43. Prima della tempesta

32 5 7
                                    

Quella sera l'ultima cosa che Michelangelo si sarebbe aspettato era di ricevere una chiamata dalla madre di Ginevra. Non appena il suo cellulare squillò, rispose, sebbene si trattasse di un numero sconosciuto.

"Pronto?".

"Michelangelo?".

"Sì, chi parla?" domandò lui, aggrottando le sopracciglia.

"Sono la mamma di Ginevra. Se ti chiedi come faccio ad avere il tuo numero... Beh, l'avevo chiesto a mia figlia qualche giorno fa, sai, per le evenienze".

Michelangelo aspettò che continuasse; intanto si chiedeva quale potesse essere il motivo di quella chiamata. Sperava che non fosse successo niente di grave, ma il tono di voce della donna non lo rassicurava affatto.

"Senti, dimmi la verità, per piacere. Ginevra è lì con te?".

"No. Siamo stati insieme prima, alla fine della sua lezione di danza, ma solo per una ventina di minuti. Perché?".

"Non sappiamo dov'è e non risponde al cellulare. Adesso mio marito è uscito e la sta cercando in un paio di posti dove potrebbe essersi cacciata, ma se non la trova chiamiamo la polizia".

"Che cosa?!" urlò Michelangelo alzandosi in piedi di scatto. Sentiva la preoccupazione tramutarsi in ansia. Si mise a camminare su e giù per la stanza mentre teneva il telefono attaccato all'orecchio. "Quando l'ho salutata mi ha detto che andava a casa. Non è tornata?".

"No" disse la donna, per poi tirare su con il naso.

"Spero che stia bene" disse Michelangelo. Non riusciva a sopportare il pensiero che le potesse essere accaduto qualcosa.

"Non dirlo a me. È successo anche in passato che non si facesse viva per ore, ma alla fine la trovavamo sempre in uno dei suoi posti speciali".

A quelle parole a Michelangelo passò per la testa un luogo dove poteva trovarsi e tale illuminazione gli strappò un sorriso.

"Ha provato al manicomio abbandonato?".

"Il manicomio abbandonato?".

"Sì, è un posto dove mi ha portato Ginevra non molto tempo fa. Non ve ne ha mai parlato?".

"No, affatto".

"Se vuole mi metto a cercare io lì, intanto che suo marito prova da qualche altra parte. Non posso restare con le mani in mano!". 

"Grazie, Michelangelo. Sarebbe davvero carino da parte tua".

Dopo essersi salutati ed essersi promessi che si sarebbero tenuti aggiornati, il castano riattaccò con il cuore in gola. Si fiondò nello studio di suo padre, che stava cercando annunci di lavoro in Internet, e gli spiegò qual era la situazione. Fortunatamente l'uomo sembrò capire la gravità della faccenda e gli diede il permesso di uscire.

Fu così che nemmeno mezz'ora dopo Michelangelo si ritrovò a percorrere le strade buie e deserte del quartiere dove il giorno prima era stato insieme a Tommaso e Federico. L'atmosfera, però, era completamente diversa da allora.

Il ragazzo non sapeva se fosse più veloce il ritmo dei suoi passi o del suo cuore.

Dato che la luce proveniente dai lampioni era troppo fioca, aveva perfino acceso la torcia del suo cellulare.

Entrare nel manicomio abbandonato fu per lui un grande atto di coraggio. Aveva paura che qualcuno potesse assalirlo, aveva paura di non trovare Ginevra o perfino di vederla ferita. La chiamò a gran voce, senza preoccuparsi di rischiare di disturbare qualcuno, anche perché in quella zona c'erano perlopiù edifici abbandonati. 

Non ottenne nessuna risposta. Con l'ansia e la preoccupazione che continuavano ad attanagliargli le viscere, Michelangelo fu sul punto di tornare indietro e telefonare alla madre di Ginevra per comunicarle che non l'aveva trovata, quando un pezzo di carta attirò la sua attenzione.

Vi puntò la torcia del cellulare e aggrottò la fronte notando quanto quella carta non fosse ricoperta di polvere e sporcizia come tutto il resto di quell'edificio fatiscente: era di un bianco ottico. Per questo si chinò e lo raccolse, mentre una tenue fiammella di speranza iniziava a scaldargli il cuore.

Lo girò e due semplice parole scritte a penna gli provocarono un tuffo al cuore.

Per Michelangelo diceva la lettera, perché era di una lettera che si trattava.

Proprio in quel momento il suo cellulare squillò e gli fece prendere un grande spavento, soprattutto perché il volume era davvero alto, considerando il fatto che quel posto fosse immerso in un silenzio tombale.

Era la mamma di Ginevra; Michelangelo lo capì perché aveva salvato il suo contatto prima di uscire.

"Pronto?" rispose con voce tremante, mentre non smetteva di osservare la lettera che nessuno, a parte Ginevra, poteva avergli scritto.

"Michelangelo? Abbiamo trovato Ginevra!".

Un sospiro di sollievo fuoriuscì dalla bocca del ragazzo, che subito tempestò di domande la donna, ancora scossa dalle vicende di quella serata.

"Sta bene. Pensa che era accanto alle mura!".

Ovvio, le mura! Anche quello era uno dei posti preferiti di Ginevra. Michelangelo si diede dello scemo per non essersene ricordato anche lui.

"Però, ecco... è un tantino ubriaca" aggiunse lei. Si capiva che era imbarazzata per il comportamento tenuto da sua figlia.

"Ubriaca?" ripeté Michelangelo, sebbene non troppo stupito. Le bottiglie di bevande alcoliche che aveva intravisto nell'armadio nella stanza della corvina parlavano forte e chiaro.

"Sì, ma perlomeno è viva e sta bene. Tu non preoccuparti, Michelangelo, e pensa di tornare a casa sano e salvo. Ma sei ancora nell'edificio abbandonato? Non dovevo lasciarti andare lì da solo!" esclamò la donna, rendendosi conto di ciò che aveva combinato in un momento di poca lucidità, a causa della paura.

"Non si preoccupi. Torno subito a casa" la rassicurò Michelangelo, uscendo in fretta e assai volentieri da quel posto immerso nel buio e nel silenzio.

Stringeva a sé la lettera che Ginevra aveva lasciato per terra e si chiedeva quando lei l'avesse messa lì e, soprattutto, perché.

Cosa voleva dirgli? E perché non poteva dargliela in mano? Le stranezze di quella ragazza non finivano mai di sorprenderlo. In un altro momento forse gli avrebbero fatto alzare un sopracciglio, ma quella sera il sollievo di saperla sana e salva, seppure ubriaca, lo portava ad amarle alla follia.

Si precipitò a casa, smanioso di sapere che cosa ci fosse scritto. Appena fu in camera sua, dopo aver detto ai suoi genitori che Ginevra era stata trovata e che stava bene, ma senza accennare alla sua ubriacatura, si sedette a gambe incrociate sul letto e aprì la lettera tagliandone lentamente il bordo superiore con un coltello.

Quindi estrasse il foglio di carta, su cui la ragazza aveva scritto a mano un fiume di parole.

Senza sapere se essere più eccitato o più impaurito, Michelangelo si mise a leggere.

Angolo autrice:

Mancano soltanto 5 capitoli alla fine :(

ForeverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora