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Attenzione! Questo capitolo contiene scene di sesso piuttosto esplicite!


Vedere Yoongi creare musica mi aveva affascinata, così cominciai a osservarlo mentre lavorava. A lui piaceva spiegare il suo processo creativo: il perché sceglieva un determinato suono e non un altro, come adattava i suoi appunti, trasformandoli in strofe perfette, e come utilizzare i software.
Sono una persona ama imparare cose nuove, anche se non particolarmente studiosa. Vedere come nasceva una canzone mi intrigava. Io ero vecchia scuola: chitarra, voce, si fa sentire al resto della band e ci si lavora. Chitarra, basso, batteria, voce.
Quello, invece, era un mondo tutto nuovo per me.

«Prova a sentire,» mi mise le cuffie sulle orecchie, «dimmi cosa ne pensi.»
Dopo un paio di minuti le sfilai ed emisi il mio verdetto: «Niente male. È bella tosta. Io, però, partirei secca. Toglierei quell'introduzione così lunga e andrei subito con quel fill di batteria e il resto. Secondo me, in questo modo, chi la ascolterà resterà spiazzato perché comincerà subito col botto.»
Yoongi mi guardò col mento corrugato. «Proviamo! Tipo così?» Smanettò con il trackpad, cancellò alcune parti della traccia e la fece ripartire.
«Sì,» annuii, «così mi piace di più!» Gli ripassai le cuffie e ascoltò il brano, modificato come avevo consigliato.
«Sai che hai ragione? Ha un impatto maggiore. Grazie!» Mi diede il cinque. «Te lo ripeto: dovresti ricominciare a fare qualcosa, anche solo come passatempo.»
Sbuffai, abbracciando un cuscino. «Non ne avrei il tempo.»
«Troviamo il tempo noi, che corriamo da un evento all'altro e non riusciamo a trovarlo quasi neanche per mangiare e dormire...»
«Voi siete voi. Io sono io.»
Rimase a fissare lo schermo per qualche secondo.
«Certo che sei dura, eh.»

Nel frattempo, Jungkook si esibiva di fronte a noi, dando sfoggio della sua forma fisica, allenandosi alla panca con una canottiera che, bagnata di sudore, non lasciava niente all'immaginazione.
Era una gran bella visione, non c'è che dire.
«Chiara, muovi il culo e vieni a fare un po' di movimento» mi invitò.
«Scherzi? Sto così bene qua sul divano! E poi sto aiutando Yoongi a comporre la prossima hit!» Strinsi il cuscino ancora più forte. Odiavo faticare.
«Gara di squat?» Mi sorrise coi suoi dentoni da coniglietto.
Lo guardai storto.
«Scommetto che non riesci nemmeno ad arrivare a venti piegamenti...» mi sfidò.
«Ah, sì? È questo che credi?» Mi alzai subito dal divano, lanciando il cuscino.
Kookie mi guardò divertito. Aveva scoperto quanto fossi competitiva e sapeva che mi avrebbe convinta.
Ci mettemmo l'uno di fronte all'altra.
«Almeno venti, ma senza fretta; devono essere fatti bene» mi redarguì il maknae.
«Ci arrivo a venti, signorino.»
«Il fatto che frequenti il corso di danza non vuol dire niente, sai?» Mi provocava apposta, per stuzzicarmi.
«Da che ballo con voi, se i miei possono chiamarsi passi di danza, il mio culo si è sollevato di almeno due dita, bello mio» replicai con aria competitiva.

«Yoongi?» lo chiamò Kookie.
«Eh?»
«L'hai già vista ballare?» Mi indicò.
Fece di no con la testa.
«Dovresti. Vieni, mercoledì.» Fece una risatina beffarda.
«Hai finito di prendermi in giro? La vuoi fare questa sfida o hai cambiato idea perché sai che vincerò?» Incrociai le braccia.
«Affatto. Cominciamo. Uno...»
Mi piegai sulle ginocchia seguendo il suo ritmo. Mi sembrò una sciocchezza, ma dopo dieci squat cominciavo a sentire dolere le cosce. "Devo resistere," pensai, "non gliela darò vinta."

Eravamo arrivati al diciottesimo piegamento, ce la stavo facendo, quando Jungkook crollò a terra, in preda alle risate.
«Ma cosa? Che hai?»
Si spanciava, sdraiato a terra, tenendosi il ventre con le mani.
«Ahahahahah! Suga, ahahahah!» indicò l'amico con un dito, continuando a sbellicarsi.
Mi voltai verso il rapper, che ci guardava confuso.
«Hai perso! Hai perso!» gridai, facendo altri due squat e arrivando a venti. «Ho vinto io!»
Cominciai a fare una sorta di danza del vincitore, che consisteva in una serie di movimenti a caso coi fianchi e le spalle. «Hai visto? Che ti dicevo?»
Quello era ancora a terra. «Yoongi... Ah, santo cielo! Mi hai ucciso.»
Il rapper taceva, non capendo a cosa si riferisse l'amico.
Il cantante si sedette sulla panca, facendo finta di avere un laptop sulle ginocchia e continuando a spostare lo sguardo dall'ipotetico schermo a un punto più in là.
«Ahahah, è stato così. Per tutto il tempo. Ogni volta che contavo, alzava gli occhi. Ti guardava il culo, poi tornava a lavorare... in loop! Ahahaha!»
Mi misi, istintivamente, una mano sul sedere, controllando che i miei leggings non avessero buchi, poi guardai il rapper, che si limitò a fare spallucce e a continuare il suo lavoro.
«Comunque, ho vinto» ribadii al maknae, sedendomi sulla panca con lui.
«Va bene. Per stavolta te lo concedo.»
«Poi com'è finita col collega molesto?»
«Chi? Il coglione testa di cazzo? Ora io lo chiamo pelle di scroto. Mi lascia stare» affermò, con una certa soddisfazione.
«Bravo, mi rendi orgogliosa di te» gli dissi, ponendogli una mano sulla spalla.

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