VI - L'ansia

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Hai gli occhi immensi
quanto il cielo.




Quando quella mattina era uscito di casa delle grandi nuvole grigie ricoprivano l'intero cielo di New York ed ancora in quel momento, alle quattro del pomeriggio, quel brutto tempo sembrava non voler abbandonare la città

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Quando quella mattina era uscito di casa delle grandi nuvole grigie ricoprivano l'intero cielo di New York ed ancora in quel momento, alle quattro del pomeriggio, quel brutto tempo sembrava non voler abbandonare la città.

Nicholas osservava la strada che scorreva veloce, davanti ai suoi occhi, dal finestrino della sua auto guidata dall'uomo che ricopriva il ruolo di autista della famiglia Lawrence da ancor prima che lui nascesse.

Abbassò leggermente il finestrino per far passare un po' d'aria, cominciando tutto d'un tratto a sentirsi soffocare lì dentro.

Erano i primi giorni di ottobre e la città sembrava essersi dipinta completamente sui toni del marrone. Ovunque si voltasse il viso c'erano foglie sui marciapiedi ormai secche che scricchiolavano ogni qual volta qualcuno le calpestasse senza neanche rendersene conto.

Passarono davanti Central Park proprio in quel momento e le chiome degli alberi che tutti erano abituati a vedere verdi erano ormai diventate rossicce.

Quella era in assoluto la stagione che più preferiva Nicholas, dove le cose vecchie si facevano da parte e lasciavano il posto a quelle nuove.

Era un amante del cambiamento, sosteneva con tutto se stesso che la vita fosse un continuo ciclo, dove ogni cosa prima o poi sarebbe andata via. Eppure quella sua più grande convinzione venne meno prima nel giorno della morte di sua madre e poi del funerale di suo padre. E quindi si, la vita era un continuo divenire, ma la sua tempistica faceva alquanto schifo.

Il leggero venticello autunnale lo colpì in pieno e lui rimase immobile, senza alcuna voglia di spostarsi da quel punto preciso dove oltre a rinfrescarsi il viso si stava anche rinfrescando la mente. Aveva gli occhi chiusi e con una mano si massaggiava la tempia sinistra per il forte giramento di testa che aveva da qualche ora.

Era stato per tutta la mattina impegnato in ufficio a firmare documenti che fortunatamente il suo avvocato aveva già controllato prima di lui e fissare appuntamenti e riunioni con tutte le persone che chiedevano con massima urgenza di incontrarlo, erano tutti preoccupati per il fatto che un semplice ragazzo di diciannove anni guidasse un'azienda dal calibro della Lawrence Company, che deteneva la supremazia assoluta nel suo settore in oltre tre continenti.

Lui sbuffava ogni qual volta riponesse il telefono al suo posto, non potendone più della saccenteria della gente che credeva di essere superiore a lui. L'azienda di famiglia era sempre stato il suo sogno ed in quel momento non avrebbe di certo dato ascolto a coloro che avevano dubbi fino al collo sul suo conto e sulle sue capacità amministrative.

Lisa e Paul gli avevano consigliato di tenere un piccolo discorso, una sorta di conferenza stampa per tranquillizzare tutti, dicendo loro che non c'era nulla di cui preoccuparsi e che per quanto fosse strano da digerire che il nuovo proprietario della maggiore azienda automobilistica degli Stati Uniti d'America fosse solo un ragazzo di appena diciannove anni, lui si sarebbe impegnato al fine di svolgere ogni incarico con grande senso del lavoro continuando ciò che aveva compiuto suo padre a testa alta.

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