XXXV - Ha lasciato questa per te

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Lo avrei riconosciuto
persino nella follia.




Quel giorno la mensa universitaria era gremita di gente e Nicholas le persone non le sopportava da un po'

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Quel giorno la mensa universitaria era gremita di gente e Nicholas le persone non le sopportava da un po'. Sembravano passati decenni da quando puntualmente ogni weekend organizzava delle feste degne di Ibiza a Villa Lawrence.

Non metteva piede in un locale da mesi, si accontentava del Rumours e delle volte persino lì sentiva venirgli meno il respiro.

Era convinto che prima o poi arrivasse per tutti quel momento nella vita in cui la compagnia comincia a stare stretta e si desidera solo il silenzio della propria casa. Ma non credeva di certo che per lui quel momento arrivasse così in fretta, alla soglia dei vent'anni.

Si guardava intorno mentre era fermo ad uno dei tanti semafori di New York e si domandava come facessero invece tutte quelle altre persone. Camminavano in grandi gruppi, scherzavano tra loro, ridevano, si divertivano, urlavano quasi. E lui, invece, chiuso in una delle sue tante auto, con lo stereo spento ed il solo rumore delle dita che tamburellavano sul volante perché ne aveva abbastanza di quel semaforo che non si dava una mossa a diventare verde.

Quando riuscì finalmente ad arrivare a casa, si catapultò come un dannato fuori dall'auto e si incamminò lungo il viale quasi correndo. Stava morendo di fame, ma ancora di più voleva sentirsi al sicuro, ed ultimamente quella sensazione la provava solo tra le mura di casa sua. Afferrò le chiavi della villa nella tasca del giubbotto e le inserì nella serratura, ma questa scattò ancor prima che lui aprisse.
Spinse leggermente la porta con il piede e ci trovò Gideon proprio lì dietro. Era stato lui ad aprirgli.

«Ma che stai facendo?» gli domandò allora.

Lo sorpassò immediatamente perché gli metteva una strana ansia il suo viso pallido e quella busta da lettere che teneva tra le mani tremanti.

«Nicholas» lo richiamò però Gideon, ancora fermo davanti all'entrata.

Il minore si fermò immediatamente sul posto perché il modo in cui aveva pronunciato il suo nome non preannunciava niente di buono.

«È passata Beth poco fa»

«Beth?» si voltò verso il fratello, intimandolo ad andare avanti, voleva sapere tutto, cosa avesse detto, se avesse chiesto di lui, come gli era sembrata...

«Si» agitò quella lettera che stringeva tra le mani «Ha lasciato questa per te»

«Cos'è?»

«Una lettera»

«Grazie Gideon, a questo ci ero arrivato anch'io» gli disse in tutta risposta con piglio altezzoso «Perché mai ha lasciato questa lettera?»

Gideon lo guardò per un attimo, poi ritornò a posare lo sguardo su quella lettera che stringeva tra le mani e che per più di un'ora - dal momento esatto in cui Beth era andata via - l'aveva tormentato. L'aveva stretta forte, quasi a volerla rompere, l'aveva fissata con insistenza ma non aveva avuto il coraggio di aprirla e leggerla, nonostante fosse proprio il suo contenuto a preoccuparlo, a tormentarlo in quel modo.

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