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I viaggiatori erano partiti all'alba e io, volente o nolente, mi ero svegliata con loro.

«Mi spiace troppo che tu debba rimanere qui» mi bisbigliò Hobi, mentre metteva il suo borsone in auto. Avrebbero viaggiato tutti in treno, ma la stazione era a trenta chilometri da casa nostra.
«Non fa niente.» Scrollai le spalle. «Non sarò da sola» feci riferimento a Tae e Yoongi, che erano ancora a letto. «Vorrà dire che comincerò a fare le prove per quando la casa tornerà a essere vuota.»
Hobi fece un versolino buffo. «Non dire così, mi mette tristezza.»
«Sapessi a me! Divertitevi a Venezia.»
«Ti manderò un sacco di foto!»
Salutai l'auto carica e sperai che nessuno li riconoscesse, in quelle grandi città meta di turisti, anche coreani.

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«Ricorda che, all'uscita, ci sarà tuo padre a prenderti» rammentai ad Aria, pronta per andare a scuola.
«Lo so» sbuffò. «Non ho neanche voglia di andare, preferivo stare qua.»
«Non posso farci niente, Aria.» Le feci una carezza sulla testa, che scansò con stizza.
Sospirai. A volte mi trattava come se fossi il peggiore dei suoi mali. Sapevo che era dovuto all'età, ma non era comunque piacevole.

«Aria, non fare così. Domani pomeriggio, quando tornerai, ti preparerò la cioccolata calda e ci facciamo una partita con la Wii, okay?» intervenne Tae in modalità Principe Azzurro delle fiabe.
La ragazzina annuì, ritrovando il sorriso, e uscì per prendere lo scuolabus.
«Grazie» dissi, riconoscente, a Tae.

La mattinata passò veloce; avevo avuto una consulenza tosta e mi ero concentrata così tanto che le ore erano volate.
Era strano stare seduti solo in tre, intorno al tavolo.
«Mamma mia, come siamo lontani!» Tae allungò le braccia, per misurare la distanza fra noi, seduti attorno alla nostra personale tavola rotonda.
«Non è poi così male. Non devo prendere gomitate da nessuno» osservò Yoongi.
«In tutta onestà, mi sono così abituata a voi che, mangiare senza gente che mi urta, mi mette quasi a disagio» commentai.

Stavamo ancora mangiando quando Yoongi, dopo diversi minuti di silenzio, se ne uscì con un: «Chiara, ti va di uscire con me stasera?»
Lo guardai con gli occhi spalancati mentre Tae si fermò con le bacchette a mezz'aria, lanciando occhiate a destra e sinistra.
«Sì,» aggiunse, «pensavo di portarti fuori a cena.»
Taehyung cominciò a tossire; gli era andato qualcosa di traverso, o forse gli veniva da ridere. Di certo, non disse nulla. Aveva sul viso un'espressione divertita.
«A cena? Io, beh, beh...» Mi aveva colta alla sprovvista. Cos'era quell'invito? Un appuntamento? «Tae... C'è Ta-Tae, e lui? Lo vuoi lasciare a casa?»

«Oh, no, no» rispose il cantante, continuando a mangiare placido. «Io stasera devo uscire.»
«Ah.» Bene. Sarei comunque rimasta sola con Suga.
«Sì, esco con una ragazza.» Sollevò e abbassò le sopracciglia in modo malizioso.
«Mi aveva accennato qualcosa Jin. Quando pensavi di dirmelo?» Gli puntai la forchetta.
«Tipo... adesso?» Fece un sorriso strambo dei suoi.
«Ecco, ti pareva. Stai attento, ti raccomando. Ora dimmi: come si chiama, quanti anni ha, com'è, è affidabile?» Era il primo di loro a uscire con una ragazza che non fosse della nostra ristretta cerchia. Lo avesse scoperto Aria sarebbe stato uno shock.
«Jessica, ventiquattro anni, altezza media, capelli castani lunghi, bel viso, bel culo. Fa la maestra alla scuola d'infanzia e, non preoccuparti, so come proteggermi, mamma.»
Alzai gli occhi al cielo. La faccenda mi metteva ansia. «Ti prego, non dire niente ad Aria. Neanche tu» dissi rivolta a Yoongi. «Penso ti sia chiaro che ha una cotta per te e, se dovesse sapere che sei uscito con una ragazza, ne soffrirebbe.»
«Tranquilla. Non farei mai del male ad Aria; le voglio troppo bene.» Mi diede una pacca sulla spalla e si alzò per prendere una nuova bottiglia d'acqua.

«Non mi hai risposto. Esci con me?» chiese, di nuovo, Suga.
«Tu non sei quello che ama stare a casa, sul divano, a dormire?»
«Sì, ma per stasera farei un'eccezione.» Si appoggiò allo schienale della sedia, con la sua faccia da bad boy.
«Tipo?» Volevo almeno sentire cos'avesse in mente.
«Mi piacerebbe andare a Cremona. È così vicina ma non ci sono ancora stato. Ho letto del Duomo e di quella torre...»
«Il Torrazzo, sì, è splendido» confermai.
«È la patria di Stradivari: impensabile non visitarla, per un musicista» aggiunse.
«Quindi il tuo programma sarebbe di andare in centro città?»
«Sì. Ceniamo in un buon ristorante e poi facciamo un giro. Niente di impegnativo.»
«Suona tanto come un appuntamento» osservai.

7 in più sotto il tettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora