47. Luce

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Canzoni (fortemente) consigliate per il capitolo❗:

-mirrors/ Justin Timberlake
-don't forget about me/ CLOVES
- je te laisserai des mots/ Patrick Watson
- reminiscent/Yiruma
- the night we met/ Lord Huron

Buona lettura :)

Due giorni dopo

Ero seduta su una delle sedie grigiastre del reparto di rianimazione.
Ormai avevo imparato a conoscere a menadito la parete di fronte a me: quella piccola crepa in alto a destra, lo scarabocchio in basso, vicino al battiscopa, la piccola macchia di umido nascosta da una generosa quantità di tintura azzurrina.
Non mi ero mossa nemmeno per un istante. Vane erano state le sollecitazioni degli infermieri per farmi tornare a casa.
Non mangiavo, non bevevo.
Le mie uniche attività erano respirare e pregare.
Ogni volta che cedevo al peso delle palpebre pesanti, il mio inconscio mi riportava nella cava, davanti al corpo di Baekhyun disteso inerme ai miei piedi.
Quando ero sveglia, invece, la testa continuava a riprodurre in loop, come una pellicola, l'immagine di Baekhyun che veniva trasportato via di corsa su una barella e le parole del dottore, gravi e decise: "coma farmacologico"

Non mi era ancora stato concesso di vederlo.
La mia richiesta disperata e esasperante veniva sempre liquidata con un invito ad avere pazienza, stare calma e aspettare ancora un po'. Aspettavo "ancora un po" da quarantotto ore.
I miei nervi non riuscivano più a gestire quell'attesa interminabile.
Il tempo si era dilatato a tal punto che avevo l'assurda percezione che fossero trascorse settimane dallo scontro.
-Se non vuoi mangiare devi almeno idratarti- disse d'un tratto qualcuno.
Girai lentamente la testa e ritrovai l'espressione preoccupata di Courtney di fronte a me e una bottiglietta d'acqua poggiata sulle mie gambe.
-Non ti eri nemmeno accorta che fossi qui? - mi chiese.
Scossi il capo.
Lei sospirò tristemente e sedette accanto a me.
Senza dire niente, prese una mia mano e la strinse tra le sue.
Rimanemmo in silenzio per un arco di tempo infinito, fin quando non sentii le mie palpebre farsi pesanti come macigni e il terribile sogno ricominciò per l'ennesima volta.

Quando mi risvegliai Courtney non c'era più. La bottiglietta era ancora sulle mie gambe.
Più la guardavo e più mi rendevo conto che avevo la bocca terribilmente secca e amara.
Svitai il tappo e sorseggiai piano.
Le poche finestrelle quadrate si affacciavano sul buio pesto della notte.

Gli occhi mi caddero per noia lungo il corridoio del reparto, illuminato da un lungo led biancastro appeso al soffitto.
Quella luce fioca e intermittente dava all'ambiente un'aria ancora più triste e sinistra di quanto già non fosse.
Notai che il corridoio era talmente lungo che non si riusciva a vederne neppure la fine. Il fondo si celava in contorni sfocati e buii.
Sembrava un tunnel.
Un fremito mi scosse e gli occhi mi si riempirono di lacrime abbondanti e inattese, navi cariche di ricordi che rigavano dolorosamente le mie guance.

-Signorina- sobbalzai e mi voltai nella direzione della voce.
Il dottore di "coma farmacologico", un uomo alto e imponente come una montagna, era piazzato di fronte a me con un'espressione vagamente imbarazzata sul volto rugoso.
Mi asciugai in fretta gli occhi umidi e scattai in piedi.
- Posso vederlo? La prego. -
- Abbiamo terminato ora l'intervento, ma stiamo ancora monitorando le condizioni del ragazzo.
Quando si saranno all'incirca stabilizzate, potrà vederlo. -
- Come sta? -
Il medico distolse lo sguardo, volgendolo alle sue scarpe.
- È troppo presto per dirlo.
È stata un'operazione lunga e per ora non posso pronunciarmi. Tuttavia... - estrasse dalla tasca una piccola busta da lettera e la tese verso di me.
-Era nella tasca dei suoi pantaloni. Credo sia indirizzata a lei.-
Con mano tremante afferrai la bustina e la voltai sul retro.
Il mio nome scritto con inchiostro nero spiccava sulla carta bianca, in una calligrafia che non lasciava spazio ad alcun dubbio circa l'identità del mittente.

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