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Il Duomo era piuttosto vicino e camminammo solo per pochi minuti, prima di giungere nell'ampia piazza.

«Wow» disse, liberando una nuvoletta di vapore nell'aria invernale.
«Già» confermai.
Ci perdemmo di fronte all'immensità dell'edificio, eretto per la prima volta nel XII secolo, e poi rimaneggiato varie volte nei periodi successivi.
La grande facciata chiara, dall'enorme rosone centrale, era illuminata da vari faretti, che non lasciavano in secondo piano alcun angolo della costruzione anzi, ne metteva in risalto ogni particolare, dalla loggetta a tre arcate, che ospita le statue di tre santi, alle guglie di ispirazione nordica.

«È veramente bellissimo. Quella torre, poi, è immensa» disse, indicando il Torrazzo.
«Sì, è alto più di cento metri, ora non ricordo la misura esatta. È fra le torri di questo tipo più alte d'Europa» spiegai.

Oltre alle luci che illuminavano la facciata, gli altri edifici erano costellati da decorazioni natalizie, visto che ormai mancavano poche settimane alla festività, che rendevano l'atmosfera ancora più calda e accogliente, nonostante facesse molto freddo.
Proprio per questo, non c'era molta gente in giro e la cosa non mi dispiaceva.

«Sull'orologio ci sono i segni zodiacali» notò.
«Proprio così. È uno degli orologi astronomici più grandi al mondo. È più grande di quello del Big Ben di Londra, per esempio. Pensa che segna anche le fasi lunari, solstizi ed equinozi... addirittura le eclissi.»

«Caspita!» Tirò fuori lo smartphone e cominciò a scattare foto agli edifici. «Quello cos'è?» mi chiese, indicando un edificio dalla pianta ottagonale, alla nostra destra.
«Quello è il battistero. Scusa non so come si dica in inglese; è dove facevano i battesimi» spiegai.
«Si possono visitare?»
«Sì, certo, ma non credo che ora siano aperti.»

Si avviò di gran carriera verso il portone del duomo. «Accidenti, chiudeva alle 19.»
«Te l'ho detto.»
«A saperlo venivamo prima... Beh, possiamo sempre tornarci, domani.» Si soffiò sulle mani per scaldarle.
«Domani tornano gli altri» dissi.
«Domani mattina. È aperto fino alle 12:30. Loro torneranno a metà pomeriggio. Che ne dici? Vorrei visitare anche l'interno. Sul Torrazzo si può salire?» Sembrava entusiasta.
«Sì, però per visitare il Torrazzo e il Battistero si paga. Infatti non ci sono mai andata» ridacchiai.

«Dai, domani mattina ci torniamo, okay? Con calma, quando ci svegliamo, tanto in mezz'ora scarsa siamo qua» mi rassicurò. «Mettiti vicino a quel leone di pietra, che ti faccio una foto» mi invitò.
«Vuoi farmi una foto?» Un po' perplessa mi avvicinai alla scultura che ornava il portico d'entrata al duomo.
«Sorridi, uno, due, tre...» Guardò la foto sullo schermo e fece una risatina. «Stai lì; la rifaccio. Avevi gli occhi chiusi. Uno, due, tre...» Controllò nuovamente il risultato e sorrise. «Questa è venuta bene.»

Camminò verso di me e si mise dall'altro lato della scultura. «Facciamo dei selfie col leone.» Allungò il braccio, cercando di inquadrare entrambi. «Facciamo due passi più avanti o non ci stiamo» suggerì.
Nei primi scatti eravamo sorridenti poi, complice una foto in cui lui era venuto con un occhio aperto e uno chiuso, e una faccia strana, cominciammo a fare le espressioni più ridicole che ci vennero in mente.
«Oddio, oddio, guarda questa!» ingrandì la foto sulla mia faccia, spanciandosi dalle risate.
«Ahahah! Sembro un lumacotto... non so come si dica in inglese. Sai quelle lumache senza guscio, un po' cicciotte?»
Mi guardò un po' perplesso. «Ma non hanno una faccia... come fai dire che gli somigli?»
«Se avessero una faccia, sarebbe quella» dissi convinta, provocando un'altra risata.
«Sei tutta matta. Aspetta, voglio una nostra foto dove si veda anche il duomo.» Si alzò, dirigendosi verso una coppia di mezza età.

«Scusate, potreste farci una foto, per favore?» Indicò il telefono, poi me e il duomo. «Foto» ripeté alla coppia, che non parlava inglese.
«Ah, sì, certo» rispose l'uomo, prendendo il telefonino.
Suga tornò da me sorridente e mi cinse il fianco con un braccio, quasi abbracciandomi. Quel contatto mi fece sussultare.
«Pronti, uno, due, tre... cheese!» contò il signore, dal vocione baritonale. «Ve ne faccio un'altra, per sicurezza, state lì» indicò con una mano. «Uno, due, tre, fatto!»
Fece due passi verso di noi e Yoongi corse a prendere il telefono. «Grazie!»
«Prego, buona serata.» Ci fecero un cenno e si allontanarono.

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