XII - Segreti rivelati e segreti mancati

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Il cuore
mi parla di te.




La strada difronte a sé era completamente vuota una volta superato il grande cartello che dava il benvenuto a Saint Breath

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La strada difronte a sé era completamente vuota una volta superato il grande cartello che dava il benvenuto a Saint Breath. Poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo nell'essersi lasciato alle spalle le trafficate vie del centro di New York.

Erano appena le sette di sera quando aveva deciso di alzarsi dalla poltrona del suo studio ed andare via dall'azienda. Si era affacciato nell'ufficio accanto al suo ed aveva avvisato il suo assistente di star ritornando a casa. Era salito in macchina, si era lasciato andare sul sedile ed aveva chiuso gli occhi, stringendo le palpebre più forte che potesse.

In quel momento, invece, si trovava finalmente nel vialetto di casa sua, pronto a lasciarsi indietro quell'ennesima giornata di merda. Ormai i giorni sul calendario scorrevano tutti nello stesso modo, non faceva più differenza che fosse lunedì o venerdì.

Non cambiava nulla.

Non accadeva più niente di importante da ricordare. Era un continuo ripetersi di azioni del tutto meccaniche che neanche ricordava di compiere delle volte.

Sarebbe diventato pazzo un giorno, e lo sapeva bene.

Si lasciò alle spalle anche la porta di casa, facendola sbattere noncurante del forte boato che avrebbe provocato.

Si sfilò la pesante giacca da dosso e si sentì immediatamente più leggero.

La lasciò andare sull'attaccapanni all'ingresso, per poi salire al piano superiore, fino al nel suo studio personale. Era accanto a quello di suo padre, non se l'era sentito di prendere il suo posto su quella sedia, dietro quella bellissima scrivania. L'avrebbe lasciata solamente nei suoi ricordi più belli, quando sgattaiolava e fingeva di essere quello che a poco a poco era sicuro che sarebbe diventato.

Si chiuse la porta alle spalle - quella volta con più delicatezza - e si avvicinò con naturalezza alla scrivania accanto alla grande vetrata che dava sul giardino posteriore della villa. Scostò un paio di pesanti libri e manuali di economia, ed afferrò al volo un bicchiere in vetro e la bottiglia di Rum che conservava lì dietro da un paio di settimane a quella parte.

Se ne riempì un bicchiere fino all'orlo e lo buttò giù tutto in un sorso, avendone terribilmente bisogno, quasi come se fosse la sua unica fonte di ossigeno ed aveva un terribile bisogno di aria per respirare.

Fece per riempirsi nuovamente il bicchiere ma il lieve rumore della porta che scricchiolava davanti a lui, lo bloccò immediatamente.

Aveva paura che fosse stato scoperto da sua madre o da suo padre, ma quando alzò il viso lentamente - già pronto ad una lunga ramanzina - ritrovò suo fratello.

Ed allora un terribile acquazzone gli finì violentemente addosso: non poteva essere nessun altro e di certo non potevano essere i suoi genitori, perché non c'erano più, erano morti mesi e mesi prima. Eppure delle volte ancora se ne dimenticava, credeva innocentemente che nell'ufficio accanto al suo ci fosse suo padre a parlare ad alta voce al telefono - come suo solito. Ancora si illudeva che sua madre l'avrebbe svegliato ogni mattina - puntuale più di un orologio svizzero - per impedirgli di fare tardi a scuola.

Ma purtroppo ogni volta che immaginava di rivederli tra le mura di villa Lawrence doveva fare i conti con il fatto che ormai loro vivessero solo nei suoi ricordi.

«Ma quanto cavolo bevi?» ridacchiò Gideon che nel frattempo si era seduto sulla poltrona difronte alla scrivania «Non hai neanche ventuno anni per di più»

Nicholas rise insieme a lui, ma evitò di ricordargli che Aria di anni, invece, ne aveva solo sedici e già beveva rum come se fosse acqua.

Si sedette anche lui, sapendo che se suo fratello fosse lì avesse qualcosa di importante da dirgli.

«Ieri sera sei tornato prima del solito» ritornò a parlare il più grande tra i due dopo qualche secondo di assoluto silenzio, non sapendo bene come affrontare l'importante questione che si teneva solo per sé da un paio di giorni.

Nicholas aggrottò la fronte confuso «Ero stanco»

«Ti ho visto mentre ti fermavi davanti villa Carter» lo guardò dritto negli occhi, come per scorgere cosa gli passasse per la mente in quel momento «E prima che provi a mentire, ho visto anche che dalla tua auto è scesa Beth»

«L'ho incontrata nel bar in cui stavo con i miei amici dell'università, stavo andando via e le ho chiesto se voleva un passaggio, tutto qui» mentì senza darlo a vedere, era bravo in quelle cose lui.

Non accennò minimamente a ciò che in realtà era veramente accaduto la sera precedente, né che Beth fosse quasi ubriaca, né tantomeno che aveva seri problemi con il cibo. Le aveva promesso che non l'avrebbe detto a nessuno, e quel nessuno includeva anche suo fratello.

Gideon annuì subito dopo, essendosi completamente bevuto la bugia e non sospettando per niente tutto quello che c'era sotto un semplice passaggio in auto.

Nicholas si lasciò andare con la schiena lungo la poltrona e si rilassò nel mentre osservava attentamente il fratello difronte a sé. Era strano da un paio di giorni, se n'era accorto fin dal primo momento, ma non gli aveva chiesto come stesse, perché già sapeva che avrebbe semplicemente risposto con "tutto bene".

Lo squadrò da capo a piedi, e studiò ogni sua minima mossa, a partire dalle mani sudate che si passava nervosamente sulle gambe fino al braccio che allungò con una velocità disarmante lungo la bottiglia di rum. Ne bevve un sorso e subito dopo fece una smorfia, non essendo per niente abituato a quel sapore.
E Nicholas non potette far a meno di pensare che se avesse addirittura bevuto del rum - che aveva sempre odiato - la cosa era più grave di quanto credesse.

«Nick...» pronunciò con gli occhi bassi.

«Gideon» lo chiamò a sua volta, per invogliarlo a parlare una volta per tutte.

«Ti devo dire una cosa» si decise finalmente a vuotare il sacco «Monica è incinta»

Il fratello minore si alzò di scatto e solo una volta in piedi realizzò realmente cosa gli avesse appena detto: suo fratello, Gideon Lawrence, sarebbe diventato padre.

Era sicuramente il più propenso dei tre - e non solo perché fosse il maggiore - a mettere su famiglia per primo, ma non immaginava di certo di ricevere una notizia del genere quella sera.

«Congratulazioni» lo abbracciò subito dopo.

Gideon ricambiò immediatamente quell'abbraccio, ma rimase in silenzio nonostante avesse tante cose da dire, nonostante avesse davvero un immenso bisogno di sfogarsi con qualcuno su tutte le paure che aveva sotto pelle al solo pensiero di diventare padre a ventidue anni.

Perché si, era felice, ma non era nei suoi piani.

Grace Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora