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Taehyung fece una diretta con gli Army il pomeriggio del 29, quando in Corea la mezzanotte era in procinto di scattare.
Aveva cambiato stanza, decidendo di trasmettere dalla camera che condivideva con Yoongi.
La fan base era impazzita.
"Dove ti trovi? Sei in un hotel?" gli scrissero.
Tae era stato vago e aveva detto che, in pochi giorni, ci sarebbero state alcune novità e il mistero sarebbe stato svelato. Sul web si dipanarono le teorie più variopinte: che si era sposato segretamente con Jungkook e quella era loro casa, oppure che erano negli Stati Uniti a registrare un film con Zendaya.

Noi, invece, festeggiamo il giorno successivo, con un bel pranzo e un'altra torta, che Jin aveva preparato con l'aiuto di Yoongi.
Il suo regalo? Un paio di calzini di Gucci, il suo marchio preferito. Non erano rimasti molti soldi, ormai, ma il ragazzo apprezzò.
«Tutto pronto per domani?»
Avevamo affittato la palestra per la nostra festa di Capodanno, ma anche per festeggiare i quasi quattro mesi passati insieme, ormai giunti alla fine.
Era una festa privata, ma avevamo deciso di invitare anche alcune delle persone che, in quel periodo, ci erano state vicine, come i miei genitori, la mia amica Marta, Giovanni il giardiniere, la proprietaria del ristorante dove Hobi ha prestato servizio, le allieve del corso di danza, e così via.
«Quindi possiamo invitare chi vogliamo?» chiese il festeggiato.
«Sì, certo. Ricordate, comunque, di far firmare il contratto di riservatezza. Almeno fino al quindici gennaio non deve uscire niente ma, soprattutto, qualora vedessero qualcosa di "sconveniente", saremo tutti protetti» ricordai.

In quei mesi, ero sempre rimasta in contatto con il managment e gli addetti ai lavori, soprattutto col signor Choi, il mio referente fin dall'inizio. Oserei dire che eravamo quasi diventati amici. Era un tipo dotato di un gran senso dell'umorismo e, il nostro battibeccare, era diventato ormai il nostro modo di dire che ci stavamo simpatici.
Non gli avevo detto di Yoongi; s quello ci avrebbe pensato lui, così come Namjoon avrebbe spiegato la questione Elsa.

A proposito di quei due, la mia amica sembrava tranquilla al riguardo. Mancavano cinque giorni alla loro partenza e non sembrava preoccupata. Come ci riusciva? Io mi sentivo malissimo, non solo per Yoongi, ma perché non avrei più avuto nessuno di loro in giro per casa. Mi sarebbero mancati da morire. Lei stava per concludere un'intensa relazione di tre mesi e pareva accettarlo con serenità.
Era venuta ad aiutarmi con gli addobbi in palestra e ne approfittai per parlarle un po'.

«Come fai, Elsa?»
«A fare cosa?» mi rispose, attaccando della carta a una delle vetrate, così da poter festeggiare lontano da sguardi curiosi.
«A essere così tranquilla. Namjoon sta per partire... Chissà se e quando lo rivedrai.» E chissà quando io avrei rivisto Yoongi.
«Lo sapevamo fin dall'inizio,» scrollò le spalle, «non posso fare altro, se non accettarlo.»
«Tu lo ami?» chiesi, quasi temendo la risposta.
Sospirò. «È troppo complicato, Chiaretta. In tutta sincerità, non me la sento di portare avanti una storia a distanza, piena di complicazioni. Ho già avuto abbastanza problemi con gli uomini. Nam è stupendo e, se solo vivessimo vicini, forse... ma così no, non ce la faccio.» Scosse la testa con vigore.
Abbassai lo sguardo, preoccupata.
«Oh, scusa, Chiara. Non volevo dire che fra te e Yoongi andrà male, solo che io non ce la farei.»
Feci un cenno con la mano. «Tranquilla; la cosa terrorizza anche me. L'ultima storia a distanza che ho avuto risale a quando avevo diciotto anni e, a separarci, erano 80 chilometri, non ottomila.»
«Non ti invidio, lo ammetto.»
«Ahia!» Lanciai la forbice con cui mi ero appena abrasa la pelle della mano. Mi sentivo così nervosa... e impotente. Quella chiacchierata con Elsa non aveva fatto altro che aumentare la mia frustrazione.
«Dai, pensiamo a rendere questo posto il più carino possibile. Stasera divertiamoci senza farci paranoie, cogliamo ogni cosa bella. Al resto penseremo poi!» cercò di incoraggiarmi lei.

«Mamma? Questi dove li metto?» mi chiese Aria, sommersa da confezioni di tovaglioli di carta.
Avevamo allestito tre tavolate, che potevano ospitare circa quaranta persone, più un altro tavolo dove avremmo riposto cibi e bevande.
La palestra faceva parte del piccolo complesso sportivo del paese. C'erano anche due campi sportivi e un'area che veniva utilizzata per le feste estive, con tanto di cucina. Non era stato facile, ma ero riuscita a corrompere Gigio, che lavorava anche come impiegato comunale, oltre che come autista del pulmino scolastico, e a ottenere l'utilizzo della cucina. In questo modo avremmo avuto pietanze calde.
Tortellini artigianali e, ovviamente, cotechino con lenticchie. Non sarebbero mancati antipasti, contorni, frutta secca, torrone, panettone e pandoro.
Come si può immagine, tutto innaffiato da buon vino della Franciacorta.

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