46. Scontro parte 2

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Ciao amici, I'm back.
Dite, vi è mancata un po BC? 🥺
A me tanto :(
OK mi dileguo, buon anno a tutt* e buona lettura❤️

Per tutta la vita avevo cercato di essere una persona lucida.
Di pensare e agire in modo razionale, di non cedere al panico o alla disperazione.
Ma quando ti trovi a due passi dalla morte,e ne sei consapevole, rimanere lucidi è difficile.

La tua mente si rifiuta di accettare quella probabilità, cerca di opporvisi in tutti i modi, ma in fondo sa che essa esiste.
E se non tieni sotto controllo i tuoi pensieri, se per un attimo lasci la tua mente libera di vagare, essi si moltiplicheranno e ti travolgeranno come la più alta onda di un mare in tempesta, e non riuscirai più a tornare a galla.

Ogni volta che posavo gli occhi sull'orologio al polso, avevo la sensazione che il tempo stesse scorrendo il doppio più veloce del normale.
Ad ogni minuto in meno, un tremito d'ansia mi scuoteva sin dentro le ossa.

All'ansia seguii la paura.
Una paura pura, intensa, che si abbattè all'improvviso su di me come un temporale estivo.
Mi mancava l'aria.
Nonostante respirassi a fondo, avevo la sensazione che l'ossigeno continuasse a scarseggiare nei miei polmoni.
Era come se un cuscino invisibile fosse attaccato al mio viso e mi facesse soffocare.
Mancava poco meno di un'ora allo scontro.

Mi avevano comunicato che la battaglia sarebbe avvenuta in una grande cava dismessa alla periferia della città.
La gente sarebbe accorsa numerosa, in massa, per assistere all'evento.  Forse mi avevano scambiata per un gladiatore al Colosseo.
Con la sola differenza che se in questo caso il gladiatore avesse perso, al pubblico non sarebbe stato concesso di tornare comodamente a casa, perchè la bestia, una bestia chiamata Black Cloud, non avrebbe avuto certo pietà delle loro vite.

Con passo incerto mi incamminai verso il luogo stabilito.
Procedevo lentamente, guardandomi intorno come una turista.
Per le strade non c'era ancora nessuno.

Cercai di non pensare a niente.
Mi sforzai di svuotare il cervello da qualsiasi pensiero e godermi semplicemente il vento che raffrescava il mio viso e la luce scarsa che trapelava a fatica dalla coltre di nubi nel cielo sopra di me. 

Osservai le case, i lampioni, i dettagli minimi che fino a quel momento avevo trascurato.
Ogni immagine, ogni scorcio che catturai con lo sguardo, lo impressi nella mente, decisa a non scordarlo. Costeggiai un parco da cui provenivano delle voci.

Mi voltai in quella direzione.
Una giovane donna giocava con un bimbo di qualche anno, la cui risata acuta e gioiosa riempiva e colorava la strada.
Il piccolo, senza smettere di ridere, prese a correre picchiettando i suoi piedini sul terreno e sbandando di quando in quando.
I capelli biondi come dorate spighe di grano luccicavano e svolazzavano all'alzarsi del vento. 
- Jonathan!- lo richiamò la donna, affrettandosi per raggiungerlo.

Il bambino si girò verso di lei senza  porre fine alla sua corsa, che terminò nel momento in cui egli venne a scontrarsi contro le mie gambe e cadde seduto sul prato.
Mi chinai di fronte a lui.

- Ehi, ti sei fatto male?-
Il piccolo mi studiò con gli occhi grandi e vispi e scosse energicamente il capo, rimettendosi in piedi.
-Sono un bimbo forte-
rispose, dondolando sui suoi piedi.
- Ma che bravo!- mi complimentai.
- Lo sai che domani faccio così anni?- Stese il braccio verso di me e mostrò quattro dita della sua mano.
- Wow, davvero? Sei emozionato?-
Il piccolo annuì con forza e sorrise, rivelando una schiera di dentini bianchi.

- Jonathan, che stai facendo? Andiamo- la donna gli afferrò il braccio, ma lui la trattenne.
- Mamma, è vero che domani io faccio così anni?-
Di nuovo mise in bella mostra le quattro dita, fiero e orgoglioso.
- Si, amore. Ora lasciamo in pace la signorina, dai.-

Blue Cloud |Byun Baekhyun|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora