Fu emozionante concludere il mio primo corso fuori dall'Italia. Mi sembrava ancora tutto così irreale!
Se pensavo che, fino a un anno prima, arrancavo perché la mia carriera non riusciva a decollare come avrebbe dovuto, e guardavo dove mi trovavo in quel momento, mi sembrava un bel sogno.
Mi chiesi se sarebbe durato. Nel mio settore c'era una concorrenza spietata. Ho cominciato quando le consulenti d'immagine erano poche e considerate un settore di nicchia. Poi, l'esplosione mediatica e la fine della tranquillità. Anche le veterane come me si sono trovate a dover spintonare per emergere, cosa che non mi piaceva affatto.
La fiducia che l'istituto coreano mi aveva dato, mi aveva riempita di orgoglio.
Mi commossi, quando le mie allieve mi regalarono un mazzo di fiori. Ho gli occhi lucidi in tutte le foto di gruppo.
Mi hanno fatta sentire apprezzata e utile. Mi hanno fatta sentire speciale.
Fu un'esperienza che mi diede molto, sia a livello umano che lavorativo.Ero stanca e, in neanche dodici ore, sarei dovuta salire sull'aereo che ci avrebbe riportate in Italia, alla normalità. Mia figlia mi era mancata molto, ma ero riluttante a dire addio al Paese che ci aveva ospitate con così tanto affetto. Lo temevo, il ritorno alla solita routine.
Avevo paura di perdere nuovamente l'entusiasmo per il mio lavoro, di venire sommersa da mille doveri e non avere più tempo per i piaceri.
In quei dieci giorni in Sud Corea, io ed Elsa, avevamo dedicato mezza giornata a coccolarci, a scoprire nuovi cibi e luoghi, e a fare shopping.
Sarebbe stato bello mantenere quei ritmi anche a casa, anche se ero consapevole che era molto improbabile. Avevamo orari molto diversi e saremmo riuscite a vederci solo nei fine settimana, per un'uscita serale.
Fare la mamma single mi assorbiva e, sovente, il mio sabato sera consisteva nel portare Aria nella cittadina vicino al nostro paesello, per permetterle di uscire con le amiche, e andare a riprenderla, due o tre ore dopo.
Eccitante, vero?Tornammo in hotel, dove cominciammo a riempire le nostre valige. Non ci eravamo rese conto del tempo che era passato, quando suonò il telefono della camera.
«Salve, chiamo dalla reception. Sono arrivati i vostri ospiti; li faccio salire?» Elsa alzò lo sguardo su di me, preoccupata.
«Sono già le otto?!» esclamai, incredula. Non ci eravamo ancora neanche fatte la doccia. Eravamo in uno stato pietoso.
Mi riassettai i capelli e mi passai velocemente un po' di struccante sotto gli occhi, dove il trucco della giornata si era sciolto, regalandomi uno sguardo da vecchio panda.Bussarono alla porta.
«Arriviamo!» gridai, mentre mi osservavo il viso allo specchio. Avrei dovuto controllarmi meglio.
Elsa mi guardò allarmata, sussurrandomi: «Non hai il reggiseno!»
Guardai verso il basso. Il reggiseno era la prima cosa che mi toglievo quando rientravo da qualunque posto. Odiavo tenere le gemelle strette in quelle armature.
«Dai, la maglia è nera, quanto meno, non si vede niente. Spero di non scandalizzarli» ridacchiai, mentre aprivo la porta.«Ehilà! Benvenuti!» li accolsi. Nam-joon e Ho-seok entrarono nella nostra camera, guardandosi attorno un po' impacciati.
«Scusate il disordine ma, come potrete immaginare, stiamo sistemando le ultime cose prima della partenza» spiegò Elsa.
«Tranquille...» Sembravano pensierosi.
«Che ne dite? Ordiniamo una bottiglia di buon vino e andiamo a bercelo sulla terrazza? A quest'ora sono tutti a cena, non ci sarà nessuno» proposi.
Qualche minuto dopo eravamo qualche piano sopra, intenti a stappare la bottiglia di Pinot italiano che avevamo ordinato.
«Questo vino è squisito» commentò Ho-seok, facendo l'intenditore.
«In Italia, tutto è buono. Fra l'altro, viviamo poco lontano dalla Franciacorta, dove si produce lo spumante migliore al mondo» raccontai mentre sorseggiavo dal mio calice.
Era una serata calda e umida. Non amavo l'estate, ma la vista mi ripagava del sudore.
«Forse era il caso di ordinare anche qualcosa da mangiare. Temo una sbronza colossale» osservai. Avevo mangiato parecchio nel pomeriggio, ma eravamo praticamente a stomaco vuoto, ormai.
«Siete pronte a sorbirvi dodici ore di volo?» ci chiese Nam-joon.
«Per niente. Odio volare così a lungo.»
«Volare con Chiara è un incubo. Continua a parlare, a commentare quello che vede dal finestrino e a chiedere che ora è» rise Elsa.
«Noi siamo così abituati a prendere aerei su aerei, che ormai è come attraversare la strada» si lasciò sfuggire Ho-seok, subendo lo sguardo di rimprovero dell'amico.
«Ah, sì? Viaggiate spesso? Per lavoro o per piacere?» azzardai, fingendo di non sapere.
«Soprattutto per lavoro ma, a volte, anche per piacere.»
«Allora vi aspettiamo in Italia!» esclamai con gioia, ancora non sapendo quanto, questa frase, avrebbe cambiato il mio destino.
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7 in più sotto il tetto
FanfictionAccetteresti di ospitare a casa tua un'intera boy-band? È l'offerta che viene fatta a Chiara, un'italiana che, poche settimane prima, si trovava in Corea per lavoro e ha passato alcune serate spensierate in compagnia della sua amica Elsa e di due mi...