Toni's pov
Ho sempre pensato a come definire la vita perfetta. Su cosa si dovrebbe basare? Sulla felicità, la salute, i soldi? O su tutti e tre, riuniti in una perfetta formula bilanciata? Penso che però, la risposta a questa domanda sia più difficile di quanto si pensi, nascosta proprio dietro l'aggettivo bilanciata. Come dovremmo bilanciarla? Su cosa mettere il peso maggiore, su cosa quello minore? È qui che nascono le differenze tra le vite di ognuno. Non c'è una formula standard per la perfezione. La perfezione è ciò che decide il nostro cervello; un concetto talmente astratto da farci girare la testa. Personalmente ho sempre cercato la perfezione in tutto quello che facevo e la mia mente non ne aveva mai abbastanza, forse perché questo concetto era sempre un passo davanti a me. E questo col tempo ha iniziato a distruggermi. Ma tornando alla vita perfetta, per me è molto semplice raggiungerla. Secondo me, se la vita perfetta di un adolescente potesse essere incentrata su qualcosa, sarebbero di sicuro discoteche, cotte, shopping con le amiche e le solite cose che si fanno in questo periodo della vita. Vedo la perfezione in tutte quelle foto sui social che racchiudono la popolarità, l'amicizia, il divertimento. Se la mia di vita fosse così, allora sarei una semplice diciassettenne, senza preoccupazioni, con tanti amici ed una vita sociale alle stelle. Però a quanto pare il destino ha avuto un progetto diverso per me. Già da prima che nascessi mio padre mi ha rifiutata. All'inizio non era un grande problema, vivevo con mia madre, ed era tutto perfetto, però si sa, quando si cresce, tutti i problemi che prima non si notavano, vengono prepotentemente a galla, come dei relitti che nelle profondità della mente non vengono notati. Ed è quello che è successo esattamente due anni fa. Iniziò tutto come una bufera. Perché hai il cognome di tua madre? Ma tuo padre? Come sarebbe a dire che non lo conosci? Tutte queste frasi mi rimbombavano in testa, un suono potente, talmente forte da scuotere tutta la felicità del mio cuore e farla rintanare in un angolo. I miei nonni paterni ora mi bombavano di chiamate, e se prima ero abbastanza felice di sentirli, dopo un po' ho iniziato a pensare che all'inizio non mi volessero proprio. Già, più di una volta hanno cercato di far abortire mia madre. Ogni volta che non ricevono una mia chiamata, iniziano a lamentarsi, quando loro non hanno avuto problemi a sparire per anni e tornare solo quando la loro amatissima nipote aveva diciassette anni. Si sono persi tutto, la mia infanzia, le mie prime vittorie a pallavolo, i miei esami, tutto; e se ora pensano di tornare quando sto per entrare nell'età adulta, si sbagliano di grosso. Ogni chiamata che faccio con loro, ogni incontro, è una pugnalata al cuore. Battutine su mia madre, discorsi su quanto mio padre sia fantastico, nonostante io sappia benissimo cosa ha fatto, parole pompose che non ho la minima voglia di ascoltare. Se qualcuno sapesse tutto questo, allora capirebbe anche da dove viene il mio carattere, la mia tendenza ad isolarmi, il bisogno di primeggiare, i momenti di apatia totale durante i quali non sembro neanche me stessa. Però nessuno è a conoscenza di questa storiella, perciò devo accontentarmi delle solite persone che dicono lasciala stare, è solo un'adolescente, quando crescerà, cambierà. Non cambierò. Tutti questi anni passati a domandarmi su chi sia il mio vero padre, non me li ripagherà nessuno e le lacrime non torneranno miracolosamente nei miei occhi come se non se ne fossero mai andate.
: -Toni, va tutto bene?-
Sobbalzo.
Toni: -cosa? sì, sì, sto bene mamma-
: -a cosa pensavi?- mi chiede ridacchiando, mentre apparecchia la tavola per la colazione.
Toni: -le solite cose-
: -comunque se vuoi, posso accompagnarti io a scuola, tanto devo andare a lavoro più tardi-
Prendo un biscotto tra le dita.
Toni: -fa, niente, devo vedermi con Peach-
: -la ragazza che fuma?-
Annuisco, sapendo già cosa avrà da dire al riguardo.
: -l'ho vista qualche volta, mi sembra strana-
Bevo l'ultimo sorso del mio succo.
Toni: -tranquilla, a stasera- sta per ribattere ma la anticipo prendendo lo zaino ed uscendo dalla stanza. Accendo il telefono e vedo che l'autobus dovrebbe arrivare tra poco, perciò mi incammino a passo sostenuto verso la fermata. Arrivando vedo che non c'è nessuno. Ecco il tipo di solitudine che mi piace; una mattinata tiepida, con un leggero vento che scompiglia i capelli e porta via i problemi, almeno per qualche minuto, prendendoli dolcemente per mano ed allontanandoli dalla mente umana. Quella solitudine che ti fa sentire l'unica persona al mondo. Quella solitudine che ho visto sempre come una nebbia, che avvolge tutti tra le piaghe del suo vestito, sussurrando parole compassionevoli, cercando di placare il fuoco che tutti noi abbiamo dentro. Uccide e cura allo stesso tempo. E fa veramente paura perché una volta che ci si abitua a questa gorgone, non si può più vivere senza. Mai più. Mi siedo sulla panchina scrollando i vari social, gelosa della vita perfetta che hanno le altre ragazze della mia scuola. Feste in piscina, abbuffate ai fast food, appuntamenti con i ragazzi. Non ho amici oppure non voglio farmeli, sono entrambe due opzioni possibili. Ho avuto diverse amicizie certo, però a quanto pare i miei vari successi nello sport e nello studio alimentavano l'invidia e si sa, quest'ultima è fin troppo potente, e se si stanzia nel profondo del cuore fa perdere completamente la testa. Dopo quegli episodi non ho più cercato di rientrare nell'ambito amicizie. Eppure forse avrei dovuto, ma sono sempre stata una persona libera, perciò se avessi avuto un'amica vera, di sicuro mi sarei dimenticata di risponderle, avrei mandato all'aria le nostre uscite e ogni volta che avrebbe parlato, sarei risultata distratta, perciò per la sua sanità mentale e la mia, menomale che non ci siamo mai incontrate, chiunque fosse. Aggiorno la pagina degli orari dell'autobus e vedo che l'orario è slittato a dieci minuti più tardi. Fortunatamente sono uscita di casa con largo anticipo. Mentre sto per mettere di nuovo la musica, squilla il telefono.
"No, no, non ora, ti prego"
Il numero di mio nonno paterno appare in bella vista sullo schermo, quasi come una minaccia silenziosa che mi serpeggia nelle vene mettendomi i brividi. Da una parte vorrei attaccare immediatamente, oppure aspettare che si stufi di chiamarmi ed attacchi da solo, cosa che impiegherebbe abbastanza tempo visto che secondo lui devo rispondergli per forza; dall'altra invece voglio accettare, almeno potrò continuare la mia giornata senza interruzioni di questo tipo.
"A quanto pare mi tocca."
Premo il tasto verde e mi porto il telefono all'orecchio.
Toni: -pronto?-
: -Antoinette, buongiorno-
Chiudo gli occhi facendo un grande respiro.
"Devi proprio chiamarmi con il nome per intero? Giusto per farmi incazzare"
Toni: -ciao, come stai? La nonna?- pronunciare l'ultima parola mi richiede uno sforzo enorme.
: -io tutto bene, comunque volevo chiederti, alla nonna non scrivi più? Saranno settimane che non la chiami, eppure ti ha scritto una cosa molto carina recentemente-la cosiddetta cosa carina, non era altro che un messaggio contenente lamentele contro di me e il mio carattere, dove quella donna sottolineava quante cose loro facessero per me, come comprarmi vestiti e portarmi a cena fuori. Eppure l'amore non si può comprare.
Toni: -non mi è sembrata così carina in realtà- cerco di mascherare il mio tono freddo, eppure fallisco miseramente. Nascondere il mio disappunto non è mai stato il mio forte.
: -sinceramente ci siamo stufati di chiamarti tutti i giorni, puoi fare anche tu il primo passo a volte-
Toni: -ho una vita anche io, vado a scuola e faccio sport, a volte posso anche dimenticarmi-
: -dimenticarti di noi per mesi senza farti più sentire?-
Toni: -qualche mese non sono di certo dieci anni, no?-
: -sai benissimo che la storia è diversa, è tua madre che- stringo il pugno della mano libera fino a quando non sento le unghie conficcate nella pelle. Ecco che ricomincia.
Toni: -non permetterti di giudicare mia madre ok?- lo interrompo sentendo la rabbia raggiungere un livello più alto del solito.
: -nessuno giudica nessuno Antoinette, è semplicemente la verità, però se vuoi parlare di questo possiamo sempre discuterne, non c'è problema-
Toni: -no-
Sento che ride.
: -come sempre il tuo carattere, non arriverai mai da nessuna parte così-
Attacco la chiamata senza rispondere. Gli occhi iniziano ad inumidirsi di quelle lacrime che, dopo ogni conversazione con loro, non hanno più forze per restare dentro di me, perciò vogliono essere liberate, per fuggire dai miei occhi e bagnarmi le guance, compiendo una danza lenta e dilaniante.
Non so perché continuo a voler parlare con loro se ogni volta finisce così, eppure nel profondo spero che possano cambiare, che qualcosa scatti dentro di loro così che possano sussurrarmi un semplice ti voglio bene che non ho mai sentito uscire dalle loro labbra. Forse non ho ancora perso completamente la fiducia nelle persone. Ripenso a quella frase, la sento rimbombare nella mia testa, mille schiaffi che mi colpiscono rapidamente senza darmi il tempo di difendermi, perché con le parole è così; non puoi evitarle con uno scudo, ti raggiungeranno sempre, anche se hai le orecchie tappate. Sono come la polvere, grumi di polvere che offuscano il cuore. Non arriverai mai da nessuna parte, non arriverai mai da nessuna parte. Sembra una frase banale, alla quale non dovrei dar peso più di tanto, però non posso farci nulla perché, nonostante tutto, sono dannatamente debole. Lo sono sempre stata. Un urlo straziante si fa largo dentro di me, cercando di far zittire quell'ammasso di parole e farmi nascondere come se tutto andasse alla perfezione. Ed è con quell'urlo che dentro di me si spezza qualcosa.
Forse il mio cuore, forse la mia testa, forse tutta la mia anima viene divisa in minuscoli pezzi che da ora in poi non riusciranno più a ricomporsi. Porto lo sguardo al cielo prima di riportarlo alla fermata. Noto che una ragazza mi sta guardando. Uscita dal nulla, senza nessun rumore.Avrà più o meno la mia età, forse qualche anno in più. Occhi castani, una postura perfetta, capelli rossi che le incorniciano il viso leggermente pallido. Ci fermiamo a fissarci per qualche secondo, finché non arriccia le labbra in un lieve sorriso.
: -stai bene?- mi chiede. La sua voce attraversa le labbra perfette ed arriva alle mie orecchie.
È completamente perfetta. Se da una parte la sincerità vorrebbe uscire allo scoperto, dall'altra la mia testa la scaccia prepotentemente. Non posso raccontare la mia situazione ad una completa sconosciuta che probabilmente ha origliato tutta la telefonata.
Toni: -la mia relazione si è appena conclusa- dico dopo qualche secondo trascorso a cercare una scusa plausibile, cosa che forse è del tutto inutile visto che se è qui fin dall'inizio della telefonata, avrà sentito la parola nonna uscire dalla mia bocca. Sento che ridacchia.
: -ti ha lasciata?- i suoi occhi guizzano su di me ad una velocità impressionante.
Toni: -già-
Vedo che si sta sforzando di non ridere.
Toni: -che c'è di divertente?- non che mi importi dato che non è il mio problema principale, e anzi, non lo è affatto, però la sua reazione mi incuriosisce. Il suo sguardo divertito mi spinge ad arricciare leggermente le labbra, movimento che viene subito intercettato.
: -una semplice adolescente. Hai un bel sorriso comunque. Chissà se un giorno diventerà la ragione di vita di qualcuno- dice con una semplicità che mi lascia spaesata. Mi guarda un'ultima volta, poi si allontana, mentre la seguo con lo sguardo finché non sparisce, così inaspettatamente com'è arrivata.
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How she saved me
Fiksi PenggemarÈ difficile vivere quando nessuno ti conosce realmente. Sì insomma, neanche noi ci conosciamo perfettamente, però chi non vorrebbe accanto una persona che solo guardandoti riesce a capire quello che stai provando? Ne ho viste di persone del genere...