III - Il testamento

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Ci sono cose a cui semplicemente
non ci si abitua mai.




La camicia bianca infilata nei pantaloni classici neri gli donavano un'aria assai da adulto ed i suoi quasi vent'anni erano attestati solamente dalla carta d'identità

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La camicia bianca infilata nei pantaloni classici neri gli donavano un'aria assai da adulto ed i suoi quasi vent'anni erano attestati solamente dalla carta d'identità. Aveva preso a vestirsi in quel modo da quando tutta l'attenzione si era spostata su di sé, visto che tutti i giornali lo designavano ormai da giorni come il nuovo proprietario della Lawrence Company, ed anche lui ne era certo in fondo.

Ogni qual volta usciva dal grande cancello blindato di villa Lawrence decine e decine di giornalisti si precipitavano attorno ad una delle sue tante auto sportive con i finestrini oscurati, lui sbuffava ma alla fine gli concedeva sempre due parole, sapeva che uno che si trovava nella sua situazione non poteva di certo permettersi un comportamento ostile e scostante. Avrebbe senza dubbio messo in cattiva luce non solo l'azienda ma anche la sua stessa famiglia, per non parlare poi del polverone che si sarebbe alzato e a quello ci aveva già pensato Aria con la sua partenza.

«Nick buongiorno!» sua zia Lisa, una donna che aveva poco meno di cinquant'anni, dai corti e sempre curati capelli biondi, l'aveva accolto nella sala da pranzo con un'espressione più serena rispetto al solito.

«Zia...» mormorò ancora assonnato. Non era un tipo che di mattina si alzava presto dal letto, ma da quando suo padre non c'era più, sentiva su di sé il peso di portare avanti la famiglia, nonostante il primogenito fosse suo fratello maggiore Gideon «Dove sono tutti gli altri? Oggi c'è la lettura del testamento, tra massimo quaranta minuti dobbiamo essere tutti pronti»

La donna annuì mentre soffiava delicatamente sulla nuvoletta di fumo che fuoriusciva dalla tazzina di caffè tra le sue mani. Analizzò ogni sua parola attentamente e lo guardò con circospezione. Di suo nipote non era rimasto più niente. Il giorno prima aveva davanti a sé un ragazzo della sua età e quello dopo, invece, uno che sembrava già essere un grande uomo d'affari. Lo aveva notato dal suo tono di voce, deciso e quasi severo, dalle parole che aveva usato, concise e senza mezzi termini, simili a un comando da seguire senza porre obiezioni. Ma quello che più l'aveva destabilizzata era la freddezza nei suoi occhi chiari, così simili a quelli di Adua, sua madre, come se non stesse parlando un ragazzo che aveva da poco perso entrambi i genitori e aveva dovuto affrontare per di più anche la partenza di una delle persone più importanti della sua vita, sua sorella.

Eppure Lisa l'aveva visto solo poche settimane prima mentre era chinato sulla tomba dei suoi genitori per porre una rosa ad entrambi. Gli aveva guardato gli occhi ed erano intrisi dalla sofferenza più grande che si potesse mai provare, rimanere completamente soli, perché in fondo nonostante le persone continuavano a ripeterglielo continuamente che per qualunque evenienza avrebbe potuto fare affidamento su di loro, lui sapeva che quelle erano solo stupide frasi di circostanza, dette tanto per dire.

La sofferenza ed il dolore, però, a quanto pare erano durate ben poco, giusto il tempo di un battito di ciglia.

«Lisa hai capito cos'ho detto?» alzò un po' la voce spazientito per tutti quei minuti che stava aspettando per ricevere una risposta.

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