2. Proposte

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Quella sera Michelangelo si buttò a peso morto sul suo letto.

Era stata una giornata molto impegnativa, ma come tutti i lunedì d'altronde.

Quella mattina aveva avuto un'interrogazione di storia, il motivo per cui aveva passato il giorno prima a studiare e a cercare di vincere la sua solita depressione domenicale.

Durante gli anni del liceo si era sempre impegnato al massimo nello studio, sacrificando qualsiasi cosa pur di ottenere dei bei voti. Si continuava a ripetere che solo così avrebbe avuto grandi soddisfazioni in futuro, sia nel mondo universitario che in quello lavorativo.

Non poteva permettersi di rimanere indietro, non poteva permettersi di fallire. La sua ambizione era sempre stata al primo posto e lo studio e la fatica erano il suo pane quotidiano, ciò che dava un senso alla sua vita.

Michelangelo non amava realmente studiare, ma amava impegnarsi al massimo e dare il meglio di sé quando doveva. E a diciotto anni il suo unico dovere era quello di apprendere il più possibile.

Quel pomeriggio, poi, dopo il sorprendente incontro in pizzeria, aveva frequentato la lezione di inglese e infine era tornato a casa, stanco morto.

Tempo pochi minuti e si era messo a litigare con suo fratello Andrea, un dodicenne a suo dire viziato e intrattabile. Erano quasi arrivati alle mani soltanto per decidere chi dovesse passare l'aspirapolvere.

Con suo fratello non era mai andato d'amore e d'accordo, eppure litigare furiosamente per motivi tanto sciocchi era una cosa infantile, Michelangelo se ne rendeva conto.

Si ripeteva in continuazione che non doveva abbassarsi al livello di uno di seconda media, ma falliva spesso nel suo proposito.

Il giorno dopo avrebbero fatto pace, ma di certo non quella sera. Michelangelo avrebbe detestato rivedere la sua faccia.

All'improvviso il ragazzo tirò fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans il biglietto stropicciato che gli aveva dato Ginevra. Lo rilesse più volte e rifletté su che cosa potesse significare.

Non c'era scritta un'ora per il presunto appuntamento, perciò anche se avesse voluto, non ci sarebbe potuto andare. 

Quel biglietto lo confondeva. Non riusciva a comprendere perché quella ragazza gli avesse scritto che si sarebbero incontrati il giorno seguente, per di più in una zona periferica della città, se non si erano messi d'accordo.

Pensò di raccontare tutto a Zeno e di chiedergli una spiegazione. Così afferrò il cellulare, aprì Whatsapp e cercò il nome del suo vecchio compagno di classe tra i numerosi contatti.

Quindi entrò nella chat, che era vuota, non essendosi i due né visti né sentiti per tutti quegli anni. Dalla fine delle medie non aveva più avuto sue notizie e si era quasi dimenticato della sua esistenza.

Per questo era logico che gli facesse una strana sensazione ripensare a quella persona a distanza di così tanto tempo.

Non che gli fosse mancato. Non che avesse intenzione di rivederlo. Semplicemente, voleva capire quale fosse il motivo dietro al messaggio lasciatogli da quella ragazza, Ginevra, su un piccolissimo pezzetto di carta.

Michelangelo fu sul punto di scrivergli, ma poi ci rinunciò. Lo agitava troppo il pensiero di cosa avrebbe pensato Zeno e non voleva essere giudicato da lui.

Spense la luce, ma non si addormentò subito, bensì continuò a pensare alla sua giornata.

Nel buio gli apparvero, come in una visione, gli occhi malinconici di Ginevra.

Era stato uno sguardo molto triste e allo stesso tempo estremamente saggio quello che la corvina gli aveva regalato per la maggior parte della durata del pranzo in pizzeria.

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