogno di quello stimolo, quella presenza che prenda per mano la nostra persona e la aiuti a superare quelle dannate difficoltà. Bene, lei era arrivata in quel punto della sua vita. E nonostante non lo sapesse ancora, aveva bisogno di qualcuno che assistesse all'apertura del suo cuore, qualcuno che passeggiasse tra le sue insicurezze, rendendo quelle spine delle rose dai petali lucenti.
Qualcuno che la sorprendesse. Che una persona arrivasse inaspettatamente e la aiutasse. Aiutasse a colmare quel vuoto che l'ha sempre accompagnata.

How she saved meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora